Mosca: tecnici per l’esercito di Assad “Aiuti contro l’Is, non combattiamo”

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 MOSCA . Prima un po’ di ironia e qualche rassicurazione: «Militari russi in Siria?», sorride il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, «vedo in giro un po’ di isteria. Siamo presenti da quelle parti da oltre vent’anni. Addestriamo le truppe di Damasco e distribuiamo aiuti umanitari». Subito dopo però, ecco un altro segnale poco tranquillizzante: la tv Rbk , senza ricevere alcuna smentita, comunica che già dall’8 di questo mese e fino al 17, la nave da sbarco Saratov della Flotta del Mar Nero sta effettuando manovre militari al largo delle coste siriane con tanto di prove di lanci di missili e di missioni simulate da parte dei mille paracadutisti ospitati nelle sue stive. Le compagnie aeree civili sono già state avvertite di fare attenzione sulle rotte che incrociano nel raggio di 70 chilometri da Tartus, porto siriano, che grazie alla benevolenza dell’amico presidente Assad è l’unica base logistica concessa alla Marina russa in tutto il Mediterraneo.
Tutto nel pieno rispetto delle norme internazionali. Con una conferma che arriva anche dal Libano. «Da Russia e Iran solo esperti militari», dice il responsabile militare di Hezbollah. Ma, tra le righe delle dichiarazioni ufficiali di Mosca, appare evidente la voglia di infierire sui nervi scoperti di Washington riguardo alla crisi siriana. «L’esercito di Assad — dichiara per esempio il portavoce preferito di Putin, Dmitrj Peskov — resta per noi la sola forza in grado di fermare l’ondata di violenza scatenata dai ribelli e dal cosiddetto Stato Islamico». La conferma, se ce nefosse stato il dubbio, che la Russia si ripropone come una forza attiva in una eventuale coalizione mondiale contro il pericolo Is, ma che allo stesso tempo non intende mollare il rais siriano, al centro delle minacce statunitensi, britanniche e francesi.
Una bella mina diplomatica che Vladimir Putin sta ancora perfezionando in attesa di farla esplodere il 15 settembre prossimo nel suo atteso intervento all’Assemblea dell’Onu. Mentre si gode insieme all’amico Berlusconi lo splendido panorama della sua dacia di Sochi, il presidente russo prepara infatti un discorso che suonerà più o meno così: «Se volete una mano contro l’Is dovete accettare anche le nostre condizioni». A perfezionare l’ef- fetto dell’intero show ci sta pensando lo staff del Cremlino che da mesi lavora per confezionare un incontro “a sorpresa” al Palazzo di vetro con Papa Francesco, che già altre volte, e proprio sulla Siria, si è ritrovato più in linea con Putin che con le bellicose tentazioni occidentali. Lo staff del Papa ha risposto in perfetto stile Francesco, mostrandosi disponibile a patto che «Putin non faccia aspettare Sua Santità come l’ultima volta». Allusione scherzosa, ma non troppo, al ritardo di oltre un’ora con cui Putin si presentò a un’udienza in Vaticano nel giugno scorso.
Intanto giganteschi aerei Antonov continuano a scaricare a Tartus e Latakia, mezzi blindati, rifornimenti e tecnici specializzati nella manutenzione dei vetusti sistemi antimissili siriani di fabbricazione sovietica. L’operazione, dicono i giornali russi, sarebbe approvata dai paesi arabi moderati come Arabia saudita, Giordania ed Egitto che vedrebbero con piacere l’Armata russa in azione contro la minaccia integralista. E non è finita. Il Medio Oriente che ribolle e le diversità di vedute già manifestate potrebbero, secondo Mosca, accentuare le divisione tra i paesi Ue. Molti dei quali, Italia compresa, sono sempre più insofferenti alle sanzioni e all’accerchiamento deciso contro la Russia dopo le vicende ucraine. In attesa di volare a New York, Putin sa bene che proprio nel caos di Damasco si potrebbe nascondere la chiave per cambiare l’attuale clima da Guerra Fredda.


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