Unghe­ria, la «barriera» di 175 chilometri entra nella fase esecutiva

Unghe­ria, la «barriera» di 175 chilometri entra nella fase esecutiva

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Da ipo­tesi a inten­zione annun­ciata. La bar­riera al con­fine con la Ser­bia evo­cata dal primo mini­stro unghe­rese Vik­tor Orbán la set­ti­mana scorsa alla radio di Stato rien­tre­rebbe ora tra i pro­getti del governo per bloc­care il cre­scente flusso di migranti che seguendo la rotta bal­ca­nica punta verso l’Europa occi­den­tale.
Un «muro» di quat­tro metri di altezza lungo la linea di con­fine ungaro-serba che si allunga per circa 175 chi­lo­me­tri e com­prende anche un tratto flu­viale. Se rea­liz­zata, la bar­riera pas­serà fra Unghe­ria e Voj­vo­dina, regione carat­te­riz­zata da una con­si­stente mino­ranza magiara.

Si tratta di un’iniziativa uni­la­te­rale con­ce­pita dall’esecutivo unghe­rese, a costo di nuove pole­mi­che inter­na­zio­nali, e descritta ieri dal mini­stro degli Esteri Péter Szi­j­jártó. Ha pre­ci­sato che il tito­lare del dica­stero degli Interni, Sán­dor Pin­tér, ha rice­vuto dispo­si­zioni per appron­tare, entro mer­co­ledì pros­simo, la tabella di mar­cia per la costru­zione della bar­riera. E per il 1 luglio è pre­vi­sta una con­sul­ta­zione tra i governi di Buda­pest e Belgrado.

L’annuncio uffi­ciale di Szi­j­jártó ha pro­vo­cato scon­certo presso le auto­rità serbe che si dicono deter­mi­nate a con­tra­stare l’immigrazione ille­gale ma chie­dono la col­la­bo­ra­zione dei paesi Ue. La pre­ci­sa­zione è stata fatta dal mini­stro dell’Interno serbo Neboja Ste­fa­no­vic. Alek­san­dar Senic, pre­si­dente della com­mis­sione par­la­men­tare serba per l’integrazione euro­pea, ha defi­nito il «muro» un segnale non posi­tivo. Lo scon­certo della Ser­bia non sem­bra però fer­mare il governo unghe­rese che intende sfi­dare le pesanti cri­ti­che interne ed esterne. L’esecutivo di Buda­pest sostiene che la pres­sione cre­scente eser­ci­tata dai flussi migra­tori ha reso inso­ste­ni­bile la situa­zione e che ci vogliono solu­zioni urgenti. Per Orbán non è più pos­si­bile aspet­tare i tempi dell’Ue e atten­dere solu­zioni comuni. L’Ungheria deve agire rapi­da­mente per difen­dere i suoi con­fini ed evi­tare la desta­bi­liz­za­zione sociale ed economica.

Secondo le cifre dif­fuse dal governo oltre 50 mila per­sone hanno chie­sto l’asilo poli­tico dall’inizio dell’anno, con­tro le 43 mila del 2014. Risulta inol­tre che nel 2012 i pro­fu­ghi regi­strati a siano stati appena 2.157. Un aumento con­si­de­re­vole, quello degli ultimi due anni, a causa del quale Buda­pest si sente in prima linea insieme all’Italia e alla Gre­cia. Così Szi­j­jártó ha fatto notare che al sum­mit dei mini­stri degli esteri dell’Ue di mar­tedì è apparso chiaro che l’Ungheria è il paese mem­bro mag­gior­mente toc­cato dal problema.

I pro­fu­ghi che attra­ver­sano il con­fine ungaro-serbo ven­gono dal Kosovo — e sono alba­nesi — e soprat­tutto da Siria, Iraq e Afgha­ni­stan; que­sti ultimi rap­pre­sen­te­reb­bero il 70% dei flussi migra­tori diretti verso l’Europa occi­den­tale attra­verso l’Ungheria.

La casi­stica è rile­vante tanto che il governo del Fidesz difende la sua ultima ini­zia­tiva attri­buen­dole l’appoggio della popo­la­zione. Per Orbán la poli­tica dell’Ue sull’immigrazione ha dimo­strato di essere fal­li­men­tare e le pro­por­zioni assunte del feno­meno dimo­strano che ogni Paese ha il diritto di orga­niz­zarsi sulla base della situa­zione spe­ci­fica nella quale si trova. Così il governo unghe­rese si appella al diritto di difen­dere il ter­ri­to­rio e i cit­ta­dini da un feno­meno che con­si­dera peri­co­loso per­ché poten­ziale por­ta­tore di cri­mi­na­lità e di ter­ro­ri­smo. Aggiunge che l’iniziativa della «bar­riera» non viola alcun accordo inter­na­zio­nale e men­ziona ini­zia­tive ana­lo­ghe ai con­fini fra Gre­cia e Tur­chia e fra Tur­chia e Bul­ga­ria. Buda­pest insomma par­rebbe inten­zio­nata ad andare avanti: non sem­bra inte­res­sata a inter­venti con­cor­dati con le isti­tu­zioni dell’Ue per gestire l’emergenza.

Il governo Orbán mostra con i suoi atteg­gia­menti di non temere nuovi scon­tri con Bru­xel­les né di curarsi delle cri­ti­che dell’opposizione di centro-sinistra che con­danna le ini­zia­tive dell’esecutivo e la cam­pa­gna anti-immigrazione defi­nita ver­go­gnosa dagli avver­sari del primo mini­stro e del sistema di potere che rappresenta.



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