Por­to­gallo al voto, verso lo «Stato minimo»

Por­to­gallo al voto, verso lo «Stato minimo»

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Il 4 otto­bre pros­simo i por­to­ghesi saranno chia­mati alle urne per rin­no­vare l’Assembleia da Repub­blica. Ci dovrebbe essere grande con­ci­ta­zione, entu­sia­smo e spe­ranza e invece, per il momento, tutto e tutti sem­brano muo­versi come dei pugili suo­nati alla fine di un com­bat­ti­mento. I dati macroe­co­no­mici sono appa­ren­te­mente buoni, o così ven­gono pre­sen­tati dai media, che poi è quello che conta. Il rap­porto debito Pil è schiz­zato dal 90% al 130%, ma tanto che importa, c’è la Bce a dare una mano. Per il resto il Pil cre­sce, così come l’occupazione e i con­sumi. Già, sem­bra che il paese in rivolta, quale era il Por­to­gallo fino a un paio di anni fa, si sia improv­vi­sa­mente addormentato.

Il centro-destra si pre­senta alle ele­zioni solido, com­patto e con un unico pro­gramma. Por­tu­gal à Frente, “A Coli­gação”, la Coa­li­zione come viene ormai comu­ne­mente chia­mata, è costi­tuita dal Par­tido Social Demo­crata (Psd cen­tro destra libe­rale) e il Cen­tro Demo­crata e Cri­stão — Par­tido Popu­lar (Cds/Pp). Sono i due par­titi che hanno gui­dato il paese negli anni della Troika e, nono­stante le fri­zioni, i con­flitti anche aspri tra Pedro Pas­sos Coe­lho, il pre­mier, e il suo alleato Paulo Por­tas, lea­der del Cds/Pp, l’immagine osten­tata ai cit­ta­dini è quella di grande sta­bi­lità: il governo non è caduto ed ha retto al peso delle pres­sioni dell’opinione pubblica.

Non c’è stato nes­sun col­lasso con­tra­ria­mente a quanto suc­cesso in Gre­cia ed è oggi con­si­de­rato da molti come un “caso di suc­cesso”. Poco importa in fondo quale sia dav­vero la realtà, i 500 mila gio­vani emi­grati in fuga da con­di­zioni sem­pre più pre­ca­rie, la crisi demo­gra­fica, i tic­ket per la salute decu­pli­cati, la riforma degli affitti e quella del lavoro. Poco importa, come sot­to­li­nea Mariana Mor­ta­gua del Bloco de Esquerda, se i cit­ta­dini si dovranno sob­bar­care i costi, dif­fi­cil­mente cal­co­la­bili ma valu­tati sopra il miliardo di euro, per il sal­va­tag­gio di una enne­sima banca.

La nuova nar­ra­zione è quella di un paese che, dopo il periodo tur­bo­lento della pri­ma­vera del 2011, ha saputo risor­gere dalle sue ceneri. In que­sto clima i lea­der della sini­stra fati­cano a fare presa e non giova né la lotta fra­tri­cida per la con­qui­sta dell’egemonia nel pro­prio campo, né il met­tere sullo stesso piano il Par­tito Socia­li­sta (Ps) e il centro-destra come fanno il Par­tido Comu­ni­sta Por­tu­guês e il Bloco de Esquerda. Non giova nean­che il fatto che in que­sti anni la linea stra­te­gica si stata quella di enfa­tiz­zare la peri­co­lo­sità delle poli­ti­che auste­ri­ta­rie sul piano della soste­ni­bi­lità dei conti pub­blici e non su quello umano e sociale. Ora che l’epilogo greco non si è con­cre­tiz­zato è gioco facile per Pas­sos Coe­lho e Por­tas ricor­dare che è pro­prio gra­zie a loro che ci si ritrova alla vigi­lia di lumi­noso periodo di crescita.

A dare un minimo di unità alle sini­stre base­rebbe una let­tura attenta del pro­gramma delle destre per la pros­sima legi­sla­tura. Ispi­rato all’idea di Big Society, ovvero all’idea dello stato minimo libe­rale e all’intervento sus­si­dia­rio della società civile, il pro­getto, se attuato, potrebbe por­tare a un ulte­riore e più radi­cale disim­pe­gno dello stato nella società. Nes­suno deve restare indie­tro, si legge nel mani­fe­sto, ma ad aiu­tare chi rimane indie­tro non deve neces­sa­ria­mente essere il wel­fare pub­blico, anzi!

E poi c’è il tetto alle pen­sioni, anche qui, appa­ren­te­mente una grande idea: impe­dire che alcune per­sone pos­sano godere di asse­gni ecces­sivi. Certo però che poi la pre­vi­denza smette di essere uni­ver­sale e per tutti, per tra­sfor­marsi in un ente cari­ta­te­vole di cat­tiva qua­lità esclu­siva per gli strati più deboli della società. Dopo­tutto la pri­va­tiz­za­zione della salute è una ten­denza radi­cata già da anni. Dati Euro­stat mostrano come nel 2012 la per­cen­tuale di inve­sti­menti pri­vati in salute sul totale era la seconda, dopo Cipro, più alta in Europa.

Non basta, per­ché se da un lato nes­suno deve restare indie­tro, dall’altro il sistema deve essere reso soste­ni­bile, e si sa bene che il sino­nimo di soste­ni­bile è tagli, aumento dell’età pen­sio­na­bile e «raf­for­za­mento del prin­ci­pio con­tri­bu­tivo». Il sistema deve essere reso soste­ni­bile, ma visto che comun­que la popo­la­zione invec­chia è neces­sa­rio «pro­muo­vere piani com­ple­men­tari pen­sio­ni­stici» raf­for­zando «la cul­tura del rispar­mio».
Last but not least, il grande cavallo di bat­ta­glia di sem­pre: la con­ver­genza del sistema pen­sio­ni­stico pub­blico con quello pri­vato, a tutto svan­tag­gio di quello pub­blico, ça va sans dire. Insomma nulla di nuovo è l’ideologia dello stato minimo quella che tra­suda dalle pagine del piano ela­bo­rato dalla Coli­gação. Non è un caso che anche i finan­zia­menti alle scuole pri­vate e la libertà di scelta tra que­ste e quelle pub­bli­che sia un’altra delle prio­rità, ma que­sto è un’altro capitolo.

Gli ultimi son­daggi mostrano la vita­lità della destra, in cre­scita, ora è data in pareg­gio con il Par­tito Socia­li­sta. Man­cano 3 set­ti­mane e nulla è ancora scritto, l’esperienza inse­gna che è negli ultimi giorni di cam­pa­gna che si pos­sono spo­stare i grandi flussi di voti, tut­ta­via se que­sta è la linea di ten­denza diventa molto pro­ba­bile l’ipotesi di un governo di grande coa­li­zione o, per­ché no, addi­rit­tura un “Pas­sos” bis .



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