Processo Eternit-bis alla Consulta

by redazione | 25 Luglio 2015 8:28

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È un altro duro colpo, per quanto par­ziale, per il movi­mento con­tro l’amianto. «Que­sto pro­cesso non può essere impe­dito, se la Con­sulta desse ragione alle difese sarebbe una sorta di colpo di Stato. Sarebbe come se ogni cit­ta­dino avesse una fran­chi­gia sugli omi­cidi». Parole dure, pro­nun­ciate da Bruno Pesce di Casale Mon­fer­rato, sto­rico coor­di­na­tore della ver­tenza amianto, dopo la deci­sione del gup di Torino Fede­rica Bom­pieri di sospen­dere il pro­ce­di­mento « Eternit bis», inviando gli atti alla Corte costi­tu­zio­nale che dovrà espri­mersi su una que­stione di legit­ti­mità. Il pro­cesso, che vede impu­tato il magnate sviz­zero Ste­phan Sch­mi­d­heiny per l’omicidio volon­ta­rio di 258 per­sone morte a causa dell’Eternit, viene dun­que inter­rotto in attesa di una pro­nun­cia della Con­sulta.
La Corte si espri­merà sulla legit­ti­mità dell’articolo 649 del codice di pro­ce­dura penale e sulla con­for­mità alle norme della Con­ven­zione euro­pea dei diritti dell’uomo per quanto riguarda il prin­ci­pio «ne bis in idem» (let­te­ral­mente non due volte per la mede­sima cosa). È il divieto di pro­ces­sare la stessa per­sona per la stessa fat­ti­spe­cie di reato.
Nel primo pro­cesso all’imputato era stato con­te­stato il disa­stro ambien­tale, ora l’omicidio volon­ta­rio. «Rite­niamo che non ci sia un con­tra­sto con la con­ven­zione euro­pea», ha affer­mato il pm Raf­faele Gua­ri­niello, che guida l’accusa insieme al col­lega Gian­franco Colace. La Pro­cura appro­fit­terà dell’allungamento dei tempi per con­te­stare all’imprenditore sviz­zero altri 94 casi di morti legate all’amianto. Che si aggiun­ge­ranno agli attuali 258 dece­duti — tra il 1989 e il 2014 — in mag­gio­ranza a Casale Mon­fer­rato (Ales­san­dria), ma anche a Cava­gnolo (Torino) e, in parte, a Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reg­gio Emi­lia). Solo 68 sono ex lavo­ra­tori, gli altri sono resi­denti vicino ai quat­tro sta­bi­li­menti.
Sod­di­sfatta del prov­ve­di­mento del gup la difesa. «Il tema del ne bis in idem lo ave­vamo sol­le­vato noi», ha sot­to­li­neato l’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei difen­sori Sch­mi­d­heiny. Stu­pore, invece, da parte dei fami­liari delle vit­time. «Essere così delusi dalla Cas­sa­zione è dura da dige­rire e anche la deci­sione di oggi fa male per­ché a Casale la gente con­ti­nua a morire», ha detto Romana Bla­sotti, pre­si­dente dell’associazione fami­liari vit­time amianto, Afeva. «La sto­ria di Casale – ha aggiunto – è arri­vata in tutto il mondo, ma la giu­sti­zia non è ancora arri­vata ai respon­sa­bili». E a pro­po­sito di «ne bis in idem», Bruno Pesce ha spie­gato: «Credo che per un cit­ta­dino sia incom­pren­si­bile il fatto che si possa esclu­dere un pro­cesso per omi­ci­dio dopo uno per disa­stro. Sicu­ra­mente si allun­gano i tempi e la sof­fe­renza, ma ci siamo abi­tuati».
Per Cgil, Cisl e Uil di Casale e per l’Afeva è una deci­sione che «non cor­ri­sponde alla realtà tanto sto­rica quanto pro­ces­suale» della vicenda dell’Eternit, soste­nendo come, se il disa­stro nella realtà con­ti­nui (50 casi di meso­te­lioma all’anno nella città pie­mon­tese), i reati con­tem­plati nelle aule di tri­bu­nale siano diversi. «Vale la pena ricor­dare che la stessa Cas­sa­zione, all’indomani della sen­tenza aveva pre­ci­sato che quel pro­ce­di­mento non riguar­dava i decessi delle per­sone ma solo il disa­stro ambien­tale, non giun­gendo quindi ad un giu­di­zio asso­lu­to­rio». Nella delu­sione, pro­vano a leg­gere lo stop in chiave posi­tiva: «Come dice il pro­ver­bio, a volte, non tutti i mali ven­gono per nuo­cere. L’accoglimento della que­stione di legit­ti­mità costi­tu­zio­nale in que­sta fase evita che sia ripro­po­sta nelle fasi suc­ces­sive del pro­ce­di­mento. In altre parole si può spe­rare che una volta risolta il pro­ce­di­mento possa pro­se­guire spe­dito senza inter­ru­zioni fino alla con­clu­sione». Afeva e sin­da­cati con­cor­dano: «Da parte nostra con­ti­nue­remo ad avere piena fidu­cia nella giu­sti­zia e nella lotta fino all’affermazione della verità attra­verso una giu­sta sen­tenza».
Il sin­daco di Casale Mon­fer­rato, la città più mar­to­riata dalla fibra kil­ler con i suoi due­mila morti, com­menta così la scelta del gup: «La strada è ancora in salita, ma con­ti­nue­remo a per­se­ve­rare per avere giu­sti­zia. La città ha dimo­strato più volte una ferma deter­mi­na­zione. Con­ti­nue­remo, tutti uniti e a fianco dei cit­ta­dini, a cer­care giustizia».

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