I nuovi ministri giurano e le banche riaprono La Grecia prende fiato

I nuovi ministri giurano e le banche riaprono La Grecia prende fiato

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ATENE. La Grecia inizia le prove tecniche di normalità. Il nuovo governo ha giurato ieri mattina e come primo segno di svolta ha disposto l’apertura da domani delle banche dopo tre settimane di serrata. I controlli di capitali restano in vigore, si possono ritirare ancora solo 60 euro al giorno e i pagamenti all’estero sono congelati. Ma gli sportelli aperti e la possibilità di cumulare i prelievi (ci si può presentare una volta alla settimana incassando 420 euro) sono un passo avanti rispetto alle lunghe code quotidiane davanti ai bancomat. E sono almeno una magra consolazione visto che da oggi partono gli aumenti dell’Iva destinati a costare 650 euro a famiglia all’anno. L’esecutivo invece è al lavoro già da ieri. I tempi imposti dal compromesso con Ue, Bce e Fmi sono stretti e i nuovi ministri non avranno nemmeno il tempo del rodaggio. Mercoledì andrà ai voti il secondo pacchetto di misure previsto dall’intesa con i creditori. Quello relativo al completamento degli interventi sulle pensioni e alla modifica della legge sulle banche. Il copione dovrebbe essere lo stesso della scorsa settimana. Alexis Tsipras – orfano del voto di 39 dissidenti di Syriza – può contare su 123 voti su 300 in aula. Il resto gli verrà garantito dall’opposizione. I socialisti del Pasok, il centro riformista di To Potami e il centrodestra di Nea Demokratia faranno da salvagente al governo fino alla firma del memorandum con l’ex-Troika. Da quel momento in poi, liberi tutti, e con ogni probabilità si tornerà a elezioni. Atene intanto fa i conti con le macerie economiche lasciate dalle prime tre settimane di controlli di capitali. I danni sono stimati fino ad ora (e senza contare gli effetti sul turismo) a circa 3 miliardi, quasi il 2% del Pil. Nei conti dei big della vendita al dettaglio c’è un buco di 600 milioni. In molte catene di grande distribuzione il giro d’affari è crollato del 70%. L’import è bloccato perché impossibile pagare i fornitori: la camera di commercio di Atene parla di 4.500 container bloccati alla frontiera con materie prime e prodotti finiti necessari per tenere in piedi l’economia nazionale. Il danno su questo fronte è di 1,8 miliardi mentre altri 240 sono andati in fumo per l’export. Il vero problema è che ben difficilmente la Grecia potrà tornare alla normalità su questo fronte. Lo stesso Mario Draghi, che con la sua iniezione di 900 milioni di crediti d’emergenza ha reso possibile l’apertura parziale delle banche, è stato molto prudente sull’addio alle restrizioni sui capitali.
«Bisogna trovare un equilibrio tra la necessità di riaprire con gradualità il sistema e quella di evitare un assalto agli sportelli». Il memorandum prevede una ricapitalizzazione da 25 miliardi per rimettere in sicurezza il credito. E qualcuno non esclude che non si chieda ai correntisti più ricchi di partecipare al salvataggio.


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LA GRECIA SIAMO NOI

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A due anni dalla denuncia dello stato comatoso delle sue finanze (ma gli interessati, in Germania e alla Bce, lo sapevano da tempo: erano stati loro a nasconderlo) la Grecia, sotto la cura imposta dalla cosiddetta Troika (Bce, Commissione europea e Fmi) presenta l’aspetto di un paese bombardato: un’economia in dissesto; aziende chiuse; salari da fame; disoccupazione dilagante; file interminabili al collocamento e alle mense dei poveri; gente che fruga nei cassonetti; ospedali senza farmaci; altri licenziamenti in arrivo; tasse iperboliche sulla casa e sfratti; beni comuni in svendita.

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