Politici, appuntamenti (e morti eccellenti) I nomi e le date annotate nell’agenda di Buzzi
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ROMA Predicava riservatezza, Salvatore Buzzi, perché così gli aveva insegnato il suo amico Carminati: «L’ho ripreso da Massimo, lui non parla, parla pochissimo perché dice “meno sai, meno ti dico, e più stai sicuro”». Con l’ex estremista nero, l’imprenditore che «pagava tutti» (per sua ammissione) vantava un rapporto privilegiato: «In cooperativa c’hanno tutti paura… scappo… io invece ormai siamo diventati amici…. e so’ un paio di volte che so’ andato pure… Che casa…».
Nonostante la declamata prudenza, però, sono soprattutto i fiumi di parole di Buzzi a costituire l’ossatura dell’indagine su Mafia Capitale, che gli è costata già due ordini di arresto. Fondati sulle intercettazioni di infiniti discorsi, ma anche su movimenti bancari, verifiche documentali e altri riscontri. Accusa e difese potranno cercarne ancora tra le carte sequestrate, comprese le agende di Buzzi degli ultimi anni.
Sono pagine fitte di appunti, scarabocchi, nomi, appuntamenti e numeri di telefono, che riempiono gli spazi di settimane dense di impegni. Ovviamente solo Buzzi può dare l’interpretazione autentica di quei fogli, dove si accavallano i riferimenti a persone inquisite, testimoni o personaggi più o meno pubblici. Indicazioni che possono dire molto ma anche nulla, se non correlate ad altre informazioni. E così ecco spuntare con discreta frequenza i nomi di Panzironi, Scozzafava, Turella, Odevaine (indagati e arrestati) al fianco di politici locali come Coratti, Gramazio (finiti in carcere nella seconda «retata»), Marroni, e poi Alemanno, il suo capo della segretaria in Campidoglio Lucarelli, Nicola Zingaretti che prima di approdare alla Regione era presidente della Provincia, l’ex governatrice del Lazio Renata Polverini e altri ancora. Sono indicate riunioni dei Consigli comunale e regionale.
Alle date del 4 e 5 febbraio 2013 Buzzi ha annotato «Manifestazione Campidoglio», con l’aggiunta «Striscioni protesta». In piena campagna elettorale romana, al 19 aprile si legge «16,30 Ozzimo» (all’epoca consigliere pd uscente, ora in carcere) e alle 20 «Cena Alemanno»; poi un appunto sul fatto del giorno: «Bocciato Prodi», con riferimento alla mancata elezione dell’ex premier al Quirinale. Dieci giorni più tardi, lunedì 29 aprile, «ore 11: Marino in coop». Nell’intreccio di appuntamenti ed impegni, ecco spuntare qua e là il ricordo di un evento che più di altri ha evidentemente colpito Buzzi; soprattutto la scomparsa di personaggio famosi: «È morto Scalfaro», «È morto Andreotti», «È morto Lucia Dalla», «È morto Bentivegna», partigiano comunista autore dell’attentato antinazista di via Rasella, «È morto G. Chinaglia», centravanti della Lazio degli anni Settanta.
L’11 novembre 2011, tra un incontro e un altro con i coimputati di oggi, Buzzi annota le «dimissioni Berlusconi», l’anno dopo «dimissioni Polverini», mentre giovedì 8 dicembre 2011, giorno di festa e libero di impegni, scrive a lettere maiuscole e sottolineate più volte: «Apertura emergenza freddo», scadenza importante per chi sulle emergenze viveva, come scrisse nel famoso messaggio di inizio 2013, augurandosi «un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale».
Chi volesse ironizzare potrebbe farlo di fronte alla scritta cerchiata «terremoto in Giappone», nella colonna dell’11 marzo 2011, immaginando che l’imprenditore progettasse affari anche lì. Ma sono sarcasmi che non hanno nulla a che fare con un’indagine in cui, tra le migliaia di pagine di atti, compare la testimonianza dell’indagato agli arresti Panzironi, ex responsabile della Raccolta dei rifiuti a Roma, appena condannato per la vicenda chiamata «Parentopoli», il quale racconta di 200.000 euro di finanziamenti politici di Buzzi ad Alemanno. «Ma perché doveva dargli i contributi, uno che è dichiaratamente di sinistra?», domanda curioso il pm. Risposta di Panzironi: «Quando me l’ha presentato Alemanno dichiarò una grande amicizia perché erano stati nella stessa cella».
Giovanni Bianconi
Nonostante la declamata prudenza, però, sono soprattutto i fiumi di parole di Buzzi a costituire l’ossatura dell’indagine su Mafia Capitale, che gli è costata già due ordini di arresto. Fondati sulle intercettazioni di infiniti discorsi, ma anche su movimenti bancari, verifiche documentali e altri riscontri. Accusa e difese potranno cercarne ancora tra le carte sequestrate, comprese le agende di Buzzi degli ultimi anni.
Sono pagine fitte di appunti, scarabocchi, nomi, appuntamenti e numeri di telefono, che riempiono gli spazi di settimane dense di impegni. Ovviamente solo Buzzi può dare l’interpretazione autentica di quei fogli, dove si accavallano i riferimenti a persone inquisite, testimoni o personaggi più o meno pubblici. Indicazioni che possono dire molto ma anche nulla, se non correlate ad altre informazioni. E così ecco spuntare con discreta frequenza i nomi di Panzironi, Scozzafava, Turella, Odevaine (indagati e arrestati) al fianco di politici locali come Coratti, Gramazio (finiti in carcere nella seconda «retata»), Marroni, e poi Alemanno, il suo capo della segretaria in Campidoglio Lucarelli, Nicola Zingaretti che prima di approdare alla Regione era presidente della Provincia, l’ex governatrice del Lazio Renata Polverini e altri ancora. Sono indicate riunioni dei Consigli comunale e regionale.
Alle date del 4 e 5 febbraio 2013 Buzzi ha annotato «Manifestazione Campidoglio», con l’aggiunta «Striscioni protesta». In piena campagna elettorale romana, al 19 aprile si legge «16,30 Ozzimo» (all’epoca consigliere pd uscente, ora in carcere) e alle 20 «Cena Alemanno»; poi un appunto sul fatto del giorno: «Bocciato Prodi», con riferimento alla mancata elezione dell’ex premier al Quirinale. Dieci giorni più tardi, lunedì 29 aprile, «ore 11: Marino in coop». Nell’intreccio di appuntamenti ed impegni, ecco spuntare qua e là il ricordo di un evento che più di altri ha evidentemente colpito Buzzi; soprattutto la scomparsa di personaggio famosi: «È morto Scalfaro», «È morto Andreotti», «È morto Lucia Dalla», «È morto Bentivegna», partigiano comunista autore dell’attentato antinazista di via Rasella, «È morto G. Chinaglia», centravanti della Lazio degli anni Settanta.
L’11 novembre 2011, tra un incontro e un altro con i coimputati di oggi, Buzzi annota le «dimissioni Berlusconi», l’anno dopo «dimissioni Polverini», mentre giovedì 8 dicembre 2011, giorno di festa e libero di impegni, scrive a lettere maiuscole e sottolineate più volte: «Apertura emergenza freddo», scadenza importante per chi sulle emergenze viveva, come scrisse nel famoso messaggio di inizio 2013, augurandosi «un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale».
Chi volesse ironizzare potrebbe farlo di fronte alla scritta cerchiata «terremoto in Giappone», nella colonna dell’11 marzo 2011, immaginando che l’imprenditore progettasse affari anche lì. Ma sono sarcasmi che non hanno nulla a che fare con un’indagine in cui, tra le migliaia di pagine di atti, compare la testimonianza dell’indagato agli arresti Panzironi, ex responsabile della Raccolta dei rifiuti a Roma, appena condannato per la vicenda chiamata «Parentopoli», il quale racconta di 200.000 euro di finanziamenti politici di Buzzi ad Alemanno. «Ma perché doveva dargli i contributi, uno che è dichiaratamente di sinistra?», domanda curioso il pm. Risposta di Panzironi: «Quando me l’ha presentato Alemanno dichiarò una grande amicizia perché erano stati nella stessa cella».
Giovanni Bianconi
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