Il tragico Ramadan dei jihadisti strage di turisti in spiaggia: 37 morti

Il tragico Ramadan dei jihadisti strage di turisti in spiaggia: 37 morti

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Corpi sui lettini, infradito insanguinate e cadaveri anche nell’acqua della piscina. Una vacanza “all inclusive” finita in un massacro.Il killer ha colpito in un albergo a Susa Alcuni testimoni: “È arrivato dal mare a bordo di un gommone” Arrestato un sospetto
«USCITE fuori dall’albergo, spaventate i turisti!», urla il manager dell’hotel Riu Imperial Marhaba, un albergo “all inclusive” violentato da una tempesta di pallottole e granate. Un killer con un kalashnikov nascosto tra le pieghedi un ombrellone ha massacrato 37 persone in costume da bagno, e sulla spiaggia riarsa ecco le infradito di una di loro, i teli abbandonati tra i lettini nel fuggi fuggi per salvarsi la pelle. I turisti sopravvissuti sciamano tra il bar e i divanetti, si rifugiano in camera e poi scendono a condividere il terrore. La polizia prende rilievi, e ascolta l’incubo raccontato da decine di voci. Ognuna ha la sua prospettiva di orrore: «I corpi erano ovunque, davanti al mio negozio, nel giardino, nella piscina», racconta Zora Dris, parlamentare e titolare di una boutique nell’albergo, che ancora si chiede come ha fatto a cavarsela.
Già, se lo chiede anche Ellie Makin, un turista britannico che era proprio accanto a quel giovane demonio arrivato dal mare con la faccia da ragazzino e l’aspetto da turista innocuo. Ellie era sdraiato sul lettino: «Lui era alla mia destra, all’improvviso ho visto un ombrellone cadere ed è spuntata un’arma. Ha iniziato a sparare colpi alla sua destra, non lo so cosa sarebbe successo se si fosse girato dalla nostra parte…».
Anche stavolta, come già era successo nella strage del museo Bardo, è difficile persino capire quanti fossero, gli assassini. Due, dicevano le prime ricostruzioni. «Noi ne abbiamo visto uno solo», dicono molti testimoni. Il corpo di un killer è rimasto a lungo tra i vialetti asfaltati del comprensorio di Port El Kantaoui, un piccolo idillio di palme e fontane nella zona turistica di Susa riservato a clienti dei tre lussuosi hotel su questo spicchio di lungomare. Ci sono barriere da superare e vigilantes all’ingresso, ma secondo una prima ricostruzione gli assassini avevano preparato una soluzione imprevista per seminare il terrore. Sono arrivati dal mare, a bordo di un gommone. Sono da poco passate le dodici quando attracca sulla spiaggia dell’hotel. Il sole avvampa tra decine di turisti, il killer si confonde tra loro e apre il fuoco all’improvviso. Spara sulla folla, oltrepassa il color mango delle pareti esterni, entra tra i marmi bianchi nella hall, e spara ancora. Tre corpi giacciono in pozze di sangue, nel ventre della piscina coperta. Minuti terribili, prima che arrivi la polizia lo uccida.
Un massacro. Peggiore di quello del Museo del Bardo, poco più di tre mesi fa. Secondo il ministero dell’Interno tunisino ci sono 37 morti e 36 feriti. Sono quasi tutti europei, soprattutto britannici, tedeschi e belgi. I corpi sono disseminati sulla spiaggia, tra gli ombrelloni, in mezzo ai tavolini per gli aperitivi e i teloni da mare. La piscina, raccontano i sopravissuti, subito dopo l’attacco era piena di sangue. Tra le vittime non ci sarebbero italiani, anche se la Farne- sina sta procedendo con gli accertamenti.
Sull’attentatore si sa poco. «Un cane sciolto », ripetono dalla televisione tunisina gli inquirenti. Sulle facce dei politici di qui, così come degli uomini della polizia, si legge lo sgomento, la paura di un orrore che può colpire in ogni momento e che rischia di mettere il paese definitivamente in ginocchio, nonostante i disperati tentativi di rianimare un turismo che i moti della primavera dei gelsomini e i terremoti che ne sono seguiti, hanno colpito al cuore. Oggi però è questo killer venuto dal niente il volto di un paese tramortito da questa nuova esplosione di sangue. L’Is aveva chiesto una strage per il Ramadan. Eccola, terribile e inattesa tra queste spiagge che finora erano rimaste al sicuro. L’identikit del killer è confuso: nonostante abbia agito da solo, le autorità di Tunisi hanno fermato decine di persone in tutta l’area, una zona di alberghi persi nella malìa del Mediterraneo.
Il “cane sciolrto” era uno studente, ripetono gli inquirenti, un ragazzo originario della regione di Kairouan, una delle città sante dell’Islam, nel centro del paese. Il viceministro per la sicurezza Rafik Chelly ripete, come in un mantra, che «questa persone non è conosciuta dalle nostre forze dell’ordine». Insomma, non era nei radar né dell’Intelligence né di nessun altro. Venuto dal nulla, insomma. Qualcuno, oltre ai colpi di kalashnikov, dice di avere sentito il colpo di una granata, vicino alla piscina. Ma i racconti dei testimoni sono caotici. Qualcuno, in mezzo agli spari, al fumo e allla paura, ha parlato di terroristi arrivati via mare a bordo di un gommone. Un altro uomo è stato arrestato ad Akouda, località a pochi chilometri da Susa. Un complice?
In pochi qui usano la parola “jihad”, ma aleggia ovunque. Negli stand dei venditori di noccioline e in quelle dei souvenir. La conta dei morti è penosa. Ci sarebbero vittime di nazionalità tedesca, belga, ucraina e norvegese, oltre che tunisina. Strazianti i racconti di chi per caso o per accidente non è stato colpito. Un turista gallese di 30 anni, Matthew James, è stato colpito tre volte durante la strage sulla spiaggia in Tunisia e ha fatto scudo con il suo corpo sulla fidanzata per salvarla. A raccontarlo è la fidanzata del giovane, Sas Wilson. «Matthew era coperto di sangue, mi urlava di scappare», racconta. «Sono scappata verso il nostro hotel passando tra i cadaveri », ha aggiunto la donna.
La Tunisia è sotto shock. Il presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha ammesso che il paese «non può rispondere agli attentati da sola ». Serve «una strategia globale», ripete, mentre la spiaggia di Susa a sera inoltrata sembra ancora un campo di battaglia. L’ultimo paradiso violato, questa volta da un killer senza passato.


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