L’Europa che invecchia salvata dai migranti “Senza nuovi lavoratori l’industria è a rischio”

by redazione | 30 Settembre 2015 9:15

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IL maestro artigiano Ulrich Benke è entusiasta del suo nuovo apprendista. È sveglio e molto diligente. «Quello che vorrei anche nei miei apprendisti tedeschi. Lui ha qualcosa in più». Yamoussa Sylla, un ragazzo della Guinea, è arrivato in Germania da solo, a 15 anni, come profugo. Ora il giovane, che parla perfettamente tedesco, sta svolgendo un tirocinio come saldatore presso l’azienda di laminati Benke, a Schwerte, nella Renania Settentrionale-Vestfalia.
Secondo l’Ocse, quest’anno un milione di persone verrà in Europa in cerca di asilo. Non sono mai stati così tanti dai tempi della Seconda guerra mondiale. Solo la Germania attende fino a 800 mila profughi – uno su due con meno di 25 anni.
Molti Paesi della Ue vedono i profughi come una minaccia e si chiudono, mentre i migranti possono essere un arricchimento, come dimostra l’esempio di Yamoussa Sylla. Possono contribuire perlomeno ad attenuare il problema demografico della Germania e dell’Europa. Si prevede che già fra il 2013 e il 2020 la quota di popolazione in età lavorativa in tutta Europa calerà di circa 7,5 milioni, mentre in tutti gli Stati dell’Ocse crescerà nella medesima proporzione. «La realtà oggi è tale che in molti Paesi dell’Ue il fabbisogno dei rispettivi mercati del lavoro non può più essere coperto con manodopera esclusivamente indigena », ha scritto la Commissione europea in un rapporto dell’anno scorso. Perciò l’Europa, nel suo stesso interesse, deve poter contare su profughi come Yamoussa Sylla.
Oggi in Germania i richiedenti asilo sono accettati più che negli anni Novanta. Ciò è dovuto anche al fatto che allora la pressione demografica non era forte come oggi. Nel confronto internazionale l’invecchiamento della società tedesca è particolarmente drammatico. La Fondazione Bertelsmann ha recentemente stimato che per mantenere stabile fino al 2050 il numero dei suoi lavoratori e il suo sistema sociale, la più grande economia europea ha un fabbisogno netto annuo di mezzo milione di immigrati. Perciò l’artigianato tedesco accoglie a braccia aperte i richiedenti asilo. Quest’anno l’economia tedesca non è in grado di assegnare decine di migliaia di posti di apprendista perché non ci sono richieste. Il numero dei diplomati si sta riducendo e sempre più giovani decidono di iscriversi all’università. Perciò i profughi, che possono dare una mano, sono benvenuti. «I giovani sono molto motivati », dice il presidente della camera dell’artigianato di Dortmund, Berthold Schröder. Per loro, poter imparare a fondo un mestiere da artigiano è una grande opportunità». Nel suo distretto venti richiedenti asilo stanno ricevendo una formazione nell’ambito di un progetto pilota. Imparano, fra gli altri, i mestieri di falegname, carpentiere, elettricista o meccatronico autoriparatore – professioni nelle quali poi potranno aiutare la ricostruzione dei loro Paesi, come sottolinea la camera dell’artigianato. Per la durata della loro formazione sono “ammessi” in Germania, anche se non sono ancora profughi riconosciuti, e non possono essere espulsi.
Anche in altre città sono stati avviati progetti come quello di Dortmund. Così la Berliner Stadtmission intende fornire ai profughi, al più tardi entro l’inizio del prossimo anno, una formazione professionale come tecnici e venditori di biciclette. Già da due mesi, in un’officina presso la stazione centrale, i profughi riparano biciclette offerte. Al giovane siriano Baschar Albdiwi piacerebbe imparare come si assemblano le componenti delle biciclette. Abita in un caseggiato nei pressi dell’officina “Rückenwind – Biciclette per profughi”, un’associazione senza fini di lucro gestita da giovani berlinesi, che intende collaborare al progetto della Berliner Stadtmission. «In Germania vorrei diventare costruttore meccanico», dice Albidwi. In Siria i suoi voti erano sufficienti soltanto per imparare la seconda delle sue professioni preferite, cioè un impiego nel settore alberghiero. Però a causa della guerra è stato costretto ad interrompere dopo poco più di un anno il corso di studi quinquennale e a fuggire.
Ora Albidwi spera in una vita migliore in Germania. Molto dipende dal successo che potrà avere il tentativo di integrare nel mercato del lavoro i richiedenti asilo come lui. Gli esperti dell’Ocse elencano quello che è necessario a questo scopo: «I profughi hanno bisogno di corsi di tedesco, di assistenza intensiva, di una tempestiva valutazione delle loro capacità. Hanno bisogno di accedere al sistema formativo, devono essere risolti i loro problemi sanitari e sociali e, non ultimo, i datori di lavoro devono dare ai richiedenti asilo un’opportunità di impiego».
L’economia è senz’altro preparata a tutto questo. Tuttavia, i politici e gli studiosi mettono in guardia da un’eccessiva euforia. Il ministro federale degli Interni, Thomas de Maiziere ( Cdu), è convinto che l’afflusso di profughi non sia la panacea contro il rapido invecchiamento e il calo a lungo termine della popolazione tedesca. «In Germania mancano operai specializzati e qualificati – non abbiamo bisogno di quelli privi di qualifiche», dice anche l’esperto di mercato del lavoro Bernd Raffelhüschen. «Le esperienze delle precedenti crisi dei profughi hanno dimostrato che i migranti possono dare un contributo prezioso al benessere economico e sociale», scrive anche l’Ocse nel suo più recente rapporto sull’emigrazione.
Comunque, Yamoussa Sylla è contento di trovarsi nell’azienda di venti persone di Schwerte. Forse, spera il ragazzo, dopo il suo apprendistato potrò fare il capo. «O addirittura creare una mia azienda ».
(Copyright Die Welt/Lena Leading European newspaper Alliance, traduzione di Carlo Sandrelli)
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