«Il nodo è politico: o Xi Jinping accelera sulle riforme o il Partito sarà dei conservatori»

«Il nodo è politico: o Xi Jinping accelera sulle riforme o il Partito sarà dei conservatori»

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Giu­liano Noci, pro­ret­tore del Polo ter­ri­to­riale cinese del Poli­tec­nico di Milano, è un grande cono­sci­tore della Cina e dei cinesi. Noci con­ferma una sen­sa­zione che ser­peg­gia negli ambienti che ana­liz­zano i pro­cessi e l’evoluzione del mondo cinese: a Pechino c’è un pro­blema, ed è poli­tico, tra una parte della diri­genza che spinge per le riforme e una parte che ancora pri­vi­le­gia la cre­scita quan­ti­ta­tiva, a sca­pito della qua­lità. Il nodo è poli­tico, ed è su quello che si gioca il futuro della Cina.

Par­tiamo dall’inizio, que­sta enne­sima caduta di Shan­ghai e il panico che si è dif­fuso. Per­ché?
È ormai in corso una presa di con­sa­pe­vo­lezza che scon­fina nel panico da parte della comu­nità inter­na­zio­nale circa la capa­cità del governo cinese di saper gestire la nuova via della cre­scita, che non è più tumul­tuosa come era­vamo abi­tuati. Va detto che la lea­der­ship cinese ce l’ha messa tutta in que­sta fase per inne­scare per­ce­zioni di panico nella comu­nità inter­na­zio­nale e nella società. Hanno spac­ciato la sva­lu­ta­zione dello yuan per andare incon­tro al tema della libe­ra­liz­za­zione della moneta ma alla fine di ogni gior­nata, soste­ne­vano la valuta sennò cadeva troppo.

Oltre a quello hanno pro­se­guito con inter­venti sui fondi pen­sione, per­met­tendo la pos­si­bi­lità di inve­stire in azioni. Per carità non si tratta di deci­sioni scan­da­lose, tutt’altro, molti paesi l’hanno già fatto, ma sem­bra esserci una minore luci­dità del «grande timo­niere» che non rie­sce a sgan­ciare la nuova visione post den­ghiana. La mia tesi è que­sta: hanno ini­ziato la libe­ra­liz­za­zione, quella più con­ve­niente, ma hanno tra­scu­rato quella meno con­ve­niente, quella più dif­fi­cile, tro­van­dosi oggi come oggi con le forze del mer­cato più forti delle loro capa­cità di governo dell’economia.

C’è dun­que una resi­stenza all’interno del par­tito alle riforme che vor­rebbe Xi Jin­ping?
La libe­ra­liz­za­zione gli ha tolto il con­trollo di governo e non sono stati capaci di reg­gere il ritmo giu­sto per le riforme neces­sa­rie. Par­liamo di alcune neces­sità impor­tanti: l’efficiente allo­ca­zione di capi­tali, la riforma delle aziende di stato. Il mer­cato oggi si chiede: ci tro­viamo di fronte a meno capa­cità di governo, avranno la capa­cità di ritro­vare la linea?

E chi può tro­varla?
Io dico: «Cer­casi Xi Jin­ping dispe­ra­ta­mente», per­ché se avesse fatto quanto dichia­rato quando è arri­vato al potere, oggi non avreb­bero que­sti pro­blemi. Il pro­blema quindi, è poli­tico. Pren­diamo la cam­pa­gna anti­cor­ru­zione: dob­biamo spe­rare dav­vero che sia in realtà l’obiettivo del primo quin­quen­nio per azze­rare le spinte con­ser­va­trici e por­tare le riforme che voleva fare e sono neces­sa­rie, per­ché se non sarà così si tor­nerà a una Cina con­ser­va­trice che por­terà dritti a una crisi che può essere pesante per tutti.

Xi Jin­ping dal suo punto di vista, può far­cela?
Sono ancora otti­mi­sta e sono dell’idea che la lotta alla cor­ru­zione celi una volontà di com­pat­tare il par­tito per attuare il dise­gno. Non credo Xi sia il neo maoi­sta che in molti dipin­gono, e lo stesso Pcc del resto non ha più la pos­si­bi­lità di gestire un feno­meno del genere. Il pas­sag­gio ad ora non rie­sce per­ché le incro­sta­zioni enormi nelle aziende di stato e nelle pro­vince erano tali da gene­rare gruppi di inte­resse che sono riu­sciti a fer­mare anche lui che ha in mano tutto. Dob­biamo spe­rare in Xi nella ver­sione rifor­ma­trice, altri­menti la Cina fa un passo indie­tro e fa sbat­tere il mondo con­tro un muro.

Sui numeri della cre­scita cinese, quanto sono affi­da­bili?
Non sono dell’idea che siamo sul 7% come le cifre uffi­ciali evo­cano o invo­cano, guar­dando i dati dell’energia e dei tra­sporti credo si possa essere su un numero minore, ma sai meglio di me che il pro­blema non è certo quello. Il pro­blema è duplice: da un lato poli­tico e dall’altro eco­no­mico. Non è se l’economia cre­sce il 5 o il 7, il pro­blema è se la lea­der­ship con­ser­va­trice che va con­tro Xi è una lea­der­ship che ancora pri­vi­le­gia la quan­tità invece che la qua­lità, quindi che vuole pro­se­guire con il patto den­ghiano: cre­scete e lasciate fare a noi.



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