Stretta finale tra Gre­cia e Ue. E riappare l’ipotesi di un referendum sulle trattative

Stretta finale tra Gre­cia e Ue. E riappare l’ipotesi di un referendum sulle trattative

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Indif­fe­rente alla nuova offen­siva con­tro il suo governo, venerdì sera Ale­xis Tsi­pras ha lan­ciato il suo mes­sag­gio durante la con­fe­renza eco­no­mica orga­niz­zata da Putin a San Pie­tro­grado: «Siamo in mezzo alla tem­pe­sta. Ma ci siamo abi­tuati, siamo un popolo di navi­ga­tori. Il popolo greco sa navi­gare in mari sco­no­sciuti e tro­vare nuovi porti sicuri».

Il pro­blema greco, ha ripe­tuto, è un pro­blema euro­peo e va risolto facendo ritor­nare l’Europa ai suoi prin­cipi fon­da­tivi. Se que­sto non avverrà, non sarà solo un pro­blema della Gre­cia, sarà un grosso pro­blema per tutta l’Unione euro­pea. E i «nuovi porti» mostre­ranno tutta la loro uti­lità. Come quei due miliardi inte­ra­mente inve­stiti dai russi per far lavo­rare 14 mila greci nel Tur­kish Stream già dall’anno pros­simo. E altri inve­sti­menti seguiranno.

La rispo­sta del pre­si­dente polacco del Con­si­glio Euro­peo Tusk è stata quella di lan­ciare l’ennesimo ulti­ma­tum («o accordo o gre­xit»), men­tre quella di Junc­ker è stata, come spesso suc­cede, con­fusa e con­trad­di­to­ria. «Deluso» da Tsi­pras, il pre­si­dente della Com­mis­sione ci ha assi­cu­rato che non ha alcun coni­glio nel cilin­dro e ha accu­sato il governo greco di pre­ten­dere di non rispet­tare «le regole dell’eurozona». Che que­ste regole siano la sem­plice volontà di Scheu­ble lo ha spie­gato molto bene Varou­fa­kis rive­lando, alla stampa irlan­dese, cosa è vera­mente suc­cesso all’eurogruppo di gio­vedì scorso: le pro­po­ste scritte di Atene non sono state né lette né discusse, per­ché il mini­stro tede­sco ha posto il veto.

I mini­stri, secondo Schau­ble, devono esa­mi­nare solo testi già pas­sati dal vaglio della ex troika: entrare nel merito a livello mini­ste­riale è «irri­tuale». Secondo Varou­fa­kis, sem­bra che senza la valu­ta­zione dei tec­no­crati i mini­stri «rischiano di non capire cosa viene deciso». Un’occasione per­duta, secondo il mini­stro greco. Ecco quindi la neces­sità del ver­tice di domani, al mas­simo livello poli­tico, pre­sen­tato per l’ennesima volta come l’«ultima occa­sione» per tro­vare una solu­zione. Ad Atene si svol­geva ieri un con­ti­nuo di incon­tri e con­tatti, anche un lungo col­lo­quio tra Tsi­pras e Junc­ker in serata, pur di arri­vare al ver­tice con la miglior pre­pa­ra­zione pos­si­bile. Con la con­sa­pe­vo­lezza che c’è anche il Con­si­glio Euro­peo di gio­vedì prossimo.

I nodi riman­gono ancora il sistema pen­sio­ni­stico e il debito. Riguardo a que­sto secondo, Tsi­pras ha riba­dito che senza un accordo com­ples­sivo, il Fmi non sarà pagato a fine mese. La tesi di Schau­ble sulla sosten­bi­lità di un debito che ammonta al 177% del Pil è con­di­visa da un sem­pre minore numero di eco­no­mi­sti e di governi e si mol­ti­pli­cano nella stessa Ger­ma­nia le voci che chie­dono una mag­giore fles­si­bi­lità su que­sto aspetto; magari met­tendo il Fmi da parte per un lasso di tempo, in modo da pro­muo­vere una «solu­zione euro­pea». Una pro­po­sta non molto diversa da quella di Varou­fa­kis di far acqui­stare dallo Sme il debito greco del Fmi. Per con­vin­cere la Lagarde biso­gne­rebbe mobi­li­tare Washington.

Secondo Ale­kos Flam­bou­ra­ris, stretto col­la­bo­ra­tore di Tsi­pras, Atene intende accel­le­rare i tempi per la sua riforma delle pen­sioni, pro­ce­dendo alla forte limi­ta­zione dei casi di «baby pen­sio­nati» e dei pre­pen­sio­na­menti già nell’anno in corso. Sull’Iva per la cor­rente elet­trica, il mini­stro assi­cura che o rimane all’attuale 13% e se i cre­di­tori accet­te­ranno lo sca­glione inter­me­dio dell’11% sarà abbas­sata. Secondo Flam­bou­ra­ris, la diver­genza sostan­ziale riguarda 450 milioni dell’avanzo pri­ma­rio per il 2016. Dif­fi­cile far sal­tare per aria l’eurozona per una cifra simile. Ma in Europa non sem­pre domina la razio­na­lità e a Ber­lino si fanno anche valu­ta­zioni poli­ti­che sulla ribel­lione greca. Quindi, se i cre­di­tori la pen­sano diver­sa­mente, per il mini­stro greco sarebbe oppor­tuno sot­to­porre le loro pro­po­ste a referendum.

Riap­pare quindi l’ipotesi di un refe­ren­dum popo­lare. Si direbbe che è a que­sto che mira il forte ten­ta­tivo di desta­bi­liz­za­zione che l’élite libe­ri­sta euro­pea sta por­tando avanti ad Atene. Voci incon­trol­late si dif­fon­dono da Bru­xel­les e danno per scon­tata la chiu­sura delle ban­che gre­che già da lunedì. Espo­nenti di punta della destra greca (Dora Bakoyan­nis, il semi­fa­sci­sta Ado­nis Geor­gia­dis) sof­fiano sul fuoco e lo stesso fa il gover­na­tore della Banca di Gre­cia Yan­nis Stour­na­ras, ex mini­stro delle Finanze del pre­ce­dente governo.

I mezzi d’informazione degli oli­gar­chi spar­gono il panico e una parte dell’opinione pub­blica ne subi­sce l’influenza. Per quanto cer­chino i gior­na­li­sti stra­nieri, per le strade di Atene le file ai ban­co­mat non si vedono ma qual­cuno sicu­ra­mente è corso a sal­vare gli ultimi risparmi. Si parla di due miliardi o anche quat­tro, ma se c’è gente che ha ancora due o quat­tro miliardi nelle ban­che gre­che, allora non tutto è per­duto. I greci con­ti­nuano ad apprez­zare l’atteggiamento del governo, dispo­sto a nego­ziare ma a difesa degli inte­ressi popo­lari. La prova si è avuta nella prima grande mani­fe­sta­zione dell’opposizione gio­vedì sera in piazza Syn­tagma. Non più di 4 ai 5 mila cit­ta­dini hanno innal­zato car­telli in cui chie­de­vano di «fir­mare subito» per «rima­nere in Europa» ed evi­tare la «dit­ta­tura sta­li­ni­sta». Un fiasco.



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