Capo­ra­lato, Sos del governo e dei giudici

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C’è un primo inda­gato per la morta di Paola Cle­mente, la brac­ciante che lo scorso 13 luglio perse la vita nelle cam­pa­gne del nord barese durante la rac­colta dell’uva. La pro­cura di Trani ha iscritto nel regi­stro degli inda­gati l’autista del bus che ha con­dotto Paola e altri brac­cianti nelle cam­pa­gne di Andria. Nell’indagine al momento si ipo­tiz­zano i reati di omi­ci­dio col­poso ed omis­sione di soc­corso. L’indagato è il taran­tino Ciro Grassi, indi­cato nella que­rela come colui che ha orga­niz­zato la squa­dra di lavoro. Grassi, secondo le prime indi­scre­zioni, sarebbe stato anche colui che ha avvi­sato Ste­fano Arcuri, marito di Paola, del malore improv­viso della moglie. La donna, da un paio di giorni prima del decesso, avver­tiva dolori al collo a cui però non aveva dato molta impor­tanza visto che da anni sof­friva di cer­vi­cale. L’iscrizione di Grassi nel regi­stro gli inda­gati — hanno però pre­ci­sato le fonti inqui­renti — è un atto dovuto in vista dell’autopsia che sarà effet­tuata domani, dopo la rie­su­ma­zione del corpo dell’operaia che, una volta por­tata nella sala mor­tua­ria del cimi­tero di Andria, venne sep­pel­lita in fretta e furia.

«Il capo­ra­lato in agri­col­tura è un feno­meno da com­bat­tere come la mafia e per bat­terlo occorre la mas­sima mobi­li­ta­zione di tutti: isti­tu­zioni, imprese, asso­cia­zioni e orga­niz­za­zioni sin­da­cali. Chi cono­sce situa­zioni irre­go­lari deve denun­ciarle senza esi­ta­zione». Così in una nota il mini­stro delle Poli­ti­che agri­cole Mau­ri­zio Mar­tina, all’indomani della noti­zia di un altro brac­ciante ita­liano finito in coma al ter­mine di una gior­nata di lavoro nelle stesse cam­pa­gne dove lavo­rava Paola. «In que­ste set­ti­mane — aggiunge Mar­tina — abbiamo lavo­rato con il mini­stero del Lavoro per inten­si­fi­care i con­trolli». Il mini­stro ha ricor­dato che dal 1 set­tem­bre prende il via la Rete del lavoro agri­colo di qua­lità: le aziende agri­cole potranno ade­rire alla Rete tra­mite il por­tare inter­net Inps. Il cer­ti­fi­cato di qua­lità «non sarà un sem­plice bol­lino di natura buro­cra­tica ma atte­sterà il per­corso delle veri­fi­che pun­tuali e pre­ven­tive effet­tuate indi­vi­duando e valo­riz­zando le aziende vir­tuose», ha assi­cu­rato il ministro.

Certo è che per com­bat­tere ed eli­mi­nare un feno­meno così radi­cato, spe­cial­mente al sud, ci vorrà ben altro. In pri­mis, un cam­bio di men­ta­lità da parte di cit­ta­dini e lavo­ra­tori. «Sul feno­meno del capo­ra­lato c’è un muro di gomma. La gente non col­la­bora, pre­fe­ri­sce gua­da­gnare pochi spic­cioli anzi­ché aiu­tare le nostre inda­gini fina­liz­zate a debel­lare il feno­meno» ha a que­sto pro­po­sito dichia­rato ieri il pro­cu­ra­tore della Repub­blica di Trani, Carlo Maria Capri­sto. L’indagine affi­data al pm Ales­san­dro Pesce sulla morte di Paola Cle­mente «andrà a fondo e darà giu­sti­zia alla fami­glia della vit­tima». Capri­sto ha voluto sol­le­ci­tare però «i sin­da­cati e i lavo­ra­tori a dare indi­ca­zioni utili alle inda­gini sul capo­ra­lato». Il pro­cu­ra­tore ricorda che il feno­meno del capo­ra­lato è «dif­fu­sis­simo nel nord barese».
Dif­fi­coltà che incon­tra in que­ste ore anche la Flai Cgil Puglia, che sta pro­vando in ogni modo a fare luce sugli ultimi tre decessi avve­nuti nell’arco di un mese e sul caso di Arcan­gelo, il brac­ciate 42enne finito in coma 10 giorni fa, men­tre lavo­rava nelle stesse terre e svol­geva le stesse ope­ra­zioni di Paola Cle­mente. Tut­tora rico­ve­rato in coma nel reparto di ria­ni­ma­zione dell’ospedale San Carlo di Potenza, la pro­gnosi sulla gua­ri­gione dell’uomo rimane riser­vata. Ancora poco chiare le cause del malore: tra chi ipo­tizza sia stato dovuto all’uso di par­ti­co­lari sostanze nella pro­du­zione dell’uva e chi sostiene che la causa sia ancora una volta il grande stress psi­co­fi­sico a cui sono sot­to­po­sti i brac­cianti. La prima ipo­tesi però, a detta del padre del brac­ciante, sarebbe stata esclusa dai medici.

A quanto si apprende dalle inda­gini della Flai Cgil Puglia, il brac­ciante non era assunto rego­lar­mente: «Stiamo cer­cando di capire se Arcan­gelo era assunto oppure no» ha affer­mato il segre­ta­rio della Flai-Cgil Puglia, Giu­seppe Deleo­nar­dis. Su Andria infatti Arcan­gelo non risulta assunto, men­tre potrebbe essere assunto su San Gior­gio Ionico, paese della pro­vin­cia di Taranto dove vive. Gli sce­nari sono due: «O Arcan­gelo lavo­rava a nero, oppure era assunto a San Gior­gio Jonico, il che sarebbe comun­que ille­gale per­ché l’assunzione deve essere fatta sul luogo dove avviene la pre­sta­zione di lavoro» ha spie­gato Deleo­nar­dis. Al momento risa­lire all’azienda per cui Arcan­gelo lavo­rava non è sem­plice, «per­ché que­sti lavo­ra­tori sono assunti da agen­zie inte­ri­nali che li spo­stano dove occorre. Spesso il brac­ciante si addor­menta sul fur­gone che lo tra­sporta e non sa nep­pure dove si trova quando si sve­glia sul posto di lavoro». Per que­sto l’invito ai lavo­ra­tori è quello di col­la­bo­rare e denun­ciare. «Il ricatto di un red­dito a qua­lun­que costo è oggi più forte che mai. Ai lavo­ra­tori dico però che oltre alle lotte per una legi­sla­zione sul con­tra­sto al nero, per le incen­ti­va­zioni alle imprese che assu­mono rego­lar­mente, e agli stru­menti penali con­tro il capo­ra­lato, è ora di dire basta e denun­ciare le con­di­zioni inso­ste­ni­bile per paga e sicu­rezza in cui si lavora nelle cam­pa­gne pugliesi. Serve una vera rivolta sociale».



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