Come rinnovare con la Cassa depositi e prestiti

by redazione | 17 Giugno 2015 12:10

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Sem­bra che il Governo voglia affron­tare la que­stione del rin­novo dei ver­tici della Cassa Depo­siti e Pre­stiti (Cdp). In linea di prin­ci­pio potrebbe essere una posi­zione cor­retta, in pra­tica non solo è tutto da vedere, ma le que­stioni pre­li­mi­nari da chia­rire sono fon­da­men­tali. Su que­sto aspetto ha ragione Fran­ce­sco Gia­vazzi quando richiama l’attenzione sul cam­bia­mento ai ver­tici della Cdp, ma non quando si arram­pica sugli spec­chi per dimo­strare la pre­mi­nenza del pri­vato in mate­ria di svi­luppo tec­no­lo­gico, cer­cando di con­fu­tare le dimo­stra­zioni sto­ri­che ricor­date da Mariana Maz­zu­cato (richia­mata ma, guarda caso, senza citarne il nome), che è uno dei punti di mag­giore sof­fe­renza del nostro sistema produttivo.

Non si può dimen­ti­care che le poli­ti­che indu­striali in tutti que­sti ultimi decenni hanno defi­nito e deter­mi­nato la crisi nella crisi dell’Italia, con effetti sociali, com­pe­ti­tivi, occu­pa­zio­nali e ormai anche cul­tu­rali ed etici, la cui nega­ti­vità è sotto gli occhi di tutti. L’attuale governo ha affi­dato agli stessi attori pri­vati la respon­sa­bi­lità dello svi­luppo, ma i limiti e la qua­lità degli inve­sti­menti da parte del nostro sistema indu­striale, la sua crisi com­pe­ti­tiva, richie­dono un cam­bia­mento di 180 gradi della nuova poli­tica eco­no­mica e indu­striale. Affi­dare le risorse della Cdp ai pri­vati signi­fica pren­dere la dire­zione oppo­sta di quello che ser­vi­rebbe al Paese, pre-annunciando un sui­ci­dio sociale. I pre­ce­denti di que­sto governo non sono, per la verità, tali da con­sen­tire delle spe­ranze, anche se i recenti segnali pro­ve­nienti dal paese potreb­bero costrin­gerlo ad una rifles­sione autocritica.

Resta comun­que la neces­sità della sini­stra e dell’opposizione di trat­tare coe­ren­te­mente la que­stione dei ver­tici della Cassa come una occa­sione per lan­ciare una sfida pro­get­tuale, pro­po­nendo non solo valori diversi da quelli espressi dai Gia­vazzi & Co, ma anche una serie di pro­po­ste coe­renti. Nel caso spe­ci­fico della Cdp occorre indi­care una linea d’investimenti gio­cata su due fronti: il primo per acce­le­rare al mas­simo gli aspetti occu­pa­zio­nali (infra­strut­ture, scuole, manu­ten­zione del ter­ri­to­rio, ecc); il secondo, cer­ta­mente più com­plesso e con effetti eco­no­mici meno imme­diati, ma strut­tu­ral­mente essen­ziale, orien­tato a modi­fi­care il nostro sistema pro­dut­tivo pie­gato su una com­pe­ti­ti­vità di costi, per pas­sare ad una com­pe­ti­ti­vità di qua­lità. Su que­sto fronte occorre avviare una discus­sione seria, pren­dendo atto che il nostro sistema pro­dut­tivo, con le solite ecce­zioni, non dispone né della cul­tura, né degli stru­menti per attuare que­ste trasformazioni .

Ser­vi­reb­bero stru­menti cono­sci­tivi nuovi pere inver­tire la poli­tica eco­no­mica (nega­tiva) adot­tata nei con­fronti delle strut­ture di ricerca pub­blica, con un ricam­bio di classe diri­gente per coniu­gare le poten­zia­lità dell’innovazione con la domanda di uno svi­luppo soste­ni­bile. In que­sto sce­na­rio è evi­dente cosa potrebbe essere il nuovo ruolo della Cdp. La sini­stra dovrebbe lan­ciare una sfida molto con­creta al Governo e a tutte le forze poli­ti­che, sin­da­cali e cul­tu­rali del paese.

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