Governo Renzi. La svolta del gambero

Ombre legate alle «clausole di salvaguardia» per compensare i regali fatti agli imprenditori indirizzati ad assumere i lavoratori a «indennità crescenti».
Si tratta di quasi 20 mld di tagli ai servizi da reperire il più velocemente possibile, a cui dovrebbero aggiungersi i tagli necessari per le velleitarie proposte di Renzi, fatte all’assemblea del Pd, per ridurre ulteriormente le tasse: Irap, Ires, Irpef per famiglie e pensioni.
Caspita! Renzi supera il maestro Berlusconi: «Adesso diventiamo il primo partito che le tasse le riduce davvero. Una vera e propria sforbiciata che, però non vedrà un aumento del debito: dal 2016 l’Italia sarà tra i pochi paesi a rispettare il parametro del 3%».
Probabilmente dobbiamo abituarci ai toni esagerati di Renzi post-accordo Troika-Grecia. Quando sei marginalizzato da qualsiasi decisione importante, per uscire dall’anonimato sei costretto ad attrarre l’attenzione degli interlocutori:
- esasperando le politiche d’austerità che piacciono ai nord-europei;
- prefigurando scenari economici eclatanti per rassicurare i cittadini.
La realtà dell’Italia è, purtroppo, drammatica e paradossalmente a tratti peggiore di quella greca. Peggiore per silenzio e inconsapevolezza, colpevole o indotta: viviamo in un paese provato, che nessuno vuole od osa rappresentare per quello che è. Troppi i giornalisti e opinionisti genuflessi al comando.
Nemmeno le storiche istituzioni dello Stato riescono a modificare il corso del dibattito e, spesso, sottacciono l’inadeguatezza della struttura del paese, in primis della classe dirigente; rinunciando persino a quel ruolo, a suo modo severo, di richiamo ad alti principi, ormai persi.
Nessun dato economico ha registrato una controtendenza significativa.
Quando si raggiungono valori appena decenti, i soliti soloni urlano la ripresa economica e la fine della recessione. L’improbabile miglioramento dello 0,7% del PIL per il 2015, rispetto alle previsioni dello 0,5% (stiamo parlando di 0,2 punti) diventa l’occasione per sostenere che abbiamo lavorato bene.
La povertà dopo tanti anni non è aumentata? È rimasta ferma a 4 milioni: un successo delle politiche del governo.
La disoccupazione potrebbe scendere sotto la soglia psicologica del 12%? Naturalmente nel 2016. Il lascito di 7 milioni di persone disoccupate, aumentate con il governo Renzi e Letta, sono un effetto residuale. Silenzio sul numero di persone che nel calcolo del tasso di disoccupazione non entreranno nemmeno, avendo rinunciato a cercare un lavoro.
Ora riprendono gli investimenti, sostengono la Banca d’Italia e il primo ministro. Sarebbe una bella notizia se nel frattempo non avessimo perso la capacità di produrre beni strumentali adeguati alla domanda estera e interna. In altri termini, questi investimenti non sono una occasione di crescita dell’Italia, nella misura in cui incorporano conoscenza realizzata da altri paesi, e migliorano solo marginalmente la produzione made in Italy, che nel frattempo è caduta del 25%. Più precisamente, la parte nobile degli investimenti è importata proprio dai paesi con i quali dovremmo competere.
L’Italia da molto tempo non è un paese di livello europeo nella struttura produttiva. Se la Grecia ha perso il 25% di Pil con le politiche di austerità, le dinamiche di struttura dell’Italia hanno determinato una minore crescita rispetto agli altri di quasi il 15% se prendiamo come anno di riferimento l’avvio dell’euro (Maastricht).
Dovremo abituarci alla dissociazione Renzi campione nazionale e Renzi senza numero di telefono per i leader internazionali. Al momento possiamo solo tentare di spiegare la difficoltà dell’Italia. Per come stanno le cose è una rivoluzione.
* Roberto Romano è ricercatore economico e Anna Maria Variato professoressa Università di Bergamo
Related Articles
Edf non apre la trattativa per Edison “Prima il via libera del governo italiano”
La società francese ha chiesto garanzie politiche prima di tornare al tavolo con i vertici di A2a
Ischia, G7 dei ministri dell’Interno, mobilitazioni contro il vertice
Comincia oggi a Ischia il G7 dei ministri dell’Interno, preludio al passaggio di consegne della presidenza del Gruppo dall’Italia al Canada
La dama dell’austerity e l’alfiere del rilancio la nuova coppia guida per uscire dalla crisi