Palestinesi oggi alla Cpi, primo passo verso l’incriminazione di Israele

by redazione | 25 Giugno 2015 9:49

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Territori occupati. Il ministro degli esteri Al Maliki avvierà all’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale la procedura per l’accertamento di crimini di guerra commessi dai leader politici e militari israeliani. Intanto sale la tensione per la prossima partenza verso Gaza delle navi della Freedom Flotilla

Tra le mani que­sta mat­tina il mini­stro degli esteri dell’Autorità nazio­nale pale­sti­nese, Riyad al-Maliki, strin­gerà un fasci­colo colmo di docu­menti, uno dei più impor­tanti pro­dotti dai pale­sti­nesi nella loro sto­ria recente, senza dub­bio il più temuto dal governo israe­liano. Al Maliki con­se­gnerà quel fasci­colo all’ufficio del pro­cu­ra­tore della Corte penale inter­na­zio­nale (Cpi) dell’Aia avviando la pro­ce­dura per l’accertamento di cri­mini di guerra com­messi da Israele, o meglio dai suoi lea­der poli­tici e mili­tari, nei Ter­ri­tori pale­sti­nesi occu­pati dallo Stato ebraico nel 1967. La richie­sta è in tre parti: la prima si con­cen­tra sulla colo­niz­za­zione ebraica di Cisgior­da­nia e Geru­sa­lemme Est; la seconda sul trat­ta­mento dei pri­gio­nieri poli­tici pale­sti­nesi, la terza sull’offensiva mili­tare israe­liana della scorsa estate a Gaza. La que­stione dei dete­nuti è tor­nata in pri­mis­simo piano con la pro­te­sta di Kha­der Adnan che da 50 giorni rifiuta il cibo. La Croce Rossa Inter­na­zio­nale descrive le sue con­di­zioni “molto gravi”. Adnan, ora in un ospe­dale, divenne noto tre anni fa quando portò avanti per 66 giorni un altro scio­pero della fame ad oltranza in pro­te­sta con­tro il car­cere ammi­ni­stra­tivo (senza pro­cesso) ordi­nato nei suoi con­fronti. Ottenne poi la libertà, ma un anno fa è stato recluso di nuovo, in seguito alle retate lan­ciate da Israele dopo il seque­stro in Cisgior­da­nia di tre gio­vani ebrei.

Annun­ciata a più riprese dall’Anp, prima e dopo l’ingresso della Pale­stina tra i Paesi che ade­ri­scono alla Cpi, la mossa segna il momento di rot­tura più pro­fondo tra i pale­sti­nesi – in que­sta occa­sione i movi­menti Hamas e Fatah sono dalla stessa parte — e l’esecutivo gui­dato da Benya­min Neta­nyahu. Il pre­mier israe­liano con­si­dera que­sta mossa pale­sti­nese parte di quella “Inti­fada diplo­ma­tica” che a suo avviso porta avanti da tempo il pre­si­dente dell’Anp Abu Mazen. E ha già fatto sapere che le ritor­sioni saranno pesanti. I diri­genti pale­sti­nesi però insi­stono. Mustafa Bar­ghouti, uno dei 45 mem­bri del comi­tato che — sotto la pre­si­denza del capo nego­zia­tore Saeb Era­kat, ha ela­bo­rato la richie­sta di incri­mi­na­zione di Israele — ha spie­gato che il rap­porto sul con­flitto di Gaza nel 2014, pre­sen­tato a ini­zio set­ti­mana della Com­mis­sione del Con­si­glio dell’Onu per i Diritti Umani, ha for­nito un altro pila­stro all’iniziativa pale­sti­nese. «Abbiamo a che fare con diversi tipi di reati – ha detto Bar­ghouti — lo sta­tuto di Roma pre­vede una vasta gamma di pos­si­bi­lità per una inda­gine penale. Per noi è impor­tante, in primo luogo, dimo­strare che i cri­mini (di Israele) sono sistematici».

La pre­sen­ta­zione del file nasce come rispo­sta alla richie­sta di infor­ma­zioni fatta dal pro­cu­ra­tore gene­rale della Cpi, Fatou Ben­souda. La denun­cia copre il periodo dal 13 giu­gno 2014 al 31 mag­gio 2015. I casi di alto pro­filo che saranno evi­den­ziati da Riyad al Maliki inclu­dono la deci­sione di Israele di svi­lup­pare un nuovo inse­dia­mento colo­nico di 2.600 unità abi­ta­tive a Givat Hama­tos, nella zona est di Geru­sa­lemme, la costru­zione di altri inse­dia­menti nella Valle del Gior­dano e l’uccisione dei quat­tro bam­bini della fami­glia Bakr lo scorso 16 luglio sulla spiag­gia di Gaza, durante un attacco israe­liano. Ben­souda deve deci­dere se ordi­nare un esame pre­li­mi­nare e poi un’indagine penale com­pleta nei con­fronti di alcuni diri­genti poli­tici e coman­danti mili­tari israe­liani poten­zial­mente col­pe­voli. Da parte sua il governo Neta­nyahu non col­la­bora con Ben­souda, soste­nendo che la Pale­stina non è uno Stato e non può avan­zare richie­ste alla Cpi. Il pre­mier israe­liano in ogni caso è con­vinto che le inda­gini sui cri­mini di guerra si dimo­stre­ranno un boo­me­rang per i pale­sti­nesi, in par­ti­co­lare per Hamas.

La ten­sione è tor­nata a salire in que­sti giorni, non solo per alcuni atti di vio­lenza, mani­fe­sta­zioni pale­sti­nesi disperse da poli­zia ed eser­cito e il lan­cio di un razzo da parte di un gruppo sala­fita, al quale Israele ha rispo­sto bom­bar­dando mar­tedì notte la Stri­scia di Gaza. Peral­tro tra qual­che giorno dovreb­bero arri­vare in vista delle coste di Gaza la “Marianne” e altre due imbar­ca­zioni della Free­dom Flo­tilla. A bordo oltre agli equi­paggi ci sono 12 pas­seg­geri, tra i quali il depu­tato pale­sti­nese alla Knes­set Basel Ghat­tas, della Lista Araba Unita. Una pre­senza che ha sca­te­nato rea­zioni duris­sime in Israele. Il depu­tato è già stato punito con la sospen­sione e sem­pre più voci si levano affin­chè la Marina israe­liana bloc­chi in maniera decisa la nuova mis­sione della FF, volta a rom­pere il blocco navale di Gaza.

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