Immigrazione, la Grecia chiama Bru­xel­les

Immigrazione, la Grecia chiama Bru­xel­les

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Una nave da cro­ciera. Una ven­tina di fun­zio­nari e quasi 300 rin­forzi di poli­zia. La «fron­tiera» del Dode­can­neso rimane in stato d’emergenza. Ieri altri sbar­chi di pro­fu­ghi: 200, quasi tutti kurdi scap­pati da Kobane, sono arri­vati con sei gom­moni. La guar­dia costiera greca ne ha rac­colti altri nel brac­cio di mare che separa Kos dalla Turchia.

In città lo sta­dio — tea­tro delle cari­che vio­lente con gli estin­tori — è diven­tato final­mente il cen­tro di regi­stra­zione dei pro­fu­ghi. I rin­forzi garan­ti­scono l’ordine: il pic­colo impianto spor­tivo si era pro­gres­si­va­mente svuo­tato dei migranti, per­ché mer­co­ledì erano stati rila­sciati un migliaio di per­messi. E sta per arri­vare anche la nave da cro­ciera, par­tita dal Pireo, chia­mata a tra­spor­tare almeno 2 mila migranti «rego­la­riz­zati». Si tratta di coloro che hanno otte­nuto il per­messo di sog­giorno term­po­ra­neo, cioè il docu­mento valido per potersi spo­stare all’interno dell’Unione euro­pea.
Nel frat­tempo, ad Atene il com­mis­sa­rio euro­peo all’immigrazione Dimi­tris Avra­mo­pou­los ha incon­trato sei mini­stri del governo per con­cor­dare il soste­gno di Bru­xel­les in una situa­zione dram­ma­tica e a rischio di dege­ne­rare, in par­ti­co­lare a Kos e nelle altre isole del Dodecanneso.

Il sin­daco del capo­luogo, Gior­gos Kyri­tsis, aveva usato parole di fuoco all’inizio della set­ti­mana in sin­to­nia con la destra: «se non ver­ranno presi subito rimedi, scor­rerà il san­gue». E l’Unhcr, agen­zia delle Nazioni Unite, defi­niva dram­ma­tica la situa­zione di Kos: scorte di acqua e medi­ci­nali insuf­fi­cienti; acco­glienza ridotta ormai ai minimi ter­mini di uma­nità; richie­denti asilo bal­zati al più 750% rispetto ad un anno fa.
Ma fin dal 7 ago­sto Ale­xis Tsi­pras aveva cer­cato di atti­rare l’attenzione di Bru­xel­les sulla «crisi nella crisi», per­ché l’emergenza pro­fu­ghi era già spia­nata per­fino nella capi­tale greca. «È il momento di vedere se la Ue è l’Europa della soli­da­rietà o quella in cui cia­scuno cerca di pro­teg­gere le sue fron­tiere» aveva dichia­rato uffi­cial­mente il pre­mier e lea­der di Syriza, di fronte all’arrivo di 50 mila migranti regi­strato a luglio che per Fron­tex (l’agenzia euro­pea per il con­trollo delle fron­tiere) aveva por­tato a 130 mila i pro­fu­ghi entrati in Gre­cia nel 2015.
«Gli afflussi vanno oltre quello che le nostre infra­strut­ture sono in grado di gestire» anti­ci­pava allora Tsi­pras, men­tre alcune isole gre­che segna­la­vano pro­blemi fra emer­genza uma­ni­ta­ria e sta­gione turi­stica a rischio. La rispo­sta era arri­vata da Fron­tex e Com­mis­sione Ue che invo­ca­vano gli Stati mem­bri dell’Ue, effet­ti­va­mente respon­sa­bili di deci­dere soprat­tutto sull’operazione Posei­don allar­gata anche alla Gre­cia e all’Ungheria con un ade­guato numero di per­so­nale tec­nico e mezzi.

Come in que­sti giorni, però, l’attenzione era cata­liz­zata dalla trat­ta­tiva sui memo­ran­dum con i cre­di­tori e con l’Eurogruppo e i migranti erano pas­sati in secondo piano. La stessa cosa potrebbe acca­dere adesso, anche se ieri Avra­mo­pou­los ha pro­messo quanto meno il sup­porto del mec­ca­ni­smo di pro­te­zione civile comu­ni­ta­rio.
Anche ieri comun­que a Kos sono con­ti­nuati gli sbar­chi di migranti. Oltre 200 per­sone, per lo più curdi siriani pro­ve­nienti da Kobane, più u altro gruppo soc­corso da una lan­cia della guar­dia costiera. In città intanto una doz­zina di fun­zio­nari di poli­zia addetti alla regi­stra­zione dei migranti e al rila­scio di docu­menti di viag­gio prov­vi­sori, hanno rila­sciato ieri circa 1.000 per­messi, ridu­cendo così note­vol­mente il numero dei rifu­giati bloc­cati in con­di­zioni mise­ra­bili in attesa di lasciare l’isola verso altre destinazioni.



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