Convivenza interreligiosa e meno migranti, il modello albanese

by redazione | 7 Settembre 2015 9:09

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TIRANA L’ Albania non il migliore dei mondi possibili, è un Paese affaticato come altri dalla corruzione, spesso inquieto sotto la superficie a causa di vicinanza e familiarità con i principali fattori di crisi balcaniche. Però a quanti lo visitano di tanto in tanto fa ogni volta impressione vedere quanto sia distante dalle condizioni miserabili e plumbee dei primi anni Novanta, quando il suo popolo si era messo alle spalle quasi mezzo secolo vissuto sotto l’oscurantismo di un regime filo-maoista. A Tirana i palazzi moderni dai vetri lucenti hanno superato in altezza quelli del vecchio regime. L’aeroporto della capitale albanese è ben più sfavillante di quello di Fiumicino. Molte strade sono più ordinate di vie del nostro Mezzogiorno. Non è detto che nel Mediterraneo adesso ferito da guerre civili in Siria, in Libia e da focolai di pericoli altrove la storia debba per forza andare all’indietro. Non soltanto dal punto di vista dei consumi. Nella domenica in cui ha chiesto a ogni parrocchia di «accogliere una famiglia di profughi», Papa Francesco ha apprezzato che la Comunità di Sant’Egidio abbia organizzato a Tirana il suo convegno annuale di dialogo interreligioso. «È una scelta che condivido», ha scritto il Pontefice in un messaggio all’incontro internazionale intitolato «La pace è sempre possibile» che riunirà fino a domani oltre 400 tra leader religiosi — cristiani, musulmani, ebrei, ma anche buddisti e persone di altre fedi — con rappresentanti di istituzioni e testimoni dei conflitti e delle aggressioni in corso in Libia, Siria, Iraq, Nigeria. «Capitale di un Paese diventato simbolo della convivenza pacifica tra religioni diverse, dopo una lunga storia di sofferenza», è la definizione data dal Papa per Tirana, città che ha visitato un anno fa. Attualmente si sa che la popolazione albanese, 3 milioni di abitanti, è composta all’incirca per il 57% da musulmani, il 10% da cattolici, il 7% da cristiani ortodossi, il 2% dai bektashi e da una somma di altre componenti. Nel 1967 l’Albania fu dichiarata il primo Stato ateo. La dittatura di Enver Hoxa demolì chiese, incarcerò ed eliminò sacerdoti e altri religiosi. Forse tanti partecipanti al convegno ignorano che strumenti di supplizio impiegati allora contro cristiani e dissidenti detenuti si trovano a due passi dal principale albergo impiegato per gli ospiti da Sant’Egidio. In un museo. «Non è un caso che a Durazzo finiscano nella stessa prigione e nella stessa tomba il muftì, Mustafà Varoshi e l’arcivescovo cattolico Prendushia», ha fatto presente Riccardi nella prima giornata del convegno. Indicativo della condizione esemplare attribuita adesso al Paese ospitante è che da Tirana il fondatore della Comunità, detta «L’Onu di Trastevere» per le sue mediazioni tra parti in conflitto e la sua collocazione a Roma, abbia lanciato un appello rivolto a tutte le religioni. È a ricordare la «lezione di speranza» albanese per superare «la diffusa rassegnazione» a reputare guerre e terrorismo «fenomeni inarrestabili». Su questo le domande poste da Riccardi danno da riflettere: «Dove sta un movimento per la pace in Siria? Dove nei Paesi arabi? Dove in Europa? La passione per la pace sembra esaurita. Eppure ci fu impetuoso nel 2003 un movimento per la pace contro la guerra in Iraq». A governo italiano e Unione europea il professore, ex ministro dell’Integrazione, ha offerto una sorta di consulenza su come dar seguito all’esortazione del Papa sui rifugiati: ricorrere alla cosiddetta sponsorship, ossia consentire a cittadini, associazioni e parrocchie «di farsi garanti dell’accoglienza», poter ospitare quanti sono già in Europa e invitarne altri «dalle zone a rischio» riducendo le traversate con pericoli di naufragi. Per il momento, alcuni degli invitati al convegno sono ex migranti ed ex profughi stranieri integrati in Italia arrivati a Tirana dopo un viaggio in nave da Bari a Durazzo: una rotta inversa rispetto a quella che negli anni Novanta folle di poveracci percorrevano su relitti galleggianti. Traversate che, dall’Albania, non partono più come allora .
Maurizio Caprara
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