Tolto il figlio a Martina Il pm: fatelo adottare La mamma:disperata

by redazione | 17 Agosto 2015 9:10

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MILANO. Il suo tentativo di trovare la “purificazione”, è durato solo pochi istanti. Il tempo che il team della sala operatoria della clinica milanese Mangiagalli portasse a buon fine il parto cesareo programmato da tempo. Poi, a mezzanotte e un quarto di Ferragosto, quel fagotto di tre chili e 700 grammi, perfettamente in salute, è stato tolto dalle mani della madre, Martina Levato. L’équipe ha semplicemente eseguito un “provvedimento d’urgenza e di prassi” firmato poche ore prima dal pm del Tribunale dei minorenni di turno, Annamaria Fiorillo — la stessa del caso Ruby — in cui in una semplice pagina stabiliva come il neonato dovesse essere separato dalla madre, «in attesa di una decisione del Tribunale dei minorenni». Al reparto maternità del Policlinico il magistrato anticipava anche come «in qualsiasi momento, incaricati del Tribunale potranno presentarsi per portare via il bambino». La ragazza è troppo pericolosa, per l’accusa.
La “purificazione” era ciò che Martina — fino al dicembre scorso studentessa della Bocconi — aveva detto di cercare proprio con la maternità insieme al suo compagno Alexander Boettcher, agli psicologi che l’hanno visitata in questi mesi in carcere. La “coppia dell’acido”, gli sfiguratori, i giovani che oltre ad aver rovinato per sempre il ventenne Pietro Barbini — un lontano ex della Levato — se non fossero stati fermati in tempo, avrebbero continuato nel loro disegno. Purificarsi dal passato, era l’intento. O, forse, l’ordine che il broker, Alexander Boettcher, aveva impartito alla sua nuova fidanzata, per spezzare definitivamente e a suo modo il legame con gli “ex” di Martina. Quattordici anni di carcere in primo grado per entrambi gli imputati — oltre a un risarcimento plurimilionario — come aveva chiesto il pubblico ministero Marcello Musso. Da poco più di due giorni, il neonato — al momento riconosciuto solo dalla madre — si trova in una stanza isolata della clinica Mangiagalli. I nonni materni possono vederlo solo per pochi minuti, la madre per nulla. «Nostra figlia è totalmente disperata», hanno fatto sapere i signori Levato al telefono ai loro avvocati. «È una barbarie », fa eco la madre di Boettcher. Il bambino si trova nella nursery con un pigiamino messo a disposizione dallo stesso ospedale. Ai nonni non è stato permesso vestirlo con le tutine che stavano preparando da mesi. «Sono perplessa del provvedimento — commenta l’avvocato Laura Cossar, che sta seguendo la famiglia Levato — Mi sembra che sia troppo punitivo, soprattutto nei confronti del bambino ». Non si dice invece «sorpreso », il legale di Barbini, Paolo Tosoni. «È una decisione difficilissima, non vorrei essere nei panni del Tribunale dei minori — ragiona Tosoni — ma, forse, l’atteggiamento di Martina non ha aiutato, se avesse dimostrato un minimo di pentimento, di volontà di sottoporsi a un cammino di recupero, forse la decisione avrebbe potuto essere diversa».
Materialmente già oggi il Tribunale potrebbe vagliare la richiesta del pm Fiorillo. Decidendo di mantenere la distanza tra madre e figlio e avallando la pratica per l’adottabilità. Il verdetto odierno non avrà controparti, i giudici infatti avranno a disposizione la richiesta del pm e il fascicolo riguardante Martina, composto dalle carte raccolte nel processo concluso poche settimane fa. Si tratta solo di una tappa di quello che si preannuncia come un lungo braccio di ferro. Sia i Levato che i Boettcher si sono detti disponibili a chiedere l’adozione del piccolo, in attesa che le vicende giudiziarie facciano il loro corso. Se venisse respinta la richiesta dell’accusa, Martina sarebbe invece autorizzata tra qualche giorno ad abbandonare l’ospedale e a trascorrere il tempo che le resta da scontare in una struttura protetta, destinata alle madri detenute. Questo almeno fino al compimento del decimo anno d’età, come recita la legge. Se, invece, il Tribunale avviasse le pratiche di adottabilità del neonato, i contatti tra madre e figlio si interromperebbero.
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