Unione Europea troppo divisa I migranti non saranno trasferiti

Unione Europea troppo divisa I migranti non saranno trasferiti

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BRUXELLES Si allungano i tempi per il via libera all’Agenda sull’immigrazione della Commissione europea, che prevede anche i ricollocamenti intra-Ue in due anni di 40 mila richiedenti protezione internazionale (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia) di origine siriana ed eritrea. È probabile che il provvedimento non sia adottato prima di settembre. Mentre inizialmente la Commissione Ue si era data come scadenza il primo luglio, considerato il carattere d’urgenza del problema legato ai continui sbarchi.
Se in un primo tempo era stato ipotizzato già un voto al consiglio Affari interni di martedì prossimo, cioè la riunione dei ministri dell’Interno dei 28 Paesi, ora vengono escluse, da fonti del Consiglio Ue, decisioni formali in quell’occasione. Le divisioni emerse nelle scorse settimane sul meccanismo di ripartizione obbligatoria tra i vari Paesi proposto dalla Commissione Ue non sono state ancora superate. Le trattative saranno probabilmente lunghe e a questo punto l’obiettivo è ottenere almeno il via libera politico dal vertice dei capi di Stato e di governo di fine giugno. A questo punto però servirà dare una base giuridica alle decisioni uscite dal summit (per il ricollocamento è necessario sospendere il regolamento di Dublino) e l’iter prevede anche un passaggio al Parlamento europeo. Insomma, settembre è dietro l’angolo.
Resta però fondamentale dal punto di vista politico, sottolineano a Bruxelles, un accordo prima dell’estate: non sarebbe un bel segnale il protrarsi delle divisioni da parte dei 28 Paesi tenuto conto che al vertice straordinario del 23 aprile scorso, sulla scia emotiva della tragedia che si era consumata in quei giorni nel Canale di Sicilia, era stato concordato di introdurre un meccanismo temporaneo di solidarietà per fronteggiare l’emergenza immigrazione, che Italia e Grecia si trovano al momento in prima linea ad affrontare da sole.
Una volta definiti i criteri per la ridistribuzione dei richiedenti protezione internazionale, numerosi Paesi, i piccoli Baltici, ma anche i più grandi Polonia, Francia, Spagna e Gran Bretagna (che in base agli accordi con la Ue può però sottrarsi dall’accoglierli), insieme a Portogallo, Bulgaria e Ungheria li hanno contestati, a cominciare dall’obbligatorietà del provvedimento, difficile da spiegare a un elettorato interno fortemente critico sull’immigrazione ovunque in Europa (in Italia è guerra tra le Regioni). Non sono condivisi nemmeno i parametri legati a popolazione, Pil, tassi di disoccupazione e numero di domande d’asilo già accolte. L’obbligatorietà resta il primo nodo da sciogliere. Mentre sui rimpatri degli immigrati illegali — su cui la Commissione potrebbe presentare un rapporto — c’è una maggiore intesa. Le trattative saranno lunghe e di certo, osservano a Bruxelles, ha aiutato poco il fatto che siano state messe in calendario dalla presidenza di turno lettone, non particolarmente entusiasta del piano immigrazione, solo una riunione a livello tecnico e una degli ambasciatori (prevista venerdì). Poco per smussare angoli così acuti.
Francesca Basso


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