Ttip, ok alla nascita della «super corte»

Ttip, ok alla nascita della «super corte»

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L’Europarlamento ha appro­vato le regole per il Ttip con 436 sì (Ppe, S&D, Alde), 241 no (Gue, Verdi, destre) e 34 aste­nuti. In pra­tica sono state appro­vati le «rac­co­man­da­zioni» che inclu­dono un sistema alter­na­tivo alle con­tro­verse corti arbi­trali pri­vate per le dispute investitori-stati (il cosid­detto Isds).

Le regole in Europa — a quanto pare — val­gono per il debito greco, ma per la mag­gio­ranza del Par­la­mento euro­peo, come da para­digma orwel­lia­nio, val­gono meno. Soprat­tutto se alla mat­tina le tri­bune dell’emiciclo a Stra­sburgo hanno tra­boc­cato come mai in almeno vent’anni per Ale­xis Tsi­pras e al pome­rig­gio si deve votare la Riso­lu­zione con cui il Par­la­mento euro­peo esprime la sua valu­ta­zione sul Trat­tato tran­sa­tlan­tico di libe­ra­liz­za­zione di scambi e inve­sti­menti tra Usa e Ue.

Val­gono meno per­ché se una buona parte delle com­mis­sioni par­la­men­tari ha espresso pre­oc­cu­pa­zioni per come la Com­mis­sione euro­pea sta con­du­cendo il nego­ziato — con scarsa tra­spa­renza e con­si­de­rando ser­vizi, agri­col­tura e regole come merce di scam­bio per l’accesso al mer­cato finan­zia­rio, ener­ge­tico e degli appalti Usa — fuori dal Par­la­mento gli hanno fatto eco oltre 2 milioni di cit­ta­dini che hanno fir­mato una peti­zione che chiede lo Stop alle trat­ta­tive. E ciò fa pro­blema alla cabina di regia dell’istituzione Ue.

Il con­vi­tato di pie­tra si chiama «franco tira­tore»: da ormai da mesi le email, i pro­fili Face­book e Twit­ter degli euro­par­la­men­tari ven­gono inon­dati da migliaia di mes­saggi di cit­ta­dini che gli chie­dono di trat­tare con cura la fra­gile demo­cra­zia euro­pea e di dar voce, nella riso­lu­zione sul Ttip, alle pre­oc­cu­pa­zioni dif­fuse sul con­te­nuto di un trat­tato che mira a costruire un mer­cato comune tran­sa­tlan­tico che, valendo il 42% del Pil glo­bale, aspira a fare legge per il resto del pia­neta. Per que­sto, con una for­za­tura pro­ce­du­rale ine­dita, il pre­si­dente dell’Europarlamento il social­de­mo­cra­tico Mar­tin Schulz fa sal­tare l’emendamento 40 al testo, che avrebbe per­messo di far espri­mere l’aula sull’arbitrato inter­na­zio­nale per pro­teg­gere gli inve­sti­tori dalle deci­sioni degli Stati, il fami­ge­rato Isds, su cui pro­prio il gruppo social­de­mo­cra­tico si era spaccato.

Lo fa eser­ci­tando le pre­ro­ga­tive del pre­si­dente su un argo­mento con­tro­verso e lo fa una seconda volta, sce­gliendo di porre in vota­zione un emen­da­mento di com­pro­messo, ela­bo­rato dal suo stesso gruppo, in cui l’Isds si salva nella sostanza ma non viene più chia­mato tale, e anzi si pre­fi­gura l’introduzione di una «super corte» di giu­sti­zia impre­ci­sata nel medio periodo, che è una toppa quasi più brutta del buco alla giu­sti­zia ordi­na­ria creato con l’Isds.

Tutti gli emen­da­menti della società civile ven­gono sacri­fi­cati all’altare della «grosse koa­li­tion» popo­lare — social­de­mo­cra­tica che mai come oggi teme l’Europa infiam­mata dal rialzo d’orgoglio greco. Saltano uno dopo l’altro gli oltre cento emen­da­menti pre­sen­tati in meno di due ore, soprat­tutto quelli di buon senso soste­nuti dalle cam­pa­gne Stop Ttip.

Salta l’emendamento sulla Human Rights Clause, che avrebbe ante­po­sto la tutela vin­co­lante dei diritti umani rispetto alle dina­mi­che di mer­cato. Resta un capi­tolo sullo svi­luppo soste­ni­bile sola­mente con­sul­tivo senza nes­suno stru­mento impo­si­tivo. Viene boc­ciata la lista posi­tiva per i ser­vizi pub­blici, che avrebbe per­messo di scri­vere nero su bianco i ser­vizi che si vogliono met­tere sul mer­cato, sal­va­guar­dando quelli non elen­cati. Viene boc­ciata la pos­si­bi­lità di inse­rire il rife­ri­mento a set­tori sen­si­bili da esclu­dere dal nego­ziato, come dovrebbe avve­nire per alcune pro­du­zioni agri­cole, for­te­mente a rischio di estinzione.

La Com­mis­sa­ria al Com­mer­cio Ceci­lia Malm­strom, fur­be­sca­mente, rin­gra­zia via Twit­ter il Par­la­mento per il soste­gno rice­vuto, ma sot­to­li­nea anche che l’Isds è morto, cui con­trap­pone la sua pro­po­sta, quella che, per dirla con la cam­pa­gna «Stop Ttip» euro­pea, mette il ros­setto al maiale pre­ten­dendo che diventi qualcos’altro. Ma i conti non tor­nano per la coa­li­zione di mag­gio­ranza, che tanto grossa non è più. 241 sono stati i voti con­trari alla Riso­lu­zione, molti di più di quelli alge­brici tra mag­gio­ranza e oppo­si­zione. Si attende la lista del voto palese per capire chi c’è stato e chi no a far finta, per l’ennesima volta, di voler la demo­cra­zia impe­den­done l’esercizio.

E se l’Isds s’ha da cam­biare, come ammette anche la Com­mis­sa­ria, vanno ria­perti anche gli accordi com­mer­ciali con Canada e Sin­ga­pore, che con­ten­gono l’Isds ed espon­gono già a rischio di cause i nostri governi. Da lunedì 13 Usa e Ue si rive­dranno a Bru­xel­les per un nuovo ciclo di nego­ziati tran­sa­tlan­tici, e ritro­ve­ranno ad acco­glierli le stesse pro­te­ste e gli stessi dubbi di ieri. Il Par­la­mento ha perso l’occasione di far­sene inter­prete, di diven­tare parte del cam­bia­mento e non del pro­blema demo­cra­tico euro­peo che verrà affron­tato dalla grande mobi­li­ta­zione Stop Ttip di otto­bre, che sem­bra neces­sa­ria oggi ancor più di ieri.

*Por­ta­voce della Cam­pa­gna stop TTIP Ita­lia www?.stop?-ttip?-ita?lia?.net



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