Memo­ran­dum letale

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La Gre­cia si risve­glia con un terzo Memo­ran­dum che pro­lunga l’austerità e ingab­bia le vel­leità della sini­stra radi­cale al potere, senza una mag­gio­ranza di governo e con il suo prin­ci­pale par­tito, Syriza, sull’orlo dell’esplosione. La discus­sione not­turna e il voto in pri­mis­sima mat­ti­nata (in tempo per la riu­nione dell’Eurogruppo) dell’accordo con i cre­di­tori inter­na­zio­nali lascia die­tro di sé una distesa di mace­rie: passa, come nelle pre­ce­denti vota­zioni, gra­zie all’appoggio dell’opposizione del cen­tro­de­stra di Nea Demo­cra­tia, dei socia­li­sti del Pasok e dei cen­tri­sti di To Potami, ma nono­stante l’appello di Ale­xis Tsi­pras a evi­tare di «tor­nare a una crisi senza fine», quella che si apri­rebbe nel caso i cre­di­tori deci­des­sero di dare alla Gre­cia l’ennesimo prestito-ponte e non gli 86 miliardi del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, il governo ottiene solo 118 voti dalla sua mag­gio­ranza, sotto la soglia minima di 120 oltre la quale man­cano i numeri per gover­nare. Per que­sto il primo mini­stro è costretto a chie­dere, già la pros­sima set­ti­mana, un voto di fidu­cia che si pre­an­nun­cia a dir poco com­pli­cato: se non rien­tra qual­cuno dei dis­sen­zienti, sarà crisi di governo e, con ogni pro­ba­bi­lità, saranno indette ele­zioni anticipate.

Nel frat­tempo Syriza esplode: in 32 votano con­tro il prov­ve­di­mento (la metà esatta dei 64 voti con­trari), 11 rispon­dono «pre­sente» al momento della chia­mata, altri tre dicono for­mal­mente sì ma non appro­vano i sin­goli prov­ve­di­menti, uno non si pre­senta alla vota­zione. Molti altri riman­gono inde­cisi fino all’ultimo e dicono sì turan­dosi il naso, men­tre i gio­vani del par­tito chia­mano alla mobi­li­ta­zione con­tro il Memo­ran­dum. Il quo­ti­diano Efe­me­ride ieri par­lava di una pro­fonda «crisi d’identità» di Syriza, arri­vata al governo con lo slo­gan «basta troika» e «stop Memo­ran­dum» e ora alle prese con una duris­sima real­po­li­tik che le impone di gestire ana­lo­ghe misure di auste­rità e nel segno del neo­li­be­ri­smo, in un Paese di fatto com­mis­sa­riato da Bruxelles.

Uno choc dal quale la Coa­li­zione della sini­stra radi­cale elle­nica potrebbe non ripren­dersi, se è vero che la situa­zione è cao­tica a tal punto che per­sino il pre­vi­sto con­gresso del par­tito, chie­sto dallo stesso Tsi­pras e annun­ciato per la fine di set­tem­bre, è in alto mare. Comun­que andrà a finire, la Syriza che abbiamo cono­sciuto finora, un sin­go­lare espe­ri­mento poli­tico di “new left” euro­pea, non sarà più la stessa. La Piat­ta­forma di sini­stra, la mino­ranza interna che fa capo all’ex mini­stro dell’Energia Pana­io­tis Lafa­za­nis, potrebbe addi­rit­tura diser­tare l’appuntamento. Ne sta discu­tendo in que­ste ore e, in tal caso, quasi mezzo par­tito (o forse più, dif­fi­cile fare cal­coli in que­sto momento) lascerà i vec­chi com­pa­gni senza nep­pure salu­tare. «Per­ché dovremmo andarci? Per discu­tere e deci­dere cosa, visto che tutto è già acca­duto? Que­sto Memo­ran­dum non ha nulla di sini­stra e il nostro com­pito ora è bat­terci, in Par­la­mento e fuori, per­ché non venga appli­cato», dice un auto­re­vole rap­pre­sen­tante dell’opposizione interna.

Le due anime del par­tito hanno imboc­cato due strade oppo­ste: den­tro le con­trad­di­zioni del Memo­ran­dum, ten­tando di miti­garne l’impatto con «com­pen­sa­zioni» sul piano sociale, gli uni; radi­cal­mente fuori e con­tro i secondi. L’obiettivo dei dis­sen­zienti è costruire un «fronte del no» ampio, «di sini­stra e patriot­tico», che potrebbe tirarsi die­tro anche il movi­mento gio­va­nile di Syriza, deci­sa­mente schie­rato con­tro Tsi­pras, non­ché for­ma­zioni ultra­ra­di­cali come Antar­sya, anche se, sosten­gono, «ci rivol­ge­remo alla società, a tutti coloro che hanno votato no al refe­ren­dum». Dodici espo­nenti della Piat­ta­forma di sini­stra, tra cui il lea­der Lafa­za­nis, hanno fir­mato una let­tera aperta in cui chie­dono la fon­da­zione di un «movi­mento che legit­ti­merà il desi­de­rio popo­lare di demo­cra­zia e giu­sti­zia sociale». Ma il dis­senso nella mag­gio­ranza di governo va ben oltre, reso evi­dente dalla spac­ca­tura a metà del comi­tato cen­trale di Syriza, dall’ «ostru­zio­ni­smo» della Pre­si­dente del Par­la­mento Zoe Kostan­to­pou­lou (vera spina nel fianco di Tsi­pras e per­so­nag­gio emer­gente del fronte più radi­cale) che ha ten­tato di tutto per far rin­viare la vota­zione a lunedì, non­ché dal no dell’ex mini­stro delle Finanze Yanis Varou­fa­kis, che però ha soste­nuto che se Tsi­pras glielo chie­desse lui abban­do­ne­rebbe il Par­la­mento e non è escluso che alla fine voti la fidu­cia. Per­fino dalle dif­fi­coltà degli alleati dell’Anel, ai quali non vanno giù i tagli alla Difesa e alle pen­sioni delle forze armate.

Ma è evi­dente a tutti che il para­dosso di una mag­gio­ranza di governo e allo stesso tempo di oppo­si­zione radi­cale non potrà durare ancora a lungo. La pro­spet­tiva della crisi di governo e delle ele­zioni anti­ci­pate si fa sem­pre più con­creta, nono­stante l’opposizione par­la­men­tare sia l’ultima a volerle e i cre­di­tori le vedano come il fumo negli occhi per­ché l’applicazione del Memo­ran­dum rischie­rebbe di sban­dare dalla par­tenza, con un Paese in preda all’instabilità poli­tica. Il vero garante dell’accordo a que­sto punto rimane Ale­xis Tsi­pras, fino a poco più di un mese fa inviso ai gover­nanti euro­pei e oggi, enne­simo para­dosso della ingar­bu­gliata vicenda greca, diven­tato l’uomo della prov­vi­denza. I son­daggi gli hanno sem­pre assi­cu­rato un tasso di popo­la­rità molto alto. Pro­ba­bil­mente rimane il poli­tico più popo­lare della Gre­cia, ma rimane il nodo delle alleanze, a meno che una Syriza 2.0 non rag­giunga da sola la mag­gio­ranza asso­luta. Sarà dispo­ni­bile a gui­dare even­tual­mente un ese­cu­tivo di unità nazio­nale, lui che ha già dichia­rato di non essere «un uomo per tutte le stagioni»?



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