Tornano i muri nell’Europa centrale

Tornano i muri nell’Europa centrale

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A meno di un mese dall’annuncio della costru­zione di un stec­cato alto quat­tro metri sui 175 chi­lo­me­tri di fron­tiere con la Ser­bia, il par­la­mento unghe­rese ha appro­vato lunedì 7 luglio la Legge, che per­met­terà la costru­zione del nuovo muro. A favore 151 depu­tati di Fidesz, il par­tito di mag­gio­ranza del pre­mier – padrone Vik­tor Orban, men­tre votano con­tro 41 par­la­men­tari delle oppo­si­zioni socia­li­ste e libe­rali. Secondo l’esecutivo, che ieri ha con­fer­mato l’«impegno verso la deci­sione del par­la­mento», la nuova bar­riera dovrebbe ral­len­tare i flussi migra­tori pro­ve­nienti dal cor­ri­doio balcanico.

Le cifre date dal governo unghe­rese sem­brano note­voli: nei primi sei mesi avreb­bero var­cato il con­fine unghe­rese più di 63 mila migranti, quasi ven­ti­mila in più rispetto al 2014. Numeri signi­fi­ca­tivi, che fanno dell’Ungheria assieme alla Gre­cia e all’Italia uno dei prin­ci­pali var­chi d’entrata per i migranti e i rifu­giati in fuga dalle disgra­zie eco­no­mi­che, dalla guerra e dalle varie tiran­nie, che oppri­mono i quat­tro angoli del Con­ti­nente nero.

La deci­sione di costruire il muro anti-migranti ha già sca­te­nato le ire della Ser­bia, che teme che la situa­zione diventi incon­trol­la­bile al suo con­fine. “Costruire un muro non è una solu­zione e la Ser­bia non è respon­sa­bile per la situa­zione, che si è venuta a creare a causa dei migranti. Siamo solo un Paese di tran­sito,” aveva rea­gito ai piani unghe­resi il primo mini­stro serbo Alek­san­der Vucic. Tut­ta­via il governo unghe­rese si è rive­lato sordo a ogni pos­si­bile trat­ta­tiva con la Ser­bia, che è uno dei Paesi can­di­dati all’entrata nell’Unione Euro­pea. “La deci­sione di costruire il muro è legit­tima, non viola alcun trat­tato inter­na­zio­nale ed è stata già adot­tata da altri governi”, ha ribat­tuto il mini­stro degli esteri unghe­rese Peter Szijjártó.

Il rife­ri­mento, a cui fa cenno il mini­stro degli esteri unghe­rese, è ovvia­mente il muro costruito dalla Spa­gna nell’enclave di Ceuta e Melilla. Ed è per que­sto motivo pro­ba­bil­mente, che gli organi comu­ni­tari hanno tenuto basso il pro­filo rispetto al muro unghe­rese non ripe­tendo cri­ti­che forti ed espli­cite fatte ad esem­pio rispetto alla cam­pa­gna anti-immigrati del governo Orban. Il governo unghe­rese si è infatti deciso di trarre frutto fino in fondo della crisi dei migranti inse­guendo sem­pre più aper­ta­mente le posi­zioni del par­tito Job­bik, uscito vin­cente da un’elezione par­ziale per un seg­gio par­la­men­tare rima­sto vacante. Negli ultimi mesi il governo ha piaz­zato in giro per il Paese decine di car­tello con scritte, che ripro­du­cono i soliti cli­chè sui migranti riot­tosi e ruba­la­voro. Inol­tre il governo Orban ha pro­mosso una con­sul­ta­zione popo­lare sul tema dell’immigrazione, dove non man­cano que­stioni come “E’ d’accordo che errori nella poli­tica migra­to­ria por­tano a una dif­fu­sione del ter­ro­ri­smo?” oppure “E’ d’accordo con il governo che invece di stan­ziare i fondi per i migranti si dovreb­bero aiu­tare le fami­glie unghe­resi e i bam­bini nati qui?”. Nel caso del que­stio­na­rio era però inter­ve­nuto il vice­pre­si­dente della Com­mis­sione Euro­pea Frans Tim­mer­smans defi­nen­dolo “ten­den­zioso e sbagliato”.

La situa­zione unghe­rese è solo la punta dell’iceberg del clima gene­rale nel centro-est Europa. Nelle ultime set­ti­mane in nume­rose città ceche, slo­vac­che e polac­che si sono tenute mani­fe­sta­zioni con­tro l’accoglienza dei pro­fu­ghi. Una delle pro­te­ste più mas­sicce è stata la mar­cia dei hoo­li­gans a Bra­ti­slava sabato 20 giu­gno, a cui hanno par­te­ci­pato circa cin­que mila per­sone. Altre pro­te­ste sono state più ridotte di numero e la mobi­li­ta­zione passa soprat­tutto su rete. Per ora nelle strade sono uscite solo le vec­chie cono­scenze della destra radi­cale, che però si sen­tono rin­gal­luz­zite da un clima nell’opinione pub­blica a loro favo­re­vole. Anche per que­sto i governo del centro-est Europa hanno chiuso le porte alla pro­po­sta della Com­mis­sione Euro­pea sulle quote di acco­glienze. E i non sono pochi i mini­stri degli interni, ispi­rati pro­ba­bil­mente dall’esempio unghe­rese, che par­lano aper­ta­mente di chiu­dere e pre­si­diare le fron­tiere. Un cam­bia­mento di clima note­vole. Fino a qual­che anno fa le fron­tiere aperte erano il sim­bolo intoc­ca­bile della caduta dei vec­chi regimi a par­tito unico e del rien­tro in Europa. Oggi non più.



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