Varoufakis e Strauss-Kahn: la strana coppia che sfida l’Europa

Varoufakis e Strauss-Kahn: la strana coppia che sfida l’Europa

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I due economisti dichiaratamente di sinistra hanno gettato le basi per un movimento politico che attraversa il Vecchio continente. Dal blog del vulcanico ex ministro ellenico hanno lanciato la sfida all’austerità tedesca e raccolto l’appoggio del premio Nobel, Stiglitz. Ma anche Tremonti e Savona, che di sinistra non sono, hanno fatto sentire la loro voce, in accordo con l’impostazione di Varoufakis e Dsk. Che ora cercano appoggi politici in giro per la Ue, ma devono dare una chiara risposta alla madre delle questioni: che ne sarà dell’euro?
ROMA – Ormai sono considerati una coppia, ideologicamente e professionalmente parlando. Yanis Varoufakis e Dominique Strauss-Kahn, due economisti dichiaratamente di sinistra trasformatisi in rappresentanti politici al massimo livello, infine entrambi caduti dalle stelle alla polvere (per motivi totalmente diversi) ma con una gran voglia di riemergere, sono l’anima di un nuovo movimento transeuropeo che è la novità del momento. Un movimento politico, o forse per ora soltanto d’opinione, con dogmi e avversari chiarissimi: il dogma è l’attenzione alle sofferenze della povera gente, gli avversari sono i politici del mainstream attuale d’ispirazione tedesca, vincolati alla regola del rigore a tutti i costi.

Varoufakis ci si è giocato il posto da ministro delle Finanze: aveva votato “No” al referendum che chiedeva ai greci se avrebbero accettato un ennesimo programma di austerity (ulteriori tagli agli stipendi, privatizzazioni forzate a raffica, riforma delle pensioni penalizzante e inchiodata sui 67 anni inderogabili come età pensionabile, aumenti dell’Iva e di tutte le tasse), e visto che malgrado la vittoria del “No” il premier Tsipras gli ha fatto capire che sarebbe andato a Bruxelles a negoziare un accordo verosimilmente destinato ad essere ancora peggiore di quello respinto dal popolo, ha inforcato la sua Harley-Davidson e se n’è andato a casa. Forse non è un caso, ma pochi giorni dopo Tsipras ha apposto la sua firma a un documento decisamente peggiorativo rispetto a quello originario (quello oggetto del referendum): misteri della politica, ma per Varoufakis era troppo. Ha votato “No” alla prima votazione alla Camera sul pacchetto delle leggi di applicazione dell’accordo,ha votato “Sì” al secondo ma solo perché erano riforme minori (tipo il codice di procedura civile) e ora ha assicurato che voterà “No” al terzo pacchetto, quello più drammatico perché conterrà pensioni, privatizzazioni, addirittura rientro dei provvedimenti di sollievo da alcune vessazioni a carico del popolo che erano state varate da Syriza nella prima metà di quest’anno e che la troika respinge.

Quanto a Strauss-Kahn, era qualche tempo che stava preparando il rientro, almeno da quando nell’aprile scorso la corte di Lille lo aveva dichiarato estraneo alle accuse di sfruttamento della prostituzione (il tribunale di New York già da tempo l’aveva assolto dall’infamante accusa di violenza sessuale ai danni di una cameriera, alla quale peraltro ha corrisposto privatamente una lauta cifra di indennizzo). Insomma, mancava l’occasione e ora è giunta. Ha preso il computer e ha scritto, poco meno di una settimana fa, una lettera che Varoufakis ha pubblicato sul suo blog: “Cari amici tedeschi, un’Europa in cui voi dettate le leggi con un gruppetto di Paesi nordici e baltici al seguito, è inaccettabile per tutti gli altri. Voi contate i vostri miliardi – scrive DSK ai tedeschi – anziché usarli per aiutare chi sta peggio di voi, rifiutate di accettare una peraltro scontata riduzione dei crediti, mettere il risentimento davanti ai progetti per il futuro, voltate le spalle a quello che l’Europa dovrebbe essere, cioè una comunità solidale, a rischio che il castello vi crolli addosso”. Insomma un j’accuse senza precedenti, dove Strauss-Kahn ha investito tutta la sua preparazione politica da socialista autentico e anche quell’arte retorica che tutti gli hanno sempre riconosciuto. Dato che non è un “collaboratore” qualsiasi al blog, Varoufakis ha lanciato un messaggio preciso: sto preparando una formazione a sinistra di Syriza, e ho un forte alleato in Francia. Dall’America gli aveva già fatto sentire tutta la sua stima Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia e suo amico personale, a sua volta protagonista di un’acerrima campagna contro il rigore tedesco. “Non è così che si risana un Paese, anzi lo si affossa direttamente, questa è mancanza di umanità”, aveva detto pochi giorni fa a chi scrive queste righe in un’intervista.

E così arriviamo all’ultimo week-end, quando a sorpresa Varoufakis ha pubblicato sempre sul blog una lettera proveniente da Giulio Tremonti, il non dimenticato ministro dell’Economia ai tempi di Berlusconi che aveva presieduto (non senza incertezze) al lancio dell’euro, e da Paolo Savona, un altro rispettato economista che era stato a sua volta ministro del Bilancio in un lontano governo tecnico. La lettera è indirizzata a tutti e due insieme: “Caro Yanis, Caro Dominique”, inizia. E poi  l’espressione anche in questo caso del più profondo disaccordo con le ricette tedesche di austerity (“la vita non è solo un differenziale di tassi d’interesse”), e un finale sconfortante: “Quattro fattori sono stati devastanti per l’economia europea: la globalizzazione, l’allargamento dell’area Ue e dell’euro, la crisi e l’euro”. Caro Yanis, caro Dominique, continua la lettera: “E’ tempo di riconoscere che nella costruzione europea sono stati fatti degli errori. Abbiamo unito quello che non c’era bisogno di unire come le dimensioni delle zucchine, e non abbiamo unito quello che invece andava unito come la difesa”. La carenza di istituzioni forti, è il messaggio, ha impedito di sostenere crisi come quella greca. “Occorre pensare a una nuova via e quella cominciare a percorrerla con decisionie”.

Il fatto che a suggerire la “nuova via” siano due economisti che di sinistra non sono certo, ma che dicono cose da loro condivise, ha indotto Varoufakis e Strauss-Kahn a riflettere sulla connotazione politica del nuovo movimento paneuropeo. Che è a un punto di svolta decisivo, e soprattutto deve rispondere a una domanda: vuole o no la permanenza nell’euro. Secondo il settimanale Spiegel i due avrebbero preso addirittura contatti con Marine Le Pen, circostanza per la verità smentita con tale forza che il settimanale ha dovuto rimuovere dal suo sito la notizia (il tutto è successo sabato sera), ma non è chiaro se il mancato contatto avrebbe significato scivolare su una deriva politica incontrollabile oppure semplicemente affiancarsi ad una militante troppo anti-euro. Così come eccessivamente sbilanciati contro la moneta unica sono gli italiani 5 stelle, con i quali pure i contatti ci sono e continuano.

L’ultimo adepto è stato pescato proprio in Germania, è Oskar Lafontaine, stagionato ma vigoroso leader della formazione di sinistra Linke dopo essere stato negli anni ’80 e ’90 esponente di primo piano dei socialdemocratici della Spd, di cui era stato anche presidente. Anche lui sull’euro ha una posizione quantomeno ambigua. “Il capitalismo finanziario ha fallito, dobbiamo democratizzare l’economia”, sostiene. Già, ma l’euro? Questa è la risposta chiave che la formazione politica che sta prendendo corpo in queste settimane dovrà dare



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