Ungheria, manganelli e lacrimogeni contro i migranti. L’Ue: inaccettabile

Ungheria, manganelli e lacrimogeni contro i migranti. L’Ue: inaccettabile

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BERLINO . Frontiera serbo-ungherese, contro i “dannati della terra” in cerca d’Europa, è il giorno della violenza. Ieri reparti della polizia del premier Orbán in assetto di guerra hanno attaccato con gas lacrimogeni, potenti idranti e manganellate tutti quelli che – molti issando un ritratto di Angela Merkel – cercavano di passare. Tra questi anche donne, anziani e bambini. Ore di scontri a Horgos, circa trecento feriti (tra questi due bambini) per le conseguenze dei lacrimogeni e delle ferite da taglio. In ospedale anche 20 agenti ungheresi, mentre 29 profughi sono stati arrestati. «I migranti sono un chiaro pericolo alla sicurezza della nostra nazione », tuonava da Budapest, Zoltàn Kovacs, il potente portavoce del premier. «Che la Serbia fermi i migranti violenti e armati». «Se le quote passano a maggioranza le accetteremo, ma il Muro verrà esteso anche ai confini con Croazia e Romania», ha annuciato Orbán in un’intervista a Die Welt . E ben presto a presidiare la frontiera con la Serbia sarà inviato anche l’esercito ungherese: ogni soldato che si sentirà in pericolo avrà diritto a usare le armi. «Urge un vertice europeo straordinario per affrontare la tragedia», ha ammonito la cancelliera tedesca, Angela Merkel.
Budapest contro tutti: mentre il governo di Bucarest convocava l’ambasciatore ungherese, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si dichiara “scioccato” dal pesante uso della violenza ordinata da Orbàn contro i migranti. «È inaccettabile – ha ammonito – i profughi devono essere trattati nel rispetto della dignità umana». Incalza Dimitris Avramopoluos, commissario europeo all’immigrazione: «La difesa violenta dei confini è contro i valori della Ue». «Sono diventati aggressivi, ci lanciano contro bottiglie e sampietrini», si difende la polizia ungherese. Ma ben presto la affiancherà l’esercito: deci- ne di veicoli militari sono già arrivati alla frontiera con la Serbia. E la linea dura è contagiosa: «Non esiteremo a ripristinare i controlli al confine, specie alla frontiera con l’Italia», ha annunciato a Parigi il primo ministro, Manuel Valls.
Orbàn ha scelto il pugno di ferro: tra le altre cose l’Ungheria chiuderà per trenta giorni il valico di Roszke. Ma i migranti, provenienti in maggioranza dalla Siria, protestano. «Siamo uomini o terroristi?», ha detto alle telecamere di Spiegel online Rebin, un 38enne ingegnere siriano. «Fuggiamo dalla guerra, non chiediamo regali, vogliamo solo vivere e lavorare in Europa». Fischi di lacrimogeni e ordini di carica dura degli ufficiali della Rendoerség, la polizia magiara, coprono poi la sua voce nel video. Poco lontano dal luogo degli scontri, giovani curde narrano delle percosse da parte della polizia ungherese.
Intato, il portavoce della commisisone Ue per l’immigrazione, Natasha Bertaud, annuncia: «Gli esperti di Easo, Frontex, Eurojust ed Europol sono in Italia e gli hotspot stanno iniziando a funzionare. I ricollocamenti si potrenno fare a inizio ottobre». «Noi siamo pronti», puntualizza più tardi il ministro dell’Interno Alfano, «ma i centri per la registrazione dei migranti saranno attivati contemporaneamente alla redistribuzione dei 24mila richiedenti asilo». E il presidente della Repubblica Mattarella, sottolinea da Vienna: «Da soli gli hotspot non bastano: serve un’azione ditutta la Ue».


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