Dalla Grecia alla Cina

by redazione | 11 Luglio 2015 10:03

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Final­mente si parla della Gre­cia. Dopo anni in cui par­lare delle sof­fe­renze del popolo greco, dell’austerità, delle dina­mi­che del debito era cer­care di sfon­dare un muro di indif­fe­renza, le sca­denze del debito e la rapida cam­pa­gna del refe­ren­dum che ha visto un’ampia vit­to­ria del No hanno por­tato il dibat­tito dappertutto.

Incre­di­bil­mente l’Italia si risve­glia con un numero incom­men­su­ra­bile di «esperti» di eco­no­mia greca: chiun­que si sente in grado di dis­ser­tare sulla poli­tica di Tsi­pras, dell’esito del nego­ziato, delle pen­sioni ecces­sive, e simili. Nei bar, in strada, sui posti di lavoro. Su inter­net i siti di infor­ma­zione più get­to­nati pre­sen­tano i loro bravi dos­sier «la crisi greca spie­gata bene».

E non biso­gna troppo stu­pir­sene per­ché siamo di fronte alla pos­si­bile dis­so­lu­zione dell’unione mone­ta­ria. «Non ho dubbi: que­sto è il momento più cri­tico della sto­ria dell’Unione Euro­pea». A D. Tusk (pre­si­dente del Con­si­glio euro­peo) ripor­tato dal Tele­graph piace drammatizzare.

Ma la stampa finan­zia­ria inter­na­zio­nale sem­bra presa da altro. «Azioni cinesi: la crisi finan­zia­ria che ha can­cel­lato tre tri­lioni dai mer­cati finan­ziari» (The Indi­pen­dent), «Il crollo del mer­cato cinese è una dop­pia minac­cia» (New York Times), «La crisi finan­zia­ria dav­vero pre­oc­cu­pante sta avve­nendo in Cina, non in Gre­cia» (Tele­graph). L’invincibile tigre asia­tica, capace di rega­lare all’economia glo­bale tassi di cre­scita a dop­pia cifra, a quanto pare sta vivendo il suo 1929.

L’evoluzione della situa­zione in Cina suscita com­pren­si­bili ner­vo­si­smi. Si tratta di un’economia ancora molto con­trol­lata dalle auto­rità, ma anche for­te­mente inte­grata nel sistema finan­zia­rio inter­na­zio­nale e a livello eco­no­mico. I con­trac­colpi pos­sono essere poderosi.

Forse qual­cuno potrebbe ricor­darsi che il sistema finan­zia­rio in sé non è molto sta­bile. Nella sua Rela­zione Annuale la Banca dei Rego­la­menti Inter­na­zio­nali (orga­niz­za­zione inter­na­zio­nale di Basi­lea, espres­sione delle ban­che cen­trali più potenti al mondo) dedica un intero capi­tolo alla que­stione. Si sostiene che “Un impor­tante difetto del sistema attuale è che tende ad aumen­tare il rischio di squi­li­bri finan­ziari», «l’integrazione dei mer­cati finan­ziari a livello inter­na­zio­nale tende a raf­for­zare que­ste dina­mi­che». Segue un acco­rato appello alla coo­pe­ra­zione internazionale.

Per capire di che natura siano i rimedi neces­sari può essere d’aiuto un’altra noti­zia com­parsa in que­sti giorni: «Il sistema finan­zia­rio Usa è solido ma le riforme devono con­ti­nuare, sostiene il Fmi». (Los Ange­les Times).

Tali riforme – la cui pero­ra­zione pro­viene dal Fondo, uno dei bastioni più temi­bili dell’ortodossia mone­ta­ria mon­diale – non sono altro che l’attuazione della legge Dodd-Frank, la stan­gata di Obama sulla finanza.

Cri­ti­cata da molto che vole­vano di più ma che ha saputo rac­co­gliere l’elogio di Luciano Gal­lino: «Biso­gna rico­no­scere che dopo un tren­ten­nio di dego­la­men­ta­zione del sistema finan­zia­rio, si tratta del primo prov­ve­di­mento su larga scala che la poli­tica e lo stato abbiano adot­tato al fine di sot­to­porre tale sistema a regole capaci di limi­tarne lo stra­po­tere e sta­bi­lirne le mol­te­plici responsabilità».

Nel sostan­zioso «Finan­cial System Sta­bi­lity Assess­ment» di ben 111 pagine una delle isti­tu­zioni mone­ta­rie più con­ser­va­trici rac­co­manda l’attuazione di quello che i repub­bli­cani hanno cer­cato di bloc­care in ogni modo.

Regole capaci di limi­tare lo stra­po­tere finan­zia­rio. In assenza delle quali il sistema con­ti­nuerà a gene­rare crisi e bolle ieri in Europa, oggi in Cina, e chissà dove domani.

* Nuova finanza pubblica

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