La bio­e­co­no­mia per uscire dalla crisi

La bio­e­co­no­mia per uscire dalla crisi

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Il pros­simo 22 giu­gno il governo ha con­vo­cato, a Roma, la con­fe­renza Verso Parigi 2015. Gli Stati gene­rali sui cam­bia­menti cli­ma­tici e la difesa del ter­ri­to­rio in Ita­lia. Il per­corso dovrebbe por­tare ad una forte ini­zia­tiva ita­liana in sede euro­pea, per­ché la Ue torni ad avere, al di là dell’asse Usa-Cina, un ruolo trai­nante nella diplo­ma­zia cli­ma­tica, con pro­po­ste per azioni ambi­ziose e vin­co­lanti – come è richie­sto dalla gra­vità della situa­zione e come è nell’interesse dei set­tori più inno­va­tivi dell’economia del nostro con­ti­nente — nelle trat­ta­tive per il nuovo trat­tato glo­bale sul clima. Se ciò non avve­nisse a Parigi 2015 si rischie­rebbe un accordo al ribasso, essen­zial­mente cosme­tico e una nuova mar­gi­na­liz­za­zione dell’Europa sulla scena globale.

La con­sa­pe­vo­lezza dell’importanza degli effetti dei cam­bia­menti cli­ma­tici è ancora limi­tata: andreb­bero avviate, con il coin­vol­gi­mento di tutte le forze eco­no­mi­che, sociali, delle orga­niz­za­zioni della società civile, delle uni­ver­sità, degli enti locali e di testi­mo­nial, cam­pa­gne infor­ma­tive di lungo periodo nei media, nei luo­ghi di lavoro e nelle scuole, con la spie­ga­zione delle impli­ca­zioni e delle oppor­tu­nità: in ter­mini di adat­ta­mento e miti­ga­zione, per la tra­sfor­ma­zione ragio­nata dei com­por­ta­menti quo­ti­diani, il miglio­ra­mento della qua­lità della vita con la sem­pre mag­giore espan­sione dell’economia verde, con­tri­buendo, allo stesso tempo alla ridu­zione delle emis­sioni di CO2 e gas climalteranti.

Fon­da­men­tale nella lotta i cam­bia­menti cli­ma­tici è la affer­ma­zione di un eco­no­mia cir­co­lare basta sull’utilizzo effi­ciente delle risorse. La bio­e­co­no­mia in Europa vale due­mila miliardi di euro e dà già lavoro a oltre 22 milioni di per­sone. L’Italia è all’avanguardia e per ogni mille ton­nel­late di bio­pla­sti­che pro­dotte, si pos­sono creare ses­santa nuovi posti di lavoro. Il futuro è nel col­le­ga­mento tra le imprese e i ter­ri­tori, tra la ricerca, l’industria e l’agricoltura. Il mondo dell’agricoltura, della chi­mica e delle bio­tec­no­lo­gie, con l’obiettivo di age­vo­lare la dif­fu­sione di bio­raf­fi­ne­rie che adot­tino pro­cessi inno­va­tivi, favo­ri­scono lo svi­luppo eco­no­mico dei ter­ri­tori ed offrono nuove oppor­tu­nità di lavoro. Il soste­gno deciso alla bio­e­co­no­mia dovrebbe essere una prio­rità dell’azione del Governo, avviando un con­creto pro­getto che rag­giunga in tempi rapidi l’obiettivo di zero rifiuti orga­nici in discarica.

Per quanto riguarda l’energia: l’Italia può coprire il pro­prio fab­bi­so­gno ener­ge­tico con l’uso effi­ciente delle risorse, l’efficienza ener­ge­tica e le rin­no­va­bili, dimen­ti­cando i pro­getti dan­nosi e con­tro­pro­du­centi, oltre che dai risul­tati limi­tati, delle tri­vel­la­zioni per sfrut­ta­mento di idro­car­buri. L’Italia dovrebbe varare, e insi­stere per­ché la Ue vari, un piano straor­di­na­rio con obiet­tivi vin­co­lanti per l’efficienza che garan­ti­sca nuova occu­pa­zione attra­verso la riqua­li­fi­ca­zione spinta di interi edi­fici e quar­tieri (con con­sumi almeno dimez­zati) che richiede solu­zioni finan­zia­rie inno­va­tive — e rilanci le ener­gie rin­no­va­bili in accordo con l’Energy Union della Ue, con par­ti­co­lare atten­zione all’energia solare, sia foto­vol­taica che ter­mica, come pure a tutte le rin­no­va­bili frutto di ricerca e inno­va­zione sia ita­liana che europea.

Con­ti­nuiamo ad avere un com­parto dei tra­sporti, respon­sa­bile di circa un terzo delle emis­sioni CO2 equi­va­lenti, quasi del tutto dipen­dente dai com­bu­sti­bili fos­sili. Sono urgenti ini­zia­tive da parte del governo in favore della mobi­lità elet­trica con l’obiettivo di un milione di auto elet­tri­che al 2025, della mobi­lità urbana soste­ni­bile e, final­mente, il ribal­ta­mento delle per­cen­tuali di tra­sporto dalla gomma al ferro.

Siamo di fronte a sfide senza pre­ce­denti. Come lo è stata, a metà degli anni ’80 del secolo scorso quella della pro­gres­siva distru­zione dello strato di ozono che ci pro­tegge dalla radia­zioni ultra­vio­lette del sole e che causò danni alla salute di milioni di per­sone nelle aree più espo­ste. Nel set­tem­bre 2014 gli esperti delle Nazioni Unite hanno reso noti i risul­tati del moni­to­rag­gio sugli effetti del Trat­tato di Mon­treal, del 1987, sot­to­scritto da quasi tutti i Paesi: ven­ti­sette anni dopo, gra­zie all’azione inter­na­zio­nale con­cer­tata con­tro i gas distruggi — ozono, la situa­zione è signi­fi­ca­ti­va­mente miglio­rata, con il ritorno, pre­vi­sto entro il 2050, dello strato di ozono ai livelli degli anni 80.
Un’altra dimo­stra­zione che unendo le forze è pos­si­bile cam­biare le ten­denze in atto, anche dei cam­bia­menti climatici.



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