I “più” di Renzi tutti per i ricchi

I “più” di Renzi tutti per i ricchi

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La manovra. Il premier presenta le sue slide «in segno positivo». Ma la legge di Stabilità taglia la sanità mentre cancella le tasse sulle case di lusso, stanzia cifre ridicole sui contratti e non prevede le pensioni flessibili. Confindustria dà un giudizio positivo, mentre i sindacati sono sul piede di guerra. Ancora una volta vincono i più forti

Una legge di sta­bi­lità che vale 27 miliardi, e che potrebbe valerne 30 se l’Europa accet­tasse un allen­ta­mento ulte­riore della fles­si­bi­lità per l’emergenza migranti. Il pre­si­dente del con­si­glio Mat­teo Renzi ieri l’ha illu­strata subito dopo il con­si­glio dei mini­stri, nella con­sueta con­fe­renza stampa ricca di bat­tute, meta­fore, angli­ci­smi, scambi di cor­te­sie con i gior­na­li­sti, accanto al mini­stro dell’Economia Padoan. L’importante è comu­ni­care «fidu­cia», come ha detto il pre­mier, con quel «segno più» che ha voluto usare per pre­sen­tare la mano­vra in 27 slide: anzi dei tweet, visto che c’era tanto di hash­tag: #ita­lia­col­se­gno+.

Con­fer­mata l’eliminazione per tutti di Imu e Tasi sulla prima casa, anche quindi per i più ric­chi. Pic­cola rivo­lu­zione per il canone Rai, che scen­derà a 100 euro, e poi a 95 nel 2017, ma finirà nella bol­letta elet­trica. Slitta di un anno il taglio dell’Ires, dal 2016 al 2017, a meno che l’Europa non con­ceda quei 3 miliardi in più per l’emergenza migranti. Il sistema sani­ta­rio nazio­nale resta fermo a 111 miliardi, nono­stante le pro­te­ste delle Regioni.

E ancora: uno sta­tuto dei lavo­ra­tori auto­nomi (non ancora spie­gato nel det­ta­glio), il no alla fles­si­bi­lità per le pen­sioni, con la pos­si­bi­lità però di un part time, fondi per la terra dei fuo­chi e i minori poveri, l’innalzamento della soglia di con­tante per i paga­menti fino a 3 mila euro. La dimi­nu­zione pro­gres­siva degli incen­tivi alle assun­zioni. Azze­rate le clau­sole di salvaguardia.

Via Imu e Tasi, per la «fiducia»

È stata la prima delle slide sfo­de­rate dal pre­mier, è in asso­luto la riforma in cui Renzi crede di più per mas­si­miz­zare il con­senso: l’eliminazione delle tasse sulla casa, anche per i ric­chi. Via la quota resi­duale di Imu, che gra­vava ancora sugli immo­bili di pre­gio e i castelli, via la Tasi per tutti. «Dopo gli 80 euro e l’Irap, un altro segno di fiducia».

A chi gli chie­deva le moti­va­zioni di que­sta scelta, Renzi ha spie­gato che sono almeno due. La prima è quella di far ripar­tire la fidu­cia: la misura ha «un valore sim­bo­lico, evo­ca­tivo è uno choc fiscale per gli ita­liani che dal 2012 al 2014 hanno nasco­sto i soldi in banca, per dire loro che la par­tenza deve essere soste­nuta». La seconda, soste­nere l’edilizia: il 54% dei 927 mila posti persi nei sette anni della crisi viene dalle costru­zioni, ha spie­gato il premier.

«Ma tutti i Paesi hanno una tassa sulla casa, e la Ue non è favo­re­vole, come ha appena riba­dito la Com­mis­sione», hanno notato i gior­na­li­sti. «Alcuni paesi ce l’hanno, non tutti — ha repli­cato Renzi — E a noi dopo gli 80 euro veniva sem­pre rin­fac­ciato: “eh, però poi aumenta la Tasi”, e così abbiamo voluto sgom­be­rare tutte le accuse». Il mini­stro Pier Carlo Padoan ha poi aggiunto che il governo ha una rispo­sta per l’Europa: «Non c’è solo la tassa sulla casa, noi abbiamo anche fatto sgravi su lavoro e imprese: quindi c’è tutto insieme». E Renzi, a riba­dire che alla Ue su que­sto punto non darà mai sod­di­sfa­zione: «Meno male che ha par­lato Padoan, per­ché io sarei stato più polemico».

Slitta l’Ires, meno sgravi al Jobs Act

Il taglio dell’Ires al 24%, che negli ultimi giorni era stato già piut­to­sto bal­le­rino, slit­terà al 2017, a meno appunto di non otte­nere mag­giore fles­si­bi­lità dalla Ue. Ma per le imprese ci sono i cosid­detti «supe­ram­mor­ta­menti», la pos­si­bi­lità di poter ammor­tiz­zare gli acqui­sti di mac­chi­nari indu­striali al 140%. Ancora: si stan­ziano 500 milioni per gli accordi azien­dali (pro­dut­ti­vità e welfare).

Via anche l’Imu e inter­venti sulla Irap agri­cola, men­tre andranno a dimi­nuire gli incen­tivi per le assun­zioni con i con­tratti a tutele cre­scenti: chi assume fino al 31 dicem­bre di quest’anno potrà godere di 8 mila euro di sgravi con­tri­bu­tivi ogni anno per cia­scun nuovo assunto; dal 2016 si scen­derà al 40% (meno della metà quindi), e dal 2017 ancora sotto. «Affret­tarsi prego», ha sug­ge­rito Renzi alle imprese.

Imprese che pro­muo­vono la mano­vra: «Da un primo esame il nostro giu­di­zio è posi­tivo — com­menta il pre­si­dente di Con­fin­du­stria Gior­gio Squinzi — Alcune nostre richie­ste sono state accolte, come gli ammor­ta­menti al 140% per nuovi investimenti».

Bri­ciole per il pub­blico impiego

Saranno 300 i milioni desti­nati agli aumenti del pub­blico impiego. «Cara­melle», aveva detto qual­che giorno fa il segre­ta­rio gene­rale della Uil Car­melo Bar­ba­gallo quando già cir­co­la­vano simili cifre, e adesso il suo sin­da­cato annun­cia una rispo­sta «molto dura». La Cisl parla di «scelta sba­gliata e irri­spet­tosa del governo». Ros­sana Det­tori, della Fp Cgil, cal­cola che «si tratta di 40 cen­te­simi al giorno dopo un’attesa di sei anni», nota. E la Cgil mette que­sto capi­tolo tra i «quat­tro segni meno» con cui boc­cia la mano­vra: «7,80 euro lordi al mese per i pros­simi tre anni».

Sanità pub­blica a rischio

Il fondo per la sanità «aumenta», risponde il pre­mier a chi riporta in con­fe­renza stampa le pro­te­ste e le pre­oc­cu­pa­zioni delle Regioni: «Da 109 miliardi nel 2014 siamo pas­sati a 110 nel 2015 e adesso a 111 nel 2016. Se c’è biso­gno di mag­giori fondi, le Regioni sap­piano che noi spin­giamo verso i costi stan­dard, per far pagare ogni for­ni­tura al minimo». Insomma, fate da voi. La Cgil sin­te­tizza le cri­ti­cità: «Il miliardo in più non copre nep­pure gli indici di ade­gua­mento del fondo pre­vi­sti dall’invecchiamento della popo­la­zione, e i nove milioni di per­sone che già oggi non rie­scono a curarsi faranno sem­pre più fatica». Tra l’altro lo stesso governo con­ferma che gli 800 milioni pre­vi­sti per i Lea (livelli essen­ziali di assi­stenza) e la vac­ci­na­zione sono inclusi nei 111 miliardi, men­tre le Regioni hanno chie­sto più volte 2 miliardi in più.

Bam­bini poveri e Mezzogiorno

Men­tre si tagliano le tasse ai ric­chi, si pensa però — in ottica cari­ta­te­vole — in qual­che modo anche ai poveri. In arrivo 400 milioni per il sociale, altri 600 milioni per i minori in stato di povertà: 100 milioni ver­ranno gestiti in moda­lità nuova, ovvero con fon­da­zioni ban­ca­rie, comuni e terzo set­tore. Si pre­an­nun­cia anche un piano di «effi­cien­ta­mento ener­ge­tico» per le case popo­lari, oltre alla «libe­ra­zione di alloggi occu­pati» (è la seconda slide di Renzi, subito dopo quella su Imu e Tasi). Pre­vi­sti poi 450 miliondi di euro (150 milioni ogni anno per tre anni) per «sanare le ferite della Terra dei fuochi».

Delusi i Cin­que­stelle, che con­tro la povertà spin­ge­vano per il red­dito di cit­ta­di­nanza: «Ita­lia con il segno più: più slo­gan, più annunci, più balle. Niente abo­li­zione legge For­nero. Niente red­dito di cit­ta­di­nanza. Niente aiuti alle imprese ma solo annunci per il 2017. Niente soldi alla sanità e 2 miliardi in meno», com­menta Luigi Di Maio.

Pen­sio­nati o lavoratori?

Il capi­tolo pen­sioni, cer­ta­mente caldo, Renzi cerca di trat­tarlo il più in fretta pos­si­bile: «Non c’è fles­si­bi­lità, vogliamo evi­tare inter­venti che alla lunga si dimo­strano com­pli­cati. Ci sono quat­tro misure: no tax area (per i pen­sio­nati,ndr), opzione donna, set­tima sal­va­guar­dia (per gli eso­dati, ndr), part time». Bene quindi per gli eso­dati, che aspet­ta­vano la set­tima sal­va­guar­dia (dovrebbe garan­tire circa 25–26 mila di loro), male invece per chi è rima­sto ingab­biato nella riforma For­nero e non rie­sce a uscire. Al mas­simo, potrà optare (se ha già supe­rato i 63 anni) per un lavoro part time. Pos­si­bi­lità che, nota Giu­liano Caz­zola, era già con­te­nuta in uno dei decreti del Jobs Act (art. 41 del dl n. 148/2015), e che quindi non ha nulla di nuovo.

«L’argomento fles­si­bi­lità ha biso­gno al più pre­sto di una rispo­sta», dice Anna­ma­ria Fur­lan (Cisl), insi­stendo nel chie­dere un inter­vento. «C’è meno libertà per i lavo­ra­tori per­ché non pos­sono andare in pen­sione in modo fles­si­bile, e chiude la porta in fac­cia ai gio­vani», com­menta la segre­ta­ria della Cgil Susanna Camusso.

I 3 mila euro e il canone Rai

Per gli ita­liani, si sa, l’evasione è un tasto dolente. Ma Renzi con­ferma, e anzi riven­dica tra le «buone noti­zie» l’innalzamento della soglia di con­tante per i paga­menti da mille a 3 mila euro. Riget­tando le accuse su un pre­sunto allen­ta­mento nella lotta all’evasione: «Abbiamo fatto rien­trare dall’estero 1,4 miliardi di euro nel 2015 e 2 miliardi sono pre­vi­sti nel 2016, il governo ha fir­mato accordi con Sviz­zera, Lie­ch­ten­stein e Vati­cano, e nei pros­simi mesi l’Abi si è impe­gnata a ridurre i costi per i paga­menti elettronici».

Il canone Rai pas­serà in bol­letta elet­trica, e scen­derà a 100 euro («95 nel 2017», aggiunge Renzi). Ma certo non sarà un’operazione sem­plice, visto l’alto numero di aziende distri­bu­trici di energia.



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