“Siamo duri a morire” Tsipras batte la destra Astensione da record ma Syriza governerà

“Siamo duri a morire” Tsipras batte la destra Astensione da record ma Syriza governerà

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ATENE. “AVANTI popolo, alla riscossa, bandiera rossa bandiera rossa! ». Atene, Piazza Korai, ore 22.30. Il pericolo è scampato. E i militanti di Syriza, dopo una campagna in sordina e al cardiopalma, possono finalmente abbandonarsi al canto liberatorio. Alexis Tsipras non lascia, anzi raddoppia. Il 41enne enfant prodige della politica ellenica è risorto dalle sue ceneri. «Siamo duri a morire », ride lui in versione Bruce Willis salutando la folla in festa sotto il gazebo elettorale. Ha tradito le promesse («troika e austerity sono cose del passato»), ha portato il partito alla scissione. I greci però hanno deciso di dargli un’altra chance. Syriza ha stravinto le elezioni e — con il 75 % dei voti scrutinati — viaggia al 35,4%. Nea Demokratia, data da tutti in rimonta, si è fermata al 28,3%. E Atene — dopo nove mesi sull’ottovolante — riparte esattamente da dove era rimasta a gennaio.
«Non ci speravo», assicura con le lacrime agli occhi il 75enne Manolis Papadimitriou, arrivato qui al Panepistemiou in macchina a clacson spiegato. Invece è successo. Oggi Tsipras riceverà dalle mani del capo dello Stato Prokopis Pavlopoulos il mandato a formare il nuovo governo. E quello che doveva essere un complicato giro di consultazioni a caccia di equilibri da misurare con il bilancino, sarà probabilmente una pura formalità: l’ex premier — arrivato a Korai assieme al vecchio compagno di coalizione Pános Kamménos — farà decollare un esecutivo “fotocopia” di quello precedente. «È una vittoria chiara e netta», dice. Vero: i seggi conquistati da Syriza (145) sommati ai dieci della destra nazionalista di Anel (10) gli garantiscono la maggioranza assoluta in Parlamento.
«Non dovremo andare a trattare con il cappello in mano dal Pasok e dal Potami», gioisce l’insegnante di matematica Anna Kampouraki. «E soprattutto potremo finalmente governare senza preoccuparci del fuoco amico dei traditori di Unità popolare ». I ribelli del partito guidati da Panagiotis Lafazanis hanno fatto flop. L’ endorsement in zona Cesarini di Yanis Varoufakis — «appoggerò loro, il voto di oggi certifica la resa alla troika», pontificava ieri al seggio — è stato il bacio della morte: la sinistra radicale, secondo gli ultimi dati, rischia di rimanere sotto la soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento.
Nea Demokratia, che sabato fiutava un’insperata vittoria in rimonta, è rimasta invece con l’amaro in bocca. Un rassegnato Vangelis Meimarakis ha ammesso già alle otto di sera la sconfitta. «È un paradosso», dice incredulo Ioannis Andreou, mentre smonta il gazebo del partito a Syntagma. «A gennaio il 36,3% dei greci ha votato Tsipras perché prometteva di mandare in pensione l’austerity, ora la stessa percentuale lo appoggia per rifilarne al paese un’altra overdose ». La verità è che il fronte anti- memorandum, dopo sette mesi di sfibrante braccio di ferro con Bruxelles, si è sciolto come neve al sole. I partiti pro-euro hanno conquistato il 70% dei consensi. Il voto di protesta si è materializzato in un’astensione- monstre (ai seggi si è presentato solo il 55% degli aventi diritto, un record negativo) e nella crescita di Alba Dorata, che sull’onda del dramma dei rifugiati e malgrado i guai giudiziari, è risalita oltre il 7% confermandosi terza forza nazionale, prima tra i disoccupati. Il Pasok, in ripresa al 6,3%, non è riuscito invece a coronare il suo sogno di diventare l’ago della bilancia come l’ex Psi di Craxi, la ruota di scorta decisiva per formare un governo di coalizione.
La festa, lo sanno bene sotto il gazebo di Syriza a Korai, durerà poco. «Il difficile per noi inizia ora», ammette il 21enne studente di legge Giorgos Fotiadis. Il governo Tsipras 2 dovrà muoversi tra paletti molto stretti. Entro ottobre ci sono da approvare riforma delle pensioni e quella fiscale, si devono ricapitalizzare le banche e provare a rimuovere i controlli di capitali. «Il vantaggio del premier è che il copione è già scritto e dovrà solo farsi dettare ogni mattina i compiti a casa da Angela Merkel», ironizza Vassilis Primikiris, uno degli “ex” passati a Unità Popolare.
«Faremo un passo alla volta» assicurano i fedelissimi, snobbando le reazioni acide degli ex compagni. Il primo sarà quello di provare ad addolcire la pillola amara del memorandum con le discussioni per ristrutturare il debito previste a fine ottobre. «Poi incroceremo le dita sperando che dalle elezioni in Spagna, Portogallo e Irlanda arrivino buone notizie in grado di riequilibrare un po’ i rapporti di forza in Europa — continua Giorgos — e tentare, magari, di ammorbidire la cura lacrime e sangue che ci ha imposto la Troika».
Si vedrà. Anche il vincitore, nella notte del trionfo inatteso, ha preferito rimanere con i piedi per terra. «Abbiamo aperto la strada per il lavoro e la lotta», ha twittato sobriamente Tsipras linkando l’immagine di un gabbiano in volo sull’Egeo. «Abbiamo una seconda chance per liberarci per sempre del vecchio mondo che ha bloccato per 40 anni il paese », ha aggiunto. L’era delle promesse roboanti e irrealizzabili è finita. Quella del pragmatismo, inaugurata con il compromesso post-referendum, è iniziata con il piede giusto. «Non dobbiamo gettare alle ortiche questa occasione », si accalora Tonia Papadimoulis, militante da 20 anni nel partito. «Gli elettori ci hanno dato fiducia perdonando i nostri voltafaccia. Ora dobbiamo rispettare gli impegni: combattere corruzione, evasori e far pagare la crisi a chi finora non ha sborsato un centesimo». Gli obiettivi di Syriza e della Troika, in questo caso, coincidono. Suonano i clacson nella notte di Atene. Domani è un altro giorno. Ma stasera, alla faccia di Varoufakis, dei controlli di capitale, della crisi e di quel clima di rassegnazione che si respirava fino a sabato sera, è il momento — come a gennaio — di tornare a fare festa.


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