Siamo tutti figli del logos Ecco perché la Grecia resterà sempre la miglior patria d’Europa

Siamo tutti figli del logos Ecco perché la Grecia resterà sempre la miglior patria d’Europa

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Può l’Europa fare a meno della Grecia? Se la domanda fosse stata rivolta a uno qualsiasi dei protagonisti della cultura europea almeno dal Petrarca in poi, questi neppure ne avrebbe compreso il significato. La patria di Europa è l’Ellade, la “migliore patria”, avrebbe risposto, come verrà chiamata da Wilhelm von Humboldt, fondatore dell’Università di Berlino. Filologia e filosofia si accompagnano, magari confliggendo tra loro, nel dar ragione di questa spirituale figliolanza. Non si tratta affatto di vaghe nostalgie per perdute bellezze, né di sedentaria erudizione per un presunto glorioso passato, coltivate da letterati in vacua polemica con il primato di Scienza e Tecnica. Oltre le differenze di tradizione, costumi, lingue e confessioni religiose che costituiscono l’arcipelago d’Europa, oltre l’appartenenza di ciascuno a una o all’altra delle sue “isole”, si comprende che il logos greco ne è portante radice, che non si intende il proprio parlare, che si sarà parlati soltanto, se non restiamo in colloquio con esso. Quel logos ci raccoglie insieme e ha informato di sé la storia,il destino di Europa. Ciò vale per pensatori e movimenti culturali opposti, per Hegel come per Nietzsche.Vale per scienziati come Schroedinger, Heisenberg, Pauli. Vale anche per coloro che si sforzano di pensare ciò che nella civiltà europea resterebbe non-pensato o in-audito: anche costoro non possono costruire la propria visione che nel confronto con quella greca classica. Per la cultura europea, dall’Umanesimo alle catastrofi del Novecento, la memoria della “migliore patria” è tutta attiva e immaginativa: non si dà formazione, non può essere pensata costruzione-educazione della persona umana nella integrità e complessità delle sue dimensioni senza l’interiorizzazione dei valori che in essa avrebbero trovato la più perfetta espressione. Un grande filosofo, Edmund Husserl, li ha riassunti in una potente prospettiva: nulla accogliere come quieto presupposto, tutto interrogare, procedere per pure evidenze razionali, regolare la propria stessa vita secondo norme razionali, volere che il mondo si trasfiguri teleologicamente in un prodotto della vita di questo stesso sapere. Una follia? Forse — ma una follia che ha veramente finito col dominare il mondo. Eurocentrismo? Certamente — ma autore dell’occidentalizzazione dell’intero pianeta.
La Grecia non assume più per noi alcun rilievo culturale e simbolico? Possiamo ormai contemplarla come l’Iperione di Hölderlin dalle cime dell’istmo di Coritno: «lontani e morti sono coloro che ho amato, nessuna voce mi porta più notizie di loro»? Come è spiegabile un simile sradicamento? L’anima bella “progressista” risponde con estrema facilità: quell’idea di formazione che aveva la Grecia al suo centro era manifestamente elitaria, anti-democratica; la sua fine coincide con l’affermazione dei movimenti di massa sulla scena politica europea. Io credo che la risposta sia ancora più semplice, ma estremamente più dolorosa. Tra l’ora attuale( noi, i “moderni”!) e la “patria migliore” c’è il suicidio d’Europa attraverso due guerre mondiali. L’oblio dell’Ellade è il segno evidente della fine d’Europa come grande potenza. Si badi: grande potenza è anche lo Stato o la confederazione di Stati che intendano diventarlo. Essi dovranno, infatti, dotarsi tanto di armi politiche ed economiche quanto di una strategia volta alla formazione di classe dirigente e di una cultura egemonica. Sempre così è stato e sempre così avverrà. Quando vent’anni fa scrivevo Geofilosofia dell’Europa e L’Arcipelago ancora speravo che questo arduo cammino si potesse intraprendere. E ci si risparmi la fatica di ripetere che non è affatto necessario che ciò si realizzi nel senso di una volontà di potenza sopraffattrice. L’Europa può ora pensare di dimenticare la Grecia, perché rinuncia a svolgere una grande politica, la quale può fondarsi soltanto sulla coscienza di costituire un’unità di distinti, aventi comune provenienza e comune destino. Se questa coscienza vi fosse stata, avremmo avuto una politica mediterranea, piani strategici di sostegno economico per i Paesi dell’altra sponda, un ruolo attivo in tutte le crisi mediorientali. E avremmo avuto grandi interventi comunitari per la formazione, gli investimenti in ricerca, l’occupazione giovanile. Tutto si tiene. Una comunità di popoli capace di svolgere un ruolo politico globale non può non avere memoria viva di sé, memoria di ciò che essa è nella sua storia, e non di un morto passato.
Tutti miti — diranno gli incantati disincantati dell’economicismo imperante. So bene — l’Europa attuale è quella costruita sulla base delle necessità economico- finanziarie. Gli staterelli europei usciti dalla seconda Guerra non avrebbero potuto sopravvivere senza l’unità del denaro. Oggi la Grecia grida al mondo che una tale unità non produce di per sé alcuna comunità politica. Se pensiamo all’Europa come a un colossale Gruppo finanziario, allora è “giusto” che una delle sue società di minore peso ( magari mal gestita, da un management inadeguato) possa tranquillamente essere lasciata fallire. L’importante è solo che non contagi le altre. Ma se l’Europa vuole ancora esistere in quanto tale, e non disfarsi in egoismi, nazionalismi e populismi, deve sapere che la Grecia appartiene al suo mito fondativo, e che nessuna credenza è più superstiziosa di quella, apparentemente così ragionevole e “laica”, che ritiene il puro calcolemus senso, valore e fine di una comunità.


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Febbraio 1953. La Repubblica federale tedesca (Rft) è schiacciata dal peso del debito pubblico e minaccia di trascinare nel gorgo anche gli altri paesi europei. Preoccupati per la propria salvezza, i suoi creditori – tra cui la Grecia – prendono atto di un fenomeno che può essere una sorpresa solo per i liberisti: la politica di «svalutazione interna», cioè la riduzione dei salari, non assicura affatto il rimborso degli importi dovuti, anzi. Riuniti a Londra in un vertice straordinario, 21 paesi decidono di rimodulare le pretese.

15 comments

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  1. Paolo
    Paolo 1 Luglio, 2015, 20:15

    Molti sembrano, in questo tragico tramonto dell’Occidente, figli di molta Metis, e poco Logos. Non esclusi “primi” ministri e filosofi.

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  2. Paolino
    Paolino 2 Luglio, 2015, 09:57

    E anche Cacciari è convinto che ad Atene governi ancora Pericle. Quella Grecia non esiste più. La conosciamo perché gli archeologi tedeschi, britannici e francesi l’hanno ricoperta. Altrimenti, si trattava di materia per calce per i greci, o di bersagli per il tiro a segno per i veneziani e i turchi.

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    • Karina
      Karina 2 Luglio, 2015, 19:16

      Lei ‘e ….. Ignorante . Mi dispiace moltissimo leggere certe cose sopratutto da un Italiano .

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    • Giovanni
      Giovanni 2 Luglio, 2015, 23:48

      Signor Paolino,
      rispetto, ma non condivido la sua opinione. Cacciari sa benissimo che ad Atene non governa più Pericle, che quella Grecia non esiste più fisicamente, ma esiste spiritualmente. Coloro che lo hanno, e purtroppo lo stanno ancora ignorando, stanno facendo il tiro a segno con il popolo greco, e presto lo faranno anche con noi. Alla fine questi criminali faranno il tiro a segno con se stessi. Infatti, la storia dimostra che coloro che vogliono proliferare sulle disgrazie dei più deboli non riescono mai a fermarsi prima che la voragine da loro provocata inghiotti anche loro stessi. Il richiamo di Cacciari, e di coloro che come lui comprendono il significato della storia e del messaggio che ci tramanda, è un richiamo alla ragione, ad un agire politico che tolga a questi signori il potere di portarci alla rovina.

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    • Teo
      Teo 1 Luglio, 2016, 17:41

      Sig.Paolino
      Ringrazia piuttosto i greci per aver consentito a lei e tanti come lei di poter ideare (????) ed esprimere (?????) le proprie opinioni. Senza di loro non avrebbe mai potuto farlo.

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  3. Antonio
    Antonio 2 Luglio, 2015, 11:00

    Il grido accorato di un intellettuale che avrà molte attestazioni di stima ma pochissimo seguito tra chi potrebbe fare qualcosa.
    Ma è da molto tempo che l’Europa (o meglio: il suo cenotafio) ha rinunciato al Logos, per seguire le tracce di un tecnicismo neo-positivista che ha assunto valenze ideologiche pari a quelle di una rieducazione da laogai.
    E non posso non pensare agli altrettanto accorati -e altrettanto disattesi- appelli di papa Ratzinger per il recupero del Logos e del dialogo ermeneutico basato sulla ragione. Questa Europa non si rende conto che non si può nascere senza un passato (curioso, il parallelismo con quanto sta accadendo in altri ambiti: che l’Europa soffra di un gigantesco complesso di Edipo? La rimozione delle radici culturali muove forse dallo stesso animus che spinge a voler cancellare le figure genitoriali e l’ambito familiare?), e che questo passato non può prescindere dalla Grecia.
    Ma sono discorsi inutili: sia pure in tempi di crisi come questi, con tutto ciò che hanno lucrato negli anni delle “vacche grasse” banche e Paesi forti potrebbero salvare non una, ma tre Grecia senza problemi. Non ne hanno intenzione, perché non esiste un Europa unita e solidale, ma solo un mercato in cui chi è più forte cerca di sfruttare le debolezze altrui.
    Io spero solo che Tsipras (che politicamente è molto, molto lontano da me) abbia il coraggio di andare fino in fondo, dimostrando che le minacce (neanche troppo velate) e i ricatti di questi giorni sono, nei fatti, parole vuote: cosa faranno i creditori in caso di insolvenza, invaderanno la Grecia? O ne sequestreranno i beni (che poi, quali? Il Partenone? Se lo smontano per portarlo in esposizione a Berlino o a Parigi, insieme agli altri tesori depredati nei secoli scorsi?), lasciando i greci a morire di fame?
    Vada avanti, Tsipras. Dichiarare il fallimento (economico) della Grecia è l’unica strada (e forse l’ultima opportunità) per costruire davvero l’Europa: che così risorgebbe proprio lì, in quelle acque donde vergine nacque.

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  4. LoMar
    LoMar 2 Luglio, 2015, 13:04

    Concordo con le suggestioni culturali di Cacciari alla base delle sue argomentazioni. La Grecia siamo tutti noi. La Grecia è ragione fondativa dell’Europa. Riconosciuto questo, si pone la domanda: quale Grecia? Quella di Pericle, di Platone, di Euripide e così via? Quella dei colonnelli? Quella di oggi dove corruzione e privilegi resistono? Il patrimonio culturale della Grecia è di per sé inattaccabile e continuerà la sua opera di contaminazione feconda. Per il resto si tratta di trovare un punto di equilibrio tra esigenze economiche ed esigenze umane, evitando, da una parte, penso all’Europa, di considerare le ragioni ideali e delle classi più povere della Grecia, e, dall’altra, penso alla Grecia del giovane leader, di varare un piano di riforme strutturali che tolga o limiti i privilegi interni. Non si può vivere al di sopra delle proprie possibilità o scaricando sugli altri sprechi, corruzione, mancanza di regole eccetera. Recuperare l’Europa dei popoli è urgente per rilanciare un’Idea, ma questa deve camminare sulle gambe e non soltanto sulla fantasia.

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  5. carlo
    carlo 3 Luglio, 2015, 13:25

    riflessione acuta ma non è questo che salverà l’Europa dalla visione finanziaria del mondo. Magari proprio chi tenta dii alzare il livello del dibattito non si accorge ( oppure è d’accordo ) che USA fa grandi pressioni su Europa affinché adotti comportamenti commerciali per isolare la Russia. Con grandi danni economici per i paesi del Sud Europa . Se non si inquadra la politica europea – comprese le scelte verso la Grecia – in una visione geopolitica globale, con particolare attenzione alle risorse energetiche, non si comprende fino in fondo la storia di questo particolare periodo.

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  6. francesca
    francesca 3 Luglio, 2015, 22:54

    Trovo la chiusura del discorso di Tsipras di stasera “con integrità, audacia e libertà” più formato e democraticamente più onesto e libero di “libertà, uguaglianza, fratellanza”.

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  7. spazioroby
    spazioroby 3 Luglio, 2016, 09:17

    dov’è il Foro, la Piazza, il Partenone, la Scuola, l’Albero alla cui ombra ragionare?Facebook?

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  8. Daniele
    Daniele 3 Luglio, 2016, 10:51

    Il solito predicozzo cacciariano, si fosse impegnato anche solo di stiscio della costruzione dell’Europa del suo senso del suo esistere, avese contribuito ad un dibattito con i più lucidi e consapevoli visinari europei, ne avrebbe l’autorità, ma ha preferito governare male il declino della sua città, aiutandola a sprofondare per sempre nell’oblio dopo mille anni di storia.

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