Incognita Cina ma Fed si prepara ad alzare i tassi

Incognita Cina ma Fed si prepara ad alzare i tassi

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NEW YORK . La Federal Reserve segue gli sviluppi in Cina «ancora più attentamente del solito, per gli effetti potenziali sulle altre economie». Tuttavia non esclude affatto di alzare i tassi a settembre. La banca centrale americana lancia segnali ai mercati per prepararli alla possibilità di un rialzo imminente (+0,25%). Lo fa per bocca del suo numero due, Stanley Fischer, in un atteso discorso al summit di Jackson Hole nel Wyoming. Fischer ha parlato diffusamente di un’indicatore- chiave che guida la politica monetaria: l’inflazione. Ha usato toni da “falco”, rispetto a quegli economisti come Larry Summers e Paul Krugman che vedono una “stagnazione secolare” e negano la minaccia inflazionistica. Il vicepresidente della Fed la pensa diversamente da loro: «Ci sono buone ragioni – ha detto Fischer – per ritenere che l’inflazione Usa aumenterà e tornerà ad essere più vicina al 2% annuo». Un aumento dell’indice dei prezzi del 2% è l’obiettivo ufficiale della Fed, e quindi al di sopra di quel livello ci sono gli estremi per alzare il costo del denaro, operare una stretta monetaria. Ma Fischer ha precisato: «Non aspetteremo di arrivare proprio al 2% perché a quel punto sarebbe già troppo tardi», e cioè si sarebbe entrati in una fase di surriscaldamento dell’economia. Il numero due della Fed ha sostenuto che «le aspettative inflazionistiche sono stabili, e le forze che mantengono bassa l’inflazione dovrebbero dissiparsi». E’ un affermazione decisamente ottimista. Le «forze che mantengono bassa l’inflazione» in questo momento negli Usa sono prevalentemente tre: la moderazione degli aumenti salariali, il rafforzamento del dollaro che riduce il costo delle importazioni, e il calo del petrolio. Sul fronte salariale evidentemente Fischer pensa che la crescita dell’occupazione finirà per rafforzare il potere contrattuale dei lavoratori. Dollaro e petrolio si muovono in senso inverso tra di loro, e in qualche modo entrambe sono condizionati dalla sindrome cinese: il rallentamento della crescita in Cina si trasmette a catena su tutti gli emergenti e sulle quotazioni delle materie prime, di cui l’industria cinese è la massima consumatrice. Dunque il numero due della Fed per il momento non vede un avvitamento della crisi cinese, altrimenti non penserebbe che le forze deflazionistiche stanno per attenuarsi. Da notare che il numero uno, Janet Yellen, ha preferito non andare a Jackson Hole.
L’appuntamento decisivo è il 17 settembre. In quella data, al termine di due giorni di riunioni dei vertici Fed, potrà arrivare il fatidico annuncio sui tassi. Prima di allora, un dato importante è quello sull’occupazione di agosto, che esce venerdì. Fischer ha comunque ricordato che gli aumenti dei tassi d’interesse, quando cominceranno, saranno manovrati con «cautela e gradualità». Si tratta di tornare ad una normalità nei rendimenti, dopo quasi 7 anni tasso zero, ma senza spegnere la ripresa americana.
E’ sempre possibile che eventi al di fuori del controllo della Fed la costringano a rinviare il rialzo dei tassi. La Cina soprattutto, rimane un’incognita. Il Wall Street Journal ieri ha ospitato un lungo saggio di uno dei più autorevoli “China-watcher” americani, Orville Schell che dirige il dipartimento cinese all’Asia Society di New York. Una delle preoccupazioni espresse da Schell, influenza certamente l’establishment americano. E’ laddove lui definisce come un grave errore l’interventismo del governo cinese in Borsa: anziché trattare il mercato come una variabile esterna, un fenomeno non controllabile, il governo cinese ha creato nella popolazione l’illusione di poterlo gestire. Di conseguenza eventuali nuovi crac diventerebbero un problema politico, si rifletterebbero sulla credibilità del regime. Il tema delle relazioni bilaterali Usa-Cina entra in un territorio inesplorato. E tra poco più di un mese arriva qui il presidente Xi Jinping, per intervenire all’assemblea generale Onu, ma anche per la sua prima visita di Stato alla Casa Bianca da quando ha assunto tutti i poteri.


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