Più aiuti ai rifugiati hotspot in Italia e Grecia da novembre

by redazione | 24 Settembre 2015 9:36

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BRUXELLES. Masticano amaro, ma si adeguano. Dopo la decisione a maggioranza dei ministri dell’Interno, che martedì hanno imposto la redistribuzione di 120mila rifugiati, i Paesi dell’Est che avevano votato contro la proposta della Commissione ieri hanno evitato nuove polemiche. E così i capi di governo europei, riuniti a Bruxelles per un vertice straordinario sull’immigrazione, hanno potuto concentrarsi sui mezzi per cercare di frenare la marea di profughi alle porte dell’Ue. Tra le decisioni anche quella di aprire i centri di identificazione in Italia e in Grecia e avviare la ridistribuzione e i rimpatri dei migranti entro novembre.
L’unico che, almeno in pubblico, continua a ribellarsi al “diktat” sulle quote è il premier della Slovacchia, Robert Fico. Ma anche lui ha moderato i toni. Mentre prima assicurava che non avrebbe mai ottemperato alla decisione di Bruxelles, ieri si è limitato a minacciare un ricorso alla Corte di Giustizia, evitando dunque di prospettare una vera ribellione alle regole comuni. Del resto la pressione sul premier slovacco è massiccia. Ieri Gianni Pittella, capogruppo socialista al Parlamento di Strasburgo, ha annunciato che chiederà la sospensione del partito di Fico dal Pse. E Hollande ha rincarato la dose: «Chi non condivide i valori dell’Europa deve interrogarsi sulla sua presenza nell’Unione».
Gli altri governi, a cominciare da quello ungherese di Viktor Orbán, capofila della guerra contro le quote, hanno annunciato che si adegueranno alla decisione presa contro la loro volontà. «L’Europa è nata per abbattere i muri, non per costituirli, caro Viktor», gli ha rinfacciato Renzi durante il summit. Orbán ha brontolato anche contro «l’imperialismo morale» della Merkel, ma ospiterà il contingente di rifugiati assegnatogli. Lo stesso i cechi, spiegando di non voler «aumentare la tensione». I romeni, pure loro contrari, si spingono a dire che la gestione della quota loro assegnata «non sarà un problema».
Sgomberato il campo dalla questione più spinosa, i capi di governo ieri hanno potuto discutere di come affrontare l’emergenza rifugiati alle radici. La prima mossa è quella di cercare di rendere più sopportabile la situazione nei campi profughi che ospitano i siriani in Turchia, Giordania e Libano. Ieri è stato deciso di aumentare di un miliardo di euro il contributo europeo alle agenzie Onu che assistono i rifugiati nella regione. Anche i finanziamenti diretti ai governi di Ankara, Beirut e Amman verranno aumentati. Per la Turchia, il cui presidente Erdogan sarà a Bruxelles il 5 ottobre, si parla di un miliardo di finanziamenti. La somma messa a disposizione dalla Commissione per l’emergenza rifugiati è stata aumentata da 4,6 a 9,5 miliardi. Parte di questa cifra andrà anche a potenziare sia il programma per la creazione degli hotspot, sia gli interventi di Frontex per il rimpatrio degli immigranti irregolari che non hanno diritto all’asilo politico. È questo un punto su cui l’Italia insisteva molto, e che è stato inserito nelle conclusioni finali. «A me sembra che oggi si sia fatto un passo significativo, è una notte importante per l’Italia — ha commentato Renzi — si va verso un superamento degli accordi di Dublino». In plenaria Renzi ha ricordato che «quando c’era la questione dell’idraulico polacco, l’Europa non si è fermata, si è fatta carico di unire, non di chiudersi».
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