“Reddito per i deboli il Friuli laboratorio ora dialogo con M5S”

“Reddito per i deboli il Friuli laboratorio ora dialogo con M5S”

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ROMA. «Sono molto contenta», dice Debora Serracchiani, presidente del Friuli, vicesegretario del Pd. «La nostra Regione può diventare un laboratorio per le politiche di contrasto alla povertà». Tre giorni fa il Consiglio regionale ha approvato l’introduzione della “misura attiva per l’inclusione sociale” con il voto a favore di Pd, Sel e anche del M5S. Un assegno che può arrivare al massimo a 550 euro al mese per un anno, destinato ai nuclei familiari con un Isee fino a 6 mila euro.
Presidente, l’istituto che avete introdotto ricorda molto il reddito di cittadinanza sostenuto dal M5S contro il quale si è scagliato il presidente del Consiglio Renzi nonché segretario del Pd. Perché quello che si può fare in Friuli non si può fare a Roma?
«Non è così. Sono due istituti assolutamente diversi».
Che differenza c’è?
«Il reddito di cittadinanza è destinato ad una platea indistinta, ha una natura fortemente assistenziale, e costa tantissimo: a livello nazionale circa 20 miliardi di euro l’anno. La “misura attiva” ha un obiettivo diverso: quello di combattere la povertà. Ed è costruita sulla base di un patto tra la Regione e il cittadino in difficoltà temporanea. Il patto consiste in questo: il sostegno al reddito viene dato in cambio dell’impegno della persona a fare tutto ciò che è necessario per riqualificarsi per poter entrar nel mercato del lavoro ma anche dell’impegno, per esempio, a mandare i figli a scuola. Si punta all’inclusione di persone che si trovano in difficoltà».
Questo patto potrebbe essere previsto anche con il reddito di cittadinanza. Non crede?
«Il reddito di cittadinanza è molto più lasco. È un aiuto che va a tutti, non è mirato all’inclusione sociale».
A proposito del reddito di cittadinanza Renzi ha parlato “della cosa meno di sinistra che esista”, di “una follia”, di un istituto “incostituzionale”. Lei è d’accordo?
«Sì, sono d’accordo. Aggiungo che è stato importante anche cambiare, con il Jobs act, l’approccio agli ammortizzatori sociali. Prima si dava la cassa integrazione alle persone perché stessero a casa, ora bisognerà impegnarsi per riqualificarsi ».
Sì, ma tutto dipenderà dall’efficacia delle politiche attive per il lavoro. Per ora gli impegni sono solo sulla carta.
«Ci sono i decreti attuativi del Jobs act. E noi siamo la prima Regione che da oggi (ieri per chi legge, ndr ) ha riportato i centri per l’impiego sotto la direzione regionale e ha assorbito tutti i relativi dipendenti provinciali».
In ogni caso l’Italia, con la Grecia, è tra i Paesi europei che non ha un istituto simile al reddito di cittadinanza.
«È vero ma sia la Francia che i paesi del nord Europa hanno sistemi di tutela molto diversi dal nostro, la prima con al centro la famiglia, i secondi con al centro il lavoro».
Non pensa, per esempio, che la misura adottata in Friuli possa essere estesa a livello nazionale? Ne ha parlato con Renzi?
«Intendo parlargliene. D’altra parte il presidente del Consiglio ha annunciato interventi per combattere la povertà».
Può essere questo un terreno di dialogo non solo con Sel ma anche con il Movimento di Grillo?
«Penso di sì. In Friuli abbiamo fatto un gran lavoro di ascolto. Il M5S ha votato la legge pur non avendola firmata e mi dispiace che il centrodestra abbia votato contro. Su questi temi non credo ci possano essere divisioni. Nella lotta alla povertà, parola che sono qualche tempo fa non avremmo nemmeno usato in una regione come il Friuli, bisogna mettere in campo tutte le possibili misure, convenzionali e non convenzionali ».


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