La Confindustria tede­sca: “Giù il muro delle 8 ore”

La Confindustria tede­sca: “Giù il muro delle 8 ore”

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Se otto ore vi sem­bran poche: l’antico canto di lotta torna di attua­lità. Almeno in Ger­ma­nia, dove l’organizzazione dei datori di lavoro (Bun­de­sve­rei­ni­gung der deu­tschen Arbeit­ge­ber­ver­bände, Bda) ha chie­sto al governo di abo­lire il limite di otto ore gior­na­liere pre­vi­sto dalla legge che disci­plina l’orario dei lavo­ra­tori dipen­denti. Una norma-simbolo per la sto­ria del movi­mento ope­raio e uno dei (non molti) argini rima­sti al domi­nio asso­luto delle «ragioni dell’impresa» sulla vita delle per­sone. «Per gua­da­gnare più spa­zio di mano­vra e per rispon­dere meglio alle neces­sità azien­dali, la legge sull’orario di lavoro dovrebbe pre­ve­dere un limite mas­simo set­ti­ma­nale al posto di quello gior­na­liero»: que­sta la tesi fon­da­men­tale con­te­nuta in un docu­mento dif­fuso nei giorni scorsi dalla Bda. La «riforma», secondo l’associazione padro­nale, por­te­rebbe anche «a una migliore con­ci­lia­zione fra lavoro e fami­glia», nell’interesse degli occupati.

Le rea­zioni non si sono fatte atten­dere. Per il sin­da­cato non se ne parla nem­meno: il segre­ta­rio gene­rale della Con­fe­de­ra­zione uni­ta­ria Dgb, Rei­ner Hof­f­mann, ha dura­mente cri­ti­cato la pro­po­sta della Con­fin­du­stria tede­sca, che ha accu­sato di voler tor­nare all’Ottocento. «Spac­ciano per moderno qual­cosa che dan­neg­ge­rebbe l’economia: tutti gli studi mostrano che dopo otto ore al lavoro la pro­dut­ti­vità dimi­nui­sce molto, qua­lun­que sia la man­sione che si sta svol­gendo», ha spie­gato Hof­f­mann in un’intervista alla radio pub­blica Mdr. E non solo l’abolizione del limite di otto ore è da respin­gere, ma per il lea­der della Dgb già attual­mente la mag­gio­ranza degli occu­pati tede­schi subi­sce cari­chi di lavoro ecces­sivi: «Il 57% ha un ora­rio set­ti­ma­nale supe­riore alla media defi­nita dai con­tratti col­let­tivi, pari a 37,7 ore».

Chiu­sura anche da parte del governo: «Una modi­fica della legge sull’orario di lavoro non è in pro­gramma» ha fatto sapere il mini­stero del lavoro gui­dato dalla social­de­mo­cra­tica Andrea Nahles. E tut­ta­via, forse per non scon­ten­tare troppo l’associazione padro­nale, la chiu­sura non è poi così totale: lo stesso dica­stero fa sapere che «la que­stione dell’organizzazione del tempo di lavoro farà parte di un libro bianco che sarà ela­bo­rato nei pros­simi mesi». Quindi: per adesso no, poi chi lo sa.

Dif­fi­cile imma­gi­nare, comun­que, che la mini­stra Nahles voglia ini­mi­carsi troppo il sin­da­cato: la ricu­ci­tura del rap­porto con le orga­niz­za­zioni dei lavo­ra­tori è uno dei punti fermi della «nuova» Spd dopo la rot­tura ai tempi del can­cel­liere Gerhard Schrö­der e delle sue «riforme» di tipo neoliberale.

Un punto di fri­zione, in realtà, già c’è. E nem­meno di pic­cole dimen­sioni. Sul trat­tato tran­sa­tlan­tico di libero scam­bio Usa-Ue (il fami­ge­rato Ttip), il movi­mento sin­da­cale è molto cri­tico, men­tre il vice­can­cel­liere e mini­stro dell’industria Sig­mar Gabriel, che della Spd è il lea­der, spinge sull’acceleratore. La Dgb, come tutto il movi­mento inter­na­zio­nale che si batte con­tro il trat­tato, teme che l’accordo possa por­tare all’ulteriore abbas­sa­mento degli stan­dard di tutela dei lavo­ra­tori (e dei con­su­ma­tori) in Europa, che ver­reb­bero livel­lati verso il basso al fine di eli­mi­nare le cosid­dette «bar­riere non tarif­fa­rie» al libero com­mer­cio. E un esem­pio del futuro che potrebbe atten­derci è dato dalla vicenda della T-Mobile Usa, impresa della tele­fo­nia cel­lu­lare che opera in Ame­rica ma che è con­trol­lata dalla tede­sca Deu­tsche Telekom.

In breve: la T-Mobile Usa viola siste­ma­ti­ca­mente i diritti sin­da­cali dei suoi dipen­denti, ricor­rendo al mob­bing e a licen­zia­menti per rap­pre­sa­glia. Il sin­da­cato ame­ri­cano Cwa lotta, ma non basta. Per que­sto, ora il sin­da­cato tede­sco ha deciso di alzare la voce e rivol­gersi diret­ta­mente al governo di Ber­lino: la T-Mobile Usa è con­trol­lata da Deu­tsche Tele­kom, che a sua volta è ancora par­zial­mente in mano pub­blica. E quindi il governo di Angela Mer­kel, se volesse, potrebbe agire in modo tale da porre fine all’attività anti­sin­da­cale di un’impresa che, sep­pur indi­ret­ta­mente, risponde all’esecutivo tede­sco.
La fede­ra­zione dei lavo­ra­tori dei ser­vizi Ver. Di. ha lan­ciato pochi giorni fa una rac­colta firme con l’obiettivo di por­tare il caso in parlamento.



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