L’Europa non può fermarsi a Calais

L’Europa non può fermarsi a Calais

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CI SONO dei momenti in politica in cui non bisogna inseguire il consenso, dice Juncker.
MOMENTI in cui bisogna fare la cosa giusta anche se è impopolare. Ha proprio ragione. Se fossero molti, i momenti così, la politica tornerebbe ad essere una cosa bella — interessante, coinvolgente, appassionante per i ragazzi animati dalle migliori intenzioni — e non quella palude di compromesso e malaffare che ormai puzza talmente tanto da allontanare dalle urne la metà abbondante dei cittadini. Il presidente della Commissione europea parla di immigrazione di fronte alle immagini dell’ultimo naufragio: al largo della Libia sei, forse settecento persone hanno tentato di raggiungere le barche arrivate in soccorso, il barcone si è sbilanciato e rovesciato. Quattrocento persone sono state tratte in salvo: il conto dei morti in mare si fa sempre il giorno dopo, per sottrazione.
L’immigrazione è il più impopolare dei temi. Juncker lo sa, è per questo che dice: non bisogna inseguire il consenso. L’immigrazione è quel segno del tempo in cui viviamo che alcuni scambiano per incivile e furbo tentativo di profittare del benessere altrui, il nostro, attribuendo la categoria della furbizia, che evidentemente ben conoscono, ai disperati che nulla se non la vita hanno da perdere. C’è sempre qualche Salvini, qualche onnipresente candidato leader televisivo, che dice salutato dagli applausi: portateveli a casa vostra, se vi piacciono tanto. Ola di pubblico. Ho un amico che risponde che quando c’è un incidente per strada, quando la gente resta senza tetto per un terremoto nessuno dice portateveli a casa. A parte il fatto che qualche volta si fa — si portano, se si è nelle condizioni di farlo e se è davvero l’unica soluzione in quel momento — in generale si chiama la polizia stradale, interviene la protezione civile. Paghiamo le tasse anche perché ci sia uno Stato che dia assistenza a chi ha bisogno di un’ambulanza, di un tetto, di un aiuto.
Nel 2014 sono morte annegate 3279 persone, nel Mediterraneo centrale. Fra l’Africa e l’Europa, al largo delle spiaggie dove siamo in questo momento in vacanza. 3279 persone che erano arrivate alle soglie dell’Europa, sullo zerbino della nostra porta, e sono morte lì fuori. In acqua. Nessuno puo portare a casa sua tutti questi ragazzi, donne, bambini. Anche Salvini in cuor suo lo sa. Persino Tajani, dalla postazione europea che occupa, ha visto che si tratta di un «fenomeno globale». La maggior parte dei morti, dice l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), hanno fra 20 e 29 anni. Qui la chiamiamo la futura classe dirigente. Molte sono donne. Un gran numero sono bambini sotto i dieci anni. Fa molta impressione la facilità con cui ormai trasformiamo le vite umane in numeri. Bisognerebbe, ogni tanto, pensare ad una persona. Per esempio un nostro nipote in terza elementare, un figlio di vent’anni. Poi moltiplicare per 3200, anche di più.
Cercano l’Europa. Ma l’Europa cos’è, esattamente? Quali sono i suoi confini? Ieri la commissione Ue ha stanziato 20 milioni di euro per l’emergenza Calais, in favore della Francia. 20 milioni per fronteggiare l’assalto all’Eurotunnel attraverso il quale moltitudini di persone poi tradotte in numeri cercano un approdo ad una diversa vita, ad una vita possibile. 27 milioni erano stati già stanziati per la Gran Bretagna. Si tratta di somme erogate dal Fondo Asilo, dicono le fonti ufficiali. 47 milioni. C’è un Fondo Asilo. C’è sicuramente anche per l’Italia, per il Mediterraneo centrale attraverso il quale la maggior parte dei migranti cerca approdo. Forse bisogna riempire un modulo. Chissà se i nostri lo sanno, magari si scarica da Internet.
«Per ora è tutto, Parigi e Londra non hanno chiesto assistenza aggiuntiva» ha detto il commissario europeo all’immigrazione Avramopoulos. Assistenza aggiuntiva. Noi siamo a posto con le carte? Abbiamo chiesto l’assistenza elementare e quella aggiuntiva? Perché non è possibile pensare che esista un trattamento di favore per il Mare del Nord e uno di scarto per quello del Sud, giusto? Non è possibile che l’Europa si fermi a Calais.
Qui al Sud — c’è sempre un Sud più a Sud di qualche Nord — si muore soffocati nelle valigie, assiderati nei carrelli degli aerei. In mare, moltissimo. Mare nostrum. Più di duemila persone nel 2015, in crescita rispetto all’anno passato. I furbi crescono, Salvini. Juncker ha anche detto che bisogna agire secondo giustizia e non per calcolo elettorale perché «gli elettori voteranno sempre i populisti, le loro ricette semplicistiche». Magari ha ragione, ma speriamo di no. Speriamo che consideri gli elettori peggio di quello che sono davvero, che non li faccia capaci di vedere, sentire, capire. Speriamo che si sbagli. E comunque non conta. Ci sono momenti che — per chi fa politica — valgono una vita. Fate la scelta impopolare, fatela in fretta. Fra una nomina e un’altra, riempite quel modulo.


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