Concluso l’accordo sul nucleare con l’Iran

Concluso l’accordo sul nucleare con l’Iran

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Dopo circa due anni di negoziati è stato trovato uno storico accordo sul nucleare iraniano tra l’Iran e i paesi del cosiddetto “5+1?, cioè i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con potere di veto (Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina) più la Germania. I ministri degli Esteri dei paesi coinvolti stavano discutendo dell’accordo dal 26 giugno scorso, quando a Vienna era cominciato l’ultimo “round” di colloqui che doveva completare e perfezionare un accordo preliminare raggiunto lo scorso aprile. L’Alto rappresentante dell’Unione europa per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha confermato il raggiungimento dell’accordo dopo che erano circolate per buona parte della mattina notizie da fonti interne consultate dalle agenzie internazionali, dicendo: “Non è solo un accordo, è un buon accordo, un buon accordo per tutte le parti”.

Cosa prevede l’accordo
I paesi occidentali hanno concesso di eliminare progressivamente le sanzioni economiche imposte all’Iran negli ultimi anni, mentre l’Iran ha accettato di limitare il suo programma nucleare e permettere alcuni periodici controlli da parte dell’ONU alle sue installazioni nucleari (installazioni che l’Iran dice siano usate solo per sviluppare il nucleare con scopi civili, e non militari come invece accusano i paesi occidentali).Questi sono alcuni dei punti principali dell’accordo sul nucleare iraniano:

– un compromesso sui siti dove si svolgono attività nucleari, con la possibilità per gli ispettori ONU di eseguire controlli periodici e per l’Iran la facoltà di opporsi a determinate richieste di accesso;
– l’interruzione dell’arricchimento dell’uranio in due dei principali siti nucleari iraniani (Natanz, Fordow), con conseguente riduzione delle attività di ricerca e sviluppo;
– la fine di eventuali operazioni sotto copertura per produrre materiale fissile;
– se l’accordo fosse violato, le sanzioni nei confronti dell’Iran sarebbero ripristinate in 65 giorni dalla violazione;
– l’embargo sulle armi previsto dalle Nazioni Unite sarà attivo ancora per 5 anni, mentre il meccanismo di sanzioni per lo sviluppo di missili per 8 anni;
– l’annullamento delle sanzioni per quanto riguarda gli scambi di gas e petrolio, le transazioni finanziarie, il trasporto di merci per via aerea;
– lo scongelamento di diversi asset economici iraniani dal valore di svariati miliardi di dollari.

L’accordo prevede per l’Iran limiti e vincoli che dureranno anche 25 anni, come mostra questa infografica della Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha difeso con forza l’accordo e ha ricordato che – qualora nei prossimi anni l’Iran dovesse venir meno a quanto pattuito adesso – gli Stati Uniti avranno esattamente le stesse opzioni di oggi per reagire: ma l’accordo pone le basi per un futuro di maggiore stabilità e sicurezza per il Medio Oriente e il mondo.

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Come si è arrivati fin qui
Negli ultimi trent’anni l’Iran è stato uno dei più grandi problemi della politica estera di diversi stati occidentali. Nel 1979 una rivoluzione fece nascere una Repubblica Islamica in quello che finora – sotto il governo dello scià, una specie di re – era stato il principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Per i paesi occidentali fu un problema non da poco, vista l’importanza che la regione aveva sul piano della produzione ed esportazione di gas e petrolio.

Gli anni successivi al 1979 furono particolarmente difficili per gli iraniani: prima ci fu la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, che durò 8 anni e che fu uno dei più lunghi, inutili e sanguinosi conflitti della storia del Medioriente; poi iniziò la collaborazione sempre più stretta con alcuni dei regimi considerati nemici o avversari dell’Occidente (Siria, Corea del Nord, Cina) e con alcuni movimenti terroristici mediorientali, fra cui il libanese Hezbollah. Dal 2006 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha imposto diverse sanzioni economiche e commerciali sull’Iran per fermare i tentativi iraniani di costruzione della bomba atomica (da anni temuti dai governi di Israele e Arabia Saudita, per esempio): tentativi comunque sempre negati dall’Iran, che rivendica il suo diritto a sviluppare l’energia nucleare civile ma è stato spesso opaco nel fornire delucidazioni su impianti e progetti.

Obama e l’Iran
L’accordo è considerato una grande vittoria per l’amministrazione di Barack Obama, che sui negoziati sul nucleare iraniano ha investito enormi risorse, soprattutto diplomatiche. Uno dei problemi che ha dovuto affrontare Obama in questi ultimi mesi, oltre alla difficoltà naturale di trovare un accordo con un paese ostile, è stato superare l’opposizione interna dei Repubblicani, contrari a qualsiasi accordo che facesse delle concessioni all’Iran. La posizione contraria dei Repubblicani potrebbe creare dei problemi alla finalizzazione dell’accordo, che per quanto firmato dai rappresentanti presenti a Vienna deve essere ancora approvato – dove richiesto – dai parlamenti nazionali. Secondo una recente legge statunitense, il Congresso avrà ora a disposizione fino a 60 giorni di tempo per approvare l’accordo, un periodo abbastanza lungo che potrebbe essere sufficiente ai Repubblicani per contestare alcuni punti chiave dell’accordo. Nel suo discorso per annunciare l’accordo, Barack Obama ha detto che imporrà il proprio veto su qualsiasi provvedimento del Congresso che possa limitare o annullare l’accordo.

Sembra invece diversa la situazione dell’Iran. I rappresentanti iraniani a Vienna, tra cui il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, avevano già interrotto i colloqui per tornare nel loro paese e sottoporre le proposte del gruppo 5+1 al loro governo, probabilmente anche alla Guida Suprema Ali Khamenei, la massima autorità politica e religiosa in Iran. È quindi molto improbabile che l’accordo definitivo firmato a Vienna verrà messo in discussione in Iran, nonostante nel paese ci sia una parte politica molto conservatrice e intransigente nei confronti dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti. Il raggiungimento dell’accordo può anche essere considerato una vittoria per i paesi europei coinvolti nei negoziati, oltre che per Federica Mogherini, il capo della diplomazia europea che ha investito molto su questi colloqui.

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