L’onere è di tutti, il messaggio della cancelliera a Bruxelles

L’onere è di tutti, il messaggio della cancelliera a Bruxelles

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BRUXELLES. Solidali sì, ma non fessi. La generosità dei tedeschi è a favore dei rifugiati che fuggono la guerra. Non di quei governi europei che pensavano di approfittare del buon cuore di Berlino per scaricare sulla Germania l’onere di una emergenza che riguarda tutti. La decisione presa da Angela Merkel di chiudere temporaneamente le frontiere tedesche manda tre messaggi molto chiari ai partner europei.
Il primo è che l’afflusso spropositato di profughi, favorito e anzi alimentato dalla mancanza di controlli da parte dei vicini, ha saturato sia le capacità logistiche sia la tenuta politica del governo tedesco. La città di Monaco, che ha ricevuto 40mila fuggitivi in un solo week-end, è al collasso. E in seno alla coalizione che sostiene Angela Merkel i conservatori bavaresi cominciano a brontolare e ad accarezzare il cane della xenofobia che finora era rimasto miracolosamente a cuccia. Se vogliono che la Germania continui a mantenere aperte le proprie porte, dice Berlino, i partner europei devono darle il tempo di gestire l’emergenza in modo umanamente e politicamente non traumatico creando «zone di attesa» per i profughi, anche in Italia.
Il secondo messaggio è mirato più direttamente a Orbán e al governo ungherese, che sta usando i disperati in fuga dalla Siria come arma impropria per colpire Angela Merkel. Budapest, contraria a ogni proposta di quote europee, si è detta pronta perfino a rinunciare alla redistribuzione di 50mila dei suoi rifugiati che le era stata offerta dalla Commissione. Il nuovo piano di Juncker per ripartire altri 120mila profughi stipati in Italia, Grecia e Ungheria sarà discusso oggi dai ministri dell’Interno riuniti a Bruxelles. Ma Orbán pensa di poterne fare a meno, visto che le centinaia di migliaia di disgraziati oggi sul suo territorio chiedono solo di poter passare per andare verso Nord. Chiudendo le frontiere, la Germania dimostra a Orbán che quello da lui cinicamente definito «un problema tedesco» può rapidamente diventare un problema ungherese, in grado di mettere in ginocchio il suo piccolo e arrogante Paese.
Il terzo messaggio inviato dalla Merkel riguarda tutti gli europei, e in particolar modo quel blocco di Paesi dell’Est deciso ad evitare ad ogni costo il sistema delle quote proposto dalla Commissione e qualsiasi manifestazione di solidarietà con gli altri membri dell’Unione. Le regole di Dublino sul diritto di asilo, che io ho temporaneamente sospeso come gesto umanitario di fronte alla tragedia siriana, restano sempre in vigore, dice in sostanza la Cancelliera. O troviamo tutti insieme una soluzione condivisa, facendo ciascuno la propria parte, oppure applichia- mo le regole esistenti e la Germania, che come la Francia non ha frontiere esterne all’Ue, potrà tranquillamente ripararsi dietro lo scudo dei Paesi periferici più esposti all’assalto dei profughi.
Tutto questo, ovviamente, fa parte delle grandi manovre in vista della riunione dei ministri di oggi. Che però difficilmente sarà in grado di ricucire le lacerazioni apertesi tra un Sud dell’Europa travolto dall’ondata dei migranti e incapace di gestirla secondo le regole convenute, un Nord pronto a dimostrare solidarietà, ma a condizione che le regole vengano rispettate, e un Est che vede l’Europa solo come una fortezza entro le cui mura rifugiarsi opportunisticamente per trovare riparo dal vicino russo e, occasionalmente, anche dal profugo islamico. Questi fossati che l’emergenza migratoria sta scavando tra le tre aree culturali ed economiche dell’Unione non potrà essere colmata da un consiglio ministeriale. E probabilmente neppure dal vertice.
«L’ Europa ha fallito», denunciava ieri un ministro tedesco del partito bavarese. Ma i numerosi fallimenti dell’Europa, quelli passati e anche quelli che verosimilmente ci riserva il futuro, dimostrano solo una cosa. Dopo essersi dotata di strumenti centralizzati per gestire la libera circolazione delle merci e dei capitali, l’Europa non può più tardare a fare altrettanto per gestire la libera circolazione delle persone all’interno dei suoi confini, e regolare quella all’esterno. Juncker ha annunciato che proporrà entro l’anno la creazione di una Guardia di frontiera europea. Ma non può esistere una guardia di frontiera unica se ci sono politiche migratorie e di asilo diverse. Questo significa che, dopo aver messo sotto tutela i ministri nazionali dell’Economia, Finanze, Industria, Agricoltura e Commercio, è arrivato per Bruxelles il momento di mettere sotto tutela anche i ministri dell’Interno e le loro competenze rimaste finora ostinatamente e orgogliosamente sovrane. Ci riuscirà? Difficile dirlo. Ma in questa direzione ci spingono la Storia, i pochi governi che l’hanno capita e, soprattutto, alcune decine di milioni di profughi che si affollano alle nostre frontiere.


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