Tsipras fa votare il piano opposizione pronta al sì rivolta dei radicali di Syriza

Tsipras fa votare il piano opposizione pronta al sì rivolta dei radicali di Syriza

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ATENE. Alexis Tsipras, chiusa la partita a Bruxelles, ne affronta ora un’altra forse più complicata: quella di Atene. Syriza è divisa e nel caos. Il governo — già salvato dalla stampella delle opposizioni tre giorni fa — rischia di perdere altri pezzi. E il premier ha meno di 48 ore di tempo per mettere assieme una maggioranza in grado di approvare tutte le riforme che i suoi predecessori non sono riusciti a fare in cinque anni. «Un pacchetto di austerità umiliante che distruggerà il paese — gli ha dichiarato guerra Panagiotis Lafazanis, ministro dell’Energia e leader della minoranza del partito — che cercheremo in tutti i modi di non fare passare».
Il dado però è tratto. E Tsipras sembra deciso a tirare dritto per la sua strada. Anche a costo di un rimpasto di governo o dell’ipotesi,
tutt’altro che improbabile, di farne nascere uno di unità nazionale con il compito di approvare la cura lacrime e sangue imposta dai creditori e portare il paese a nuove elezioni dopo l’estate. Ricucire le fila del partito e salvare l’esecutivo, lo sa anche lui, sarà difficilissimo. La maggioranza ha 162 seggi su 300 ma l’ala radicale di Syriza — forte di 30-40 voti decisivi — è sul piede di guerra. Un paio di deputati hanno già rinunciato al seggio in aula, in ossequio al codice di condotta fatto firmare ai candidati prima dalle elezioni che impone le dimissioni in caso di voti contro la disciplina di partito. E anche la presidente della Camera Zoe Konstantopoulou, la prima la scorsa settimana a mettersi di traverso al nuovo memorandum, potrebbe lasciare.
Un siluro (a metà) è arrivato pure da Panos Kammenos, ministro della Difesa e leader della destra di Anel. «Non sono d’accordo con il compromesso di Bruxelles e non posso appoggiarlo », ha detto. Il preannuncio di un “no” in aula? Probabilmente sì. Ma con uno spregiudicato esercizio di ambiguità creativa, Kammenos ha aggiunto di non aver alcuna intenzione di uscire dal governo.
Il via libera in Parlamento dei provvedimenti necessari per sbloccare gli aiuti e riaprire le banche (la chiusura è stata allungata fino a mercoledì) non dovrebbe però essere in pericolo. A garantire la maggioranza — salvo clamorose sorprese — sarà l’opposizione. «L’accordo ci consente di evitare una tragedia e fa respirare il paese — ha spiegato ieri Evangelos Meimarakis, segretario reggente di Nea Demokratia — . Ora servono senso di responsabilità e serietà da parte di tutti». Tradotto in soldoni: il centro- destra voterà sì. Lo stesso dovrebbero fare i socialisti del Pasok e To Potami: «L’accordo prevede nuovi sacrifici, nessuno lo nega — ha ammesso Stavros Theodorakis, segretario del centro riformista — Ma Tsipras ha mantenuto la promessa di mantenerci nell’euro. Spero che il Parlamento sia all’altezza delle sfide che ci aspettano ». Ergo, un altro sì. Il risultato del voto di mercoledì (e in teoria di tutti quelli necessari a implementare le riforme) dovrebbe quindi essere, pallottoliere alla mano, scontato: queste tre formazioni portano in dote 106 seggi. Al premier — al netto della defezione di Anel e dei ribelli del suo partito — basterà incassare il voto di 45 dei 149 deputati di Syriza per incassare l’ok.
Il governo, a questo punto, sarebbe formalmente a pezzi. E la strada maestra sarebbe quella di rassegnare le dimissioni, recarsi dal presidente della Repubblica e far decollare il nuovo esecutivo di salvezza nazionale nato da queste convergenze in aula. Come in fondo sogna da mesi la Troika. «Io non sono un uomo per tutte le stagioni e non sarò mai alla guida di un governo tecnico», ha detto la scorsa settimana Tsipras. Mai dire mai, però. Bruxelles ha intuito nelle ultime ore che lui è l’unico in Grecia con il capitale di credibilità politica necessario per far approvare le riforme. E quindi potrebbe chiedergli (molti dicono l’abbia già fatto) di rimanere in sella. La speranza dei creditori è che un esecutivo di questo tipo — che va dalle colombe di Syriza fino al partito di Antonis Samaras e con solo i comunisti di Kke e Alba Dorata all’opposizione — possa consolidarsi e durare nel tempo. Garantendo alla Grecia quel periodo di stabilità necessario per far decollare il pacchetto di austerity e provare a rilanciare l’economia.
Difficile tuttavia che il presidente del Consiglio accetti di farsi imbrigliare in una situazione di questo genere. Anzi. Nella serata di ieri, diceva il tam tam di Syriza, i maggiorenti di Koumoundourou stavano cercando di mettere assieme un ultimo disperato tentativo di tenere unito il partito. L’idea sarebbe quella di tirare avanti con la compagine di governo attuale facendo finta che non sia successo niente, cercando di volta in volta in Parlamento i voti necessari a tappare le defezioni dei ribelli anti- austerity. Un esecutivo di scopo destinato a dimettersi dopo l’estate una volta sbloccati gli aiuti e a portare Atene alle urne. In quel caso Tsipras potrebbe scegliere tutti i candidati, epurando chi non ha accettato in queste settimane la disciplina di partito. E se i sondaggi valgono qualcosa, potrebbe di nuovo stravincere le elezioni.


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