Il rim­pa­sto — e le speranze — di Tsipras

Il rim­pa­sto — e le speranze — di Tsipras

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Con un rim­pa­sto gover­na­tivo limi­tato e gli occhi pun­tati alle urne per even­tuali ele­zioni anti­ci­pate, non­ché ai soldi neces­sari per pagare lunedì mat­tina Bce e Fmi, Tsi­pras cerca di far fronte alla crisi di governo e con­tem­po­ra­nea­mente di Syriza (ancora unita, ma piena di tur­bo­lenze e scon­tri interni). Il nuovo ese­cu­tivo ha due com­piti che sono oppo­sti e si approv­vi­gio­nano a vicenda: da una parte ha l’obbligo di appli­care con­tro­vo­glia un memo­ran­dum pesante che creerà ulte­riori disagi e scon­tri sociali, oltre che reces­sione e dall’altra deve far fronte alla crisi uma­ni­ta­ria, appli­cando poli­ti­che che sem­brano aver messo in secondo piano il «pro­gramma di Salonicco».

L’annuncio del rim­pa­sto è stato posti­ci­pato di alcune ore a causa di cin­que grandi incendi dolosi nel Pelo­pon­neso del sud, dove sono stati eva­cuati alcuni paesi e l’altro alla peri­fe­ria di Atene.

Tsi­pras ha dovuto cam­biare per poche ore la sua agenda, ma il tempo stringe e i nomi del nuovo con­si­glio dei mini­stri sono stati resi noti nella serata locale. Lunedì arriva la squa­dra di tec­nici delle «isti­tu­zioni» ad Atene e si aspet­tano le prime rea­zioni dai nuovi aumenti dell’imposta sull’Iva, men­tre mer­co­ledì sarà votato dal par­la­mento un altro pac­chetto di misure pesanti.

Dal governo sono stati allon­ta­nati i mini­stri ade­renti alla potente com­po­nente interna di Syriza, la «Piat­ta­forma di sini­stra», che hanno votato con­tro l’accordo con i cre­di­tori, ovvero il mini­stro della Ristrut­tu­ra­zione e dell’Energia, Panayo­tis Lafa­za­nis, il vice-ministro della Pre­vi­denza sociale, Dimi­tris Stra­tou­lis e il vice-ministro della Difesa, Kostas Isi­chos. Il vice-ministro degli esteri, Nikos Choun­tis, anche lui della «Piat­ta­forma di sini­stra», si è già dimesso per occu­pare un posto all’europarlamento, men­tre Nadia Vala­vani ha abban­do­nato il ruolo di vice-ministro delle finanze.

Hanno cam­biato dica­stero anche alcuni fede­lis­simi di Tsi­pras, come Panos Skour­le­tis dal mini­stero del Lavoro al mini­stero dell’Energia e Yor­gos Katru­ga­los dal mini­stero della Riforma ammi­ni­stra­tiva a quello del Lavoro. Il rim­pa­sto era una tappa quasi obbli­gata per Tsi­pras. I rap­porti di forza den­tro a Syriza non stanno «minac­ciando» il domi­nio del pre­mier, ma i voti tra i «no» (32), gli aste­nuti (6) e le assenze (1) hanno segna­lato una scossa for­tis­sima, pro­vo­cando l’indebolimento del governo ormai in mino­ranza. A livello di par­tito invece c’è addi­rit­tura un capo­vol­gi­mento: 109 sui 201 mem­bri del Comi­tato cen­trale si sono schie­rati con­tro le scelte di Tsi­pras, denun­ciando l’accordo con i cre­di­tori. Il giorno della vota­zione al par­la­mento i «coe­renti« come si auto­de­fi­ni­scono i dis­si­denti, «poco respon­sa­bili» secondo altri diri­genti di Syriza, hanno detto che il loro «no» all’accordo non avrebbe com­por­tato sfi­du­cia nei con­fronti del governo.

Tsi­pras ha spe­ci­fi­cato che «que­sta scelta dei nostri com­pa­gni inde­bo­li­sce il primo governo delle sini­stre nella sto­ria del paese». Indi­ca­tivo circa la dif­fi­cile situa­zione in cui si trova il pre­mier, è stata la con­sta­ta­zione di non avere «volon­tari» di Syriza dispo­sti a pren­dersi un dica­stero. La neces­sità di appli­care misure restrit­tive pesanti e anti­po­po­lari e l’eventualità di un ricorso anti­ci­pato alle urne il pros­simo autunno che non è stato affatto escluso dal pre­mier Tsi­pras e dal mini­stro degli interni, Nikos Vou­tsis, hanno reso poco «attraente» la pol­trona di un ministero.

Inol­tre c’è un altro fat­tore altret­tanto impor­tante che riguarda la società. Basta ricor­dare le imma­gini di piazza Syn­tagma, quasi dimen­ti­cate durante l’era di Syriza, che hanno fatto il giro del mondo. Il cam­bio improv­viso di rotta del pre­mier ha avuto come con­se­guenza la rot­tura di un’alleanza sociale finora ampia. L’affidabilità della sini­stra come valore morale indi­scusso è stata messa in dub­bio. Lo scio­pero e le pro­te­ste orga­niz­zate dalla Con­fe­de­ra­zione dei dipen­denti pub­blici (Adedy) e dal Pame, il sin­da­cato del Kke, rispec­chiano — in parte — il mal­con­tento e la rab­bia dei greci.

E pure gli scon­tri tra i soliti gruppi di anar­chici e i poli­ziotti anti­som­mossa che hanno fatto largo uso di lacri­mo­geni, non sono pra­ti­che di un governo delle sini­stre e hanno finito per irri­tare i gio­vani atti­vi­sti di Syriza che hanno con­si­de­rato respon­sa­bile il mini­stro della Pro­te­zione del cit­ta­dino, Yanis Panous­sis. Il «ribal­tone» di Tsi­pras neces­sa­rio per sal­va­guar­dare il Paese da un disa­stro ancora più grande rispetto al nuovo memo­ran­dum, ha scom­pi­gliato anche la vita poli­tica del Paese. L’opposizione (Nea Dimo­kra­tia, Potami, Pasok) appog­gia il governo, men­tre alti diri­genti della sini­stra radi­cale greca si sono oppo­sti. Le con­se­guenze potreb­bero essere pesanti. Intanto, dopo tre set­ti­mane di chiu­sura, lunedì pros­simo le ban­che ria­pri­ranno, anche se si con­ti­nuerà a poter pre­le­vare solo 60 euro al giorno.



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