Strasburgo: “L’Italia dica sì alle unioni gay” ma al Senato è scontro

Strasburgo: “L’Italia dica sì alle unioni gay” ma al Senato è scontro

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Un ulteriore avviso ad accelerare sulle unioni civili ieri è arrivato dal Parlamento europeo. Mentre a Palazzo Madama entra nel vivo l’esame del disegno di legge Cirinnà, da Bruxelles si chiede a gran voce all’Italia e a nove stati membri «di considerare la possibilità di offrire alle coppie gay istituzioni giuridiche come la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio». Va ricordato che soltanto due mesi fa la corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo aveva già condannato l’Italia per la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare di tre coppie omosessuali. Il monito di ieri, giunto da Bruxelles, fa parte di un rapporto ampio sulla situazione dei diritti fondamentali approvato dal Parlamento Ue. In particolare, la richiesta di riconoscere i matrimoni gay è inserita in un paragrafo, il numero 86. Il plenum chiede alla Commissione Ue di «presentare una proposta di normativa ambiziosa che garantisca il riconoscimento mutuo delle unioni e matrimoni registrati in altri paesi» in modo da «ridurre gli ostacoli amministrativi e giuridici discriminatori che devono affrontare i cittadini» per esercitare il loro diritto alla libera circolazione. Ma il richiamo dell’Europa non è vincolante. Esprime semplicemente, spiegano fonti parlamentari, «l’orientamento politico». Intanto in Italia riprendono i lavori in commissione giustizia, dove si esaminano le “unioni civili”. Lo scenario non muta, però. Se il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova accoglie positivamente il rapporto di Bruxelles, «il Parlamento Ue non impone nulla, invita a muoversi», Roberto Formigoni (Ncd)cinguetta «si alzi un sonoro coro: Ue prrrrr». Le distanze appaiono ancora siderali. Tra maggioranza e opposizione. Ma anche all’interno della stessa maggioranza. Dove lo scontro continua ad imperare tra il Pd e gli ultraconservatori di Area Popolare. A nulla, dunque, è valso il monito di Bruxelles. «Se ne infischiano », ironizza un parlamentare dem in Transatlantico. L’iter parlamentare procede a rilento. Nella giornata di ieri la commissione, con una maggioranza variabile (Pd-Misto-M5s), respinge dieci emendamenti dei centristi smaltendendone in totale una cinquantina. Carlo Giovanardi, senatori di Ap, accusa i dem che «ci siamo trovati davanti un muro ». Dura la replica di Monica Cirinnà, relatrice al testo sulle unioni civili: «Da parte del Pd c’è stata apertura, ma ci siamo trovati di fronte a un muro. L’emendamento permissivo che definisce le Unioni civili tra le persone delle stesso sesso una formazione sociale specifica è stato un segnale di apertura da parte nostra che non è stato recepito». I temi più divisivi sono: il nuovo istituto giuridico della “specifica formazione sociale”, la reversibilità delle pensioni anche per le coppie omosessuali e la step child adoption. Ma l’esecutivo non intende cedere all’ostruzionismo di Ncd. E a sera, dall’assemblea dei senatori del Pd, Matteo Renzi afferma che «vorrei chiudere la riforma costituzionale prima del 15 ottobre così da permettere di chiudere anche la questione delle unioni civili per quella data». La road map è segnata. Subito dopo le riforme il testo dovrà approdare a Palazzo Madama. Per essere approvato entro la sessione di bilancio. Anche perché, spiegano, «essendo una legge di spesa dovrà essere discussa nella legge di stabilità».


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