Ignazio Marino: “Mai rubato un euro e la città vuole che resti Primarie? Correrò pure io”

Ignazio Marino: “Mai rubato un euro e la città vuole che resti Primarie? Correrò pure io”

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ROMA. Meno undici. Il conto alla rovescia continua inesorabile verso l’irrevocabilità delle sue dimissioni, ma Ignazio Marino non ha affatto l’aria di uno che sta per lasciare il Campidoglio. “Le do subito una buona notizia” mi dice, quando entro nel suo ufficio con vista Fori.
E qual è la buona notizia, sindaco?
“Abbiamo venduto il rocchetto di nichel”.
Cosa?
“Non sorrida: è una roba che vale 38 milioni di euro. Una storia incredibile. Nel 2003 un debitore che doveva dare al Comune circa 30 milioni di euro disse: non ho i soldi, vi do in pegno questo rocchetto di nichel che vale questa cifra. Bene: ora l’abbiamo venduto, e tra qualche giorno nelle casse del Comune entreranno 38 milioni di euro. E anche grazie a questi soldi potremo comprare nuovi autobus, riparare le linee delle metropolitane…”.
Alt, sindaco. Lei parla come se avesse davanti a sé degli anni, ma il calendario dice che tra undici giorni le sue dimissioni diventeranno definitive. Dimissioni che lei ha dato per la vicenda degli scontrini. Martedì lei ha fornito ai magistrati la sua spiegazione: ma perché ha aspettato dieci giorni?
“Non riuscivo a capire. Allora ho chiesto le carte. E contemporaneamente ho chiesto alla Procura di essere ascoltato”.
E nell’attesa, come mai non ha convocato una conferenza stampa per contestare una per una le accuse?
“Forse è stato un errore non averlo fatto. Ma non volevo che i magistrati leggessero sui giornali ciò che io non avevo ancora raccontato a loro”.
Scusi, ma se lei aveva la coscienza a posto, perché si è dimesso?
“Questa è la prima cosa che ho detto ai magistrati. Io mi sono dimesso perché volevo andare da loro senza alcuna protezione, diciamo così, formale. E dunque non come sindaco ma come sindaco dimissionario. Ho raccontato ogni piccolo dettaglio. A cominciare dal fatto che io non conoscevo l’esistenza dei giustificativi di spesa”.
Ma come è possibile? C’erano centinaia di fogli con la sua firma e lei non ne sapeva niente?
“Guardi che è normale che in un’amministrazione di 23 mila persone ci siano dei dipartimenti che si occupano di validare le spese. Io lasciavo le ricevute sui tavoli della mia segreteria e per me la cosa finiva lì”.
Insomma, la colpa è degli impiegati: non è uno scaricabarile?
“Ma no! Sono persone che hanno fatto del loro meglio, e in buona fede, dovendo giustificare nella primavera del 2014 spese di undici mesi prima, utilizzando la mia agenda elettronica”.
Anche per quello scontrino di otto euro per una colazione offerta a un sopravvissuto dell’Olocausto?
“Ecco, quella è un’accusa che mi ha ferito molto. Completamente infondata. Io avevo accompagnato degli studenti nei campi di concentramento, e una mattina mi sono fatto portare in camera, mentre lavoravo con l’Ipad, un caffè e un cornetto. Ora, è chiaro che io non ho ricevuto nella mia camera da letto, la mattina alle otto, il sopravvissuto dell’Olocausto…”.
Quello che è venuto fuori però è un po’ imbarazzante: l’ambasciatore del Vietnam che smentisce di aver cenato con lei… “Gli telefonerò per scusarmi per l’incidente, perché io non ho mai cenato con lui. Ma quel giorno l’ultimo appuntamento della giornata era proprio con lui. E chi ha guardato sull’agenda…”.
Ma se non ha cenato con lui, con chi ha cenato?
“E’ chiaro che se mi incontravo con un sottosegretario o con un parlamentare dell’opposizione, il nome non veniva messo in agenda”.
Lei nega di aver cenato con sua moglie alla “Taverna degli amici”, eppure il ristoratore ha riconosciuto la signora. Come la mettiamo?
“Ha riconosciuto mia moglie su una foto che non è di mia moglie. E’ la foto che viene fuori su Google. Ma non è la sua. Di mia moglie non c’è neanche una foto, sul web”.
E allora chi era quella signora bionda con cui lei cenò quella sera?
“Rispondo volentieri. E’ una persona con la quale io ho scritto tanti articoli scientifici, anche su Science. Quella sera volevo convincerla a far parte del comitato per il museo della scienza che voglio realizzare a Roma”.
Le faccio una domanda precisa, chiedendole una risposta netta: lei ha mai addebitato al Comune un pranzo privato?
“Io non ho mai, ripeto mai, usato denaro pubblico a fini privati”.
Tutta questa storia degli scontrini è nata dal suo viaggio a Philadelphia. S’è pentito di essere andato lì?
“No. Però lei ha ragione: se non ci fossi andato oggi non ci troveremmo a parlare di questa roba”.
E il Papa non avrebbe detto che non l’aveva invitata lui.
Lei pensa che il pontefice ce l’abbia con lei perché ha istituito il registro delle unioni civili proprio a Roma?
“Certo con quella decisione mi sono fatto molti nemici. Ma non mi permetto neanche lontanamente di dire che ci sia un collegamento tra le due cose. Il Papa parla sempre con estrema saggezza e ponderazione. E sono convinto che non parli per inviare messaggi trasversali”.
Come mai il giorno prima di dimettersi lei ha stipulato una polizza contro le richieste di risarcimento danni che potrebbe ricevere per questi due anni da sindaco?
“Non ho stipulato alcuna polizza, benché questa sia una prassi seguita da moltissimi tra i dirigenti e gli amministratori locali a Roma come nel resto d’Italia. Adir nelle settimane scorse mi ha inviato un modulo per aderire ad una loro offerta in questo senso. L’ho compilato ma poi ho deciso di non procedere con la richiesta, l’ho fermata e non ho pagato la polizza. Fine”.
Arriviamo al dunque: confermerà le sue dimissioni o no?
“La legge mi dà 20 giorni per verificare se la mia esperienza è davvero finita o se ci sono le condizioni per rispettare il partito che mi ha eletto alle primarie con il 52 per cento, parlo del Pd e di Sel, e al ballottaggio con il 64 per cento”.
Vuol dire che resterà?
“Io sto facendo delle verifiche, incontrando i consiglieri. Voglio ascoltare le opinioni degli eletti del popolo” .
E la città, cosa crede che pensino i romani di lei?
“La città ha capito che con me sono stati cacciati i criminali che erano qua dentro. Le persone che incontro per strada mi chiedono di non interrompere questa esperienza”.
Una richiesta che lei è fortemente tentato di accogliere, mi pare…
“Io sono un nativo del Partito democratico. E penso che questa sia una crisi politica, che vada riportata dentro i confini della politica. E’ una questione che deve essere valutata dal Pd. Questa è la sfida della mia vita, e io voglio vincerla. Ma tocca agli eletti dal popolo, alla mia maggioranza, dirmi se questa esperienza deve proseguire o deve essere interrotta. Questa è la democrazia””.
Matteo Renzi ha detto che si è rotto il suo rapporto con la città.
“Io ho grande rispetto per chi, come Renzi, sta cercando di cambiare questo Paese. Però mi permetto di dire che non capita tutti i giorni che 50 mila persone firmino una petizione per chiedere al sindaco di restare”.
Gira la voce di una giunta d’emergenza che gestisca solo il Giubileo.
“Sciocchezze. Come sono sciocchezze i presunti retroscena di promesse di poltrone”.
Se si tornasse al voto, è ipotizzabile una ricandidatura di Ignazio Marino?
“Se si faranno le primarie nel Pd, è possibile che ci sia anch’io”.


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