I robot di Amazon conquistano l’ Europa

I robot di Amazon conquistano l’ Europa

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A VEDERLI così non fanno molta impressione. Non hanno braccia né gambe, non parlano, non vedono in senso stretto. Ma stanno rivoluzionando il mondo della logistica, iniziando da quella di Amazon che a luglio ha superato Wall-Mart diventando per valore la più importante catena di negozi (virtuali, nel suo caso) del mondo. E ora i robot Kiva si apprestano a sbarcare in Europa, nella loro ultima versione, dopo aver dimostrato il proprio valore in dieci diversi depositi della multinazionale di Seattle sparsi negli Stati Uniti. Sono già oltre 15mila unità che raccolgono gli ordini, corrono fra gli scaffali, sollevano l’oggetto desiderato, lo portano ad un operatore in carne e ossa che lo raccoglie e lo impacchetta. Più veloci degli uomini di tre o quattro volte, la loro efficienza è tale che Amazon si è comprata la startup di Boston che li produceva sborsando 775 milioni di dollari nel 2012. Non a caso riesce ad offrire servizi come Prime Now in certe aree degli Stati Uniti: consegne entro un’ora per meno di otto dollari, gratuite in due ore se si è abbonati. «Gli algoritmi più complessi? Non li impieghiamo per suggerire ai clienti l’articolo migliore in base ai loro gusti, come molti pensano, ma per gestire i magazzini», aveva raccontato qualche tempo fa Diego Piacentini, fra i più stretti collaboratori di Jeff Bezos. E questo significa usare la matematica per organizzare i depositi, mettendo gli oggetti più richiesti vicini a dove si impacchetta e riorganizzando le lunghe fine di scaffali a misura di Kiva. Con un risparmio dei costi di gestione, il calcolo è della Janney Capital Markets, di oltre il 50 per cento.
Kiva non è solo. Nella Silicon Valley la Fetch ha sviluppato una coppia di robot, il primo capace di scegliere il pacco giusto e il secondo di trasportarlo, che possono esser impiegati in tandem o singolarmente. Poi c’è il braccio meccanico dotato di scanner dell’indiana Dtdc, un’azienda di distribuzione, e c’è il Butler della Gray Orange di Singapore, fondata da Samay Kohli and Akash Gupta, due ingegneri che si son fatti le ossa costruendo robot lottatori impiegati nei vari tornei internazionali.
«L’automazione industriale sta diventando uno standard», racconta Giorgio Metta, direttore dell’iCub Facility all’Istituto Italiano di Tecnologia, fra i più avanzati in fatto di robotica e non solo nel nostro Paese. «Il sistema Kiva è complesso, ma le macchine si muovono in ambienti ordinati. Il prossimo passo è arrivare all’indipendenza in spazi non modificati apposta. Vuol dire mettere a punto una vista artificiale affidabile, una vera comprensione del parlato per eseguire gli ordini e ovviamente saper distinguere cose, persone e oggetti ».
Su indicazione di Andy Rubin, “padre” del sistema operativo per smartphone Android, Google ha comprato sette diverse aziende impiegate nella robotica fra le quali la Industrial Perception che sta lavorando su un braccio meccanico in grado di caricare e scaricare un camion distinguendo i materiali che trasporta. I veicoli con guida autonoma sono dietro l’angolo, bisognerà risolvere il problema degli ultimi metri: un robot che prelevi l’oggetto dal furgone e lo consegni al cliente. È il sogno della completa automatizzazione teorizzata da William Shockley nel 1952, quattro anni prima che ricevesse il Nobel per aver inventato il transistor. Lo ricorda John Markoff, del
New York Times , nel suo ultimo libro Machines of Loving Grace .
Resta da capire con quale impatto sull’occupazione. Amazon sostiene che l’introduzione di Kiva non ha portato a licenziamenti, anzi l’azienda ha assunto. Probabile però che le nuove leve non siano finite nei magazzini.
Carl Benedikt Frey e Michael Osborne della University of Oxford, sostengono che entro 10 anni metà dei lavori verranno svolti dalle macchine. Vedremo. Ma se si vuol avere in un’ora quel che si è ordinato sul Web la strada è obbligata. E il Kiva è solo uno dei passi in quella direzione.


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