Al Viminale passa la linea dura Già partiti pullman per il Nord

by redazione | 9 Giugno 2015 9:26

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ROMA La linea dura è passata. Mentre i governatori del Nord protestano e annunciano rivolte, dal Sud partono i pullman carichi di migranti. Vanno in Lombardia, Veneto, Liguria, Valle d’Aosta. Arrivano lì dove il governo ha deciso di far rispettare le quote fissate con la circolare del 1° giugno scorso per garantire un’equa distribuzione. Gli stranieri vengono portati nelle strutture indicate dai prefetti al termine della riunione convocata al Viminale. «In questa materia non accettiamo alcun tipo di sfida», ribadisce il ministro Angelino Alfano. E poco dopo dispone la divisione per Regione. Il clima è teso, i colloqui con il commissario all’immigrazione dell’Unione Europea Dimitris Avramopoulos cementano l’intesa, ma i successivi confronti con la delegazione tecnica francese marcano la distanza, un accordo appare sempre più complicato da raggiungere. E dunque bisogna attrezzarsi per affrontare un’estate che si preannuncia difficilissima, con sbarchi continui e il rischio di nuove tragedie del mare.
Lombardia e Veneto
La scelta del Viminale era di non interferire in alcun modo nella campagna elettorale per le Amministrative, tantomeno di alimentare lo scontro in quelle aree dove si votava per il rinnovo dei governatori. Per questo si è stabilito di inviare la direttiva per la sistemazione di 8.406 profughi giunti sulle coste italiane nell’ultima settimana a urne chiuse e spoglio terminato. In base a quelle disposizioni la quota per la Lombardia era fissata a 2.116 persone e quella per il Veneto a 1.926. Rispettivamente ieri si è deciso di mandare nella prima 450 migranti e 630 nella seconda.
I pullman sono partiti ieri sera da Reggio Calabria e Vibo Valentia alla volta di Milano. «I centri di accoglienza sono abbastanza pieni, ma siamo sempre pronti a fare la nostra parte in termini di solidarietà», ha chiarito il prefetto Francesco Paolo Tronca. Un segnale inviato al direttore del Dipartimento Immigrazione Mario Morcone e a tutto lo staff che ormai da mesi sta cercando di far quadrare i conti proprio per evitare di gravare troppo su alcune aree e per nulla su altre.
Liguria e Valle D’Aosta
Regioni «ribelli» sono certamente la Liguria che dovrebbe accogliere 599 persone e ne ospiterà 350, e la Valle D’Aosta che a fronte di una quota pari a 141 ne prenderà 100. Questa almeno è la disposizione del Viminale, ma non è affatto scontato che sarà rispettata perché lo statuto speciale prevede che sia il governatore a fare le funzioni del prefetto e finora il muro eretto è apparso invalicabile. Nell’aprile scorso, di fronte a una massa di arrivi che aveva congestionato i centri di accoglienza, la richiesta del ministero prevedeva l’invio di 50 stranieri. La risposta fu lapidaria: «Al massimo prendiamo una persona».
Ben diverso l’atteggiamento degli altri: 400 stranieri vanno in Piemonte, 250 in Toscana, 150 in Campania, 115 in Abruzzo, 92 in Molise, 55 nelle Marche, 50 in Emilia-Romagna e in Basilicata. È soltanto la prima fase, altri viaggi saranno organizzati nei prossimi giorni quando si avrà un quadro completo della situazione e si valuterà la necessità di «sfollare» alcune strutture.
Italia e Francia
Il piano viene aggiornato in base agli arrivi tenendo conto di chi ha fatto lo sforzo maggiore. Non a caso Alfano sottolinea come «la decisione di incentivare i Comuni che mostreranno disponibilità era già stata attuata nei mesi scorsi in Sicilia». Ma anche perché è consapevole che la collaborazione dell’Europa certamente non sarà sufficiente a supportare il nostro Paese nella gestione di un’emergenza che nei prossimi giorni rischia di diventare drammatica.
Alfano ne ha avuto contezza al termine degli incontri con le varie delegazioni internazionali che si sono succedute ieri al Viminale. Molto teso rimane il clima con i francesi che ieri hanno ribadito la propria posizione: i richiedenti asilo devono rimanere chiusi nelle strutture fino al termine della procedura. Una linea che per l’Italia è inaccettabile, soprattutto perché l’iter per il riconoscimento dello status di rifugiato dura almeno tre mesi ed è impossibile trattare queste persone come se fossero in custodia.
Fiorenza Sarzanini
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