Dubbi sulla versione del pensionato I pm: ladro ucciso fuori dalla casa
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Vaprio d’Adda (Milano) «Scusi, ma lei per sparare è salito in piedi su una sedia?». Il pm Antonio Pastore fissa negli occhi il pensionato Francesco Sicignano. Il 65enne ha appena raccontato d’aver sparato contro il ladro nella cucina di casa, di aver premuto il grilletto da una distanza di due metri e mezzo contro una sagoma che veniva incontro in modo «minaccioso». Ma il magistrato ha sul tavolo i risultati delle analisi dei carabinieri, e quella che raccontano le «evidenze scientifiche» è tutta un’altra storia. A cominciare dal colpo sparato con una traiettoria dall’alto verso il basso, non in casa ma sulla scala esterna della villetta di Vaprio d’Adda, a nordest di Milano. In tutto l’appartamento dei Sicignano non sono state trovate tracce di sangue, né segni di effrazione, e in casa è stato repertato un solo proiettile inesploso. Per questo i magistrati, coordinati dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, sono sempre più convinti dell’accusa di omicidio volontario per la quale Francesco Sicignano è indagato a piede libero.
La certezza nella ricostruzione arriverà soltanto tra una settimana quando sarà eseguita l’autopsia sul corpo del 22enne albanese freddato durante il tentativo di furto di via Cagnola. Ma la differenza d’altezza tra il foro d’entrata al petto e quello d’uscita sulla schiena lascia pochi dubbi. Il proiettile ha descritto una traiettoria dall’alto in basso. Chi ha sparato lo ha fatto da una posizione sopraelevata e da qui la domanda del magistrato durante l’interrogatorio. Il ragazzo è stato colpito al cuore e per questo, secondo gli inquirenti, la morte è stata istantanea senza neppure il tempo di trascinarsi fuori dalla casa dei Sicignano.
Durante l’interrogatorio il pensionato, assistito dall’avvocato Antonella Pirro, ha detto di non essersi reso conto che la vittima non era armata: «Se lo avessi saputo avrei sparato in aria». Il 22enne, identificato dai carabinieri della compagnia di Vimercate grazie alle impronte digitali, ha precedenti per furto in appartamento e nel 2013 era stato espulso dall’Italia. Per il momento gli investigatori non hanno diffuso le generalità nella speranza di scoprire il covo della banda. I carabinieri stanno ancora dando la caccia ai due complici. Dalla loro testimonianza potrebbe arrivare l’ultimo tassello per la ricostruzione di quello che — secondo l’accusa — è e resta un omicidio volontario. Tanto che, a norma di legge, nei prossimi giorni potrebbe anche essere richiesta dalla Procura una misura cautelare nei confronti del pensionato.
Ieri alle 15.15 Sicignano è rientrato nell’abitazione rosa di tre piani di via Cagnola insieme al figlio Ivano. Quando la Opel Corsa blu s’è fermata davanti a casa, il pensionato è sceso evitando l’assalto di telecamere e microfoni. «Sta bene, anche se è provato» racconta chi gli ha fatto visita. Dopo il saluto dal balcone durante la manifestazione di solidarietà di martedì sera (lasciato uno striscione di FdI e An alla cancellata insieme a un tricolore), tutta la famiglia di Sicignano ha scelto un profilo molto più basso. «Come stiamo? Malissimo» ha detto la moglie. Ma la casa di Vaprio d’Adda è stata meta di un lento e continuo «pellegrinaggio» di abitanti e amici: «Ha fatto bene, doveva uccidere anche gli altri due — ripete una signora di una settantina d’anni —. Stavano entrando a rubare, cosa doveva fare? Farsi ammazzare?».
L’esasperazione per i furti subiti nella zona (molti episodi non risultano però nelle denunce) ha creato un clima di intolleranza. Ormai per gli abitanti «non fa differenza se Sicignano ha sparato in casa o ai banditi in fuga». Sulla stessa frequenza il governatore lombardo, il leghista Roberto Maroni: «Fuori casa vuol dire sulle scale di casa». A rincarare la dose ci pensa il segretario del partito Matteo Salvini (criticato ieri dall’Associazione dei funzionari di polizia): «Se per elevare la mia statura morale devo dire che mi dispiace per quel rapinatore, no, io non lo dico. Mi sarebbe dispiaciuto di più piangere il pensionato».
In serata sono arrivate le parole del premier Matteo Renzi sulla revisione delle norme sulla legittima difesa: «Su questo credo si possa discutere, ma non strumentalizziamo e spettacolarizziamo la vicenda; è un errore trasformare questo cittadino in un eroe».
Federico Berni
Cesare Giuzzi
La certezza nella ricostruzione arriverà soltanto tra una settimana quando sarà eseguita l’autopsia sul corpo del 22enne albanese freddato durante il tentativo di furto di via Cagnola. Ma la differenza d’altezza tra il foro d’entrata al petto e quello d’uscita sulla schiena lascia pochi dubbi. Il proiettile ha descritto una traiettoria dall’alto in basso. Chi ha sparato lo ha fatto da una posizione sopraelevata e da qui la domanda del magistrato durante l’interrogatorio. Il ragazzo è stato colpito al cuore e per questo, secondo gli inquirenti, la morte è stata istantanea senza neppure il tempo di trascinarsi fuori dalla casa dei Sicignano.
Durante l’interrogatorio il pensionato, assistito dall’avvocato Antonella Pirro, ha detto di non essersi reso conto che la vittima non era armata: «Se lo avessi saputo avrei sparato in aria». Il 22enne, identificato dai carabinieri della compagnia di Vimercate grazie alle impronte digitali, ha precedenti per furto in appartamento e nel 2013 era stato espulso dall’Italia. Per il momento gli investigatori non hanno diffuso le generalità nella speranza di scoprire il covo della banda. I carabinieri stanno ancora dando la caccia ai due complici. Dalla loro testimonianza potrebbe arrivare l’ultimo tassello per la ricostruzione di quello che — secondo l’accusa — è e resta un omicidio volontario. Tanto che, a norma di legge, nei prossimi giorni potrebbe anche essere richiesta dalla Procura una misura cautelare nei confronti del pensionato.
Ieri alle 15.15 Sicignano è rientrato nell’abitazione rosa di tre piani di via Cagnola insieme al figlio Ivano. Quando la Opel Corsa blu s’è fermata davanti a casa, il pensionato è sceso evitando l’assalto di telecamere e microfoni. «Sta bene, anche se è provato» racconta chi gli ha fatto visita. Dopo il saluto dal balcone durante la manifestazione di solidarietà di martedì sera (lasciato uno striscione di FdI e An alla cancellata insieme a un tricolore), tutta la famiglia di Sicignano ha scelto un profilo molto più basso. «Come stiamo? Malissimo» ha detto la moglie. Ma la casa di Vaprio d’Adda è stata meta di un lento e continuo «pellegrinaggio» di abitanti e amici: «Ha fatto bene, doveva uccidere anche gli altri due — ripete una signora di una settantina d’anni —. Stavano entrando a rubare, cosa doveva fare? Farsi ammazzare?».
L’esasperazione per i furti subiti nella zona (molti episodi non risultano però nelle denunce) ha creato un clima di intolleranza. Ormai per gli abitanti «non fa differenza se Sicignano ha sparato in casa o ai banditi in fuga». Sulla stessa frequenza il governatore lombardo, il leghista Roberto Maroni: «Fuori casa vuol dire sulle scale di casa». A rincarare la dose ci pensa il segretario del partito Matteo Salvini (criticato ieri dall’Associazione dei funzionari di polizia): «Se per elevare la mia statura morale devo dire che mi dispiace per quel rapinatore, no, io non lo dico. Mi sarebbe dispiaciuto di più piangere il pensionato».
In serata sono arrivate le parole del premier Matteo Renzi sulla revisione delle norme sulla legittima difesa: «Su questo credo si possa discutere, ma non strumentalizziamo e spettacolarizziamo la vicenda; è un errore trasformare questo cittadino in un eroe».
Federico Berni
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