Iraq, Roma congela i raid dei Tornado “Meglio concentrarsi sulla missione libica”

Iraq, Roma congela i raid dei Tornado “Meglio concentrarsi sulla missione libica”

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ROMA. In Iraq non si bombarda, piuttosto prepariamoci alla Libia. Il governo italiano ha deciso di “congelare” la decisione di permettere ai Tornado dell’Aeronautica militare di bombardare le postazioni dell’Is in Iraq come fanno gli altri aerei della coalizione guidata dagli Usa. «Per il momento i nostri quattro cacciabombardieri continuano la loro missione», dice un’alta fonte della Difesa, «che è quella di offrire informazioni alla coalizione con i Pod di fabbricazione israeliana che sono agganciati sotto le ali dei velivoli e raccolgono foto e video ».
La decisione è stata presa nelle ultime ore dal premier Matteo Renzi e dalla ministra della Difesa Pinotti soprattutto dopo aver incrociato due tipi di valutazioni. Politiche, dopo le prime reazioni dei gruppi parlamentari di Camera e Senato. E tecnico-militari, dopo frenetiche consultazioni dell’ultimo minuto con militari in servizio e della riserva sulla reale utilità del passaggio dei Tornado alla fase di bombardamento attivo. La risposta è stata unanime: tecnicamente 4 Tornado in più o in meno nella “guerra aerea” contro l’Is sono ininfluenti, soprattutto perché la guerra aerea di fatto è ferma e inefficace. E quindi il governo Renzi ha valutato autolesionistico aprire un nuovo scontro in Parlamento Non a caso ieri la Pinotti, a Bruxelles per una riunione dei ministri della Difesa Nato, a metà pomeriggio ha detto ai giornalisti che «sui Tornado decideremo anche considerando l’impegno complessivo che l’Italia sta mettendo nei diversi teatri: siamo già presenti fortemente nella coalizione anti-Is, ma le valutazioni si fanno quando si ha il quadro completo». Una frenata rispetto alle dichiarazioni dei giorni precedenti. Soprattutto in attesa della nuova missione militare che l’Italia si potrebbe trovare a gestire, quella in Libia per stabilizzare il possibile governo di unità nazionale.
Il “congelamento” deciso da Renzi è arrivato al culmine di un processo decisionale molto controverso. In effetti martedì, quando il
Corriere della Sera aveva anticipato la notizia di nuove missioni per i Tornado, la decisione del governo era già stata presa. La sera stessa, alle Commissioni delle Camere, il governo avrebbe chiesto il voto per autorizzare i Tornado. L’anticipazione aveva però innescato non solo reazioni politiche contrarie, ma soprattutto un diluvio di valutazioni di esperti militari che hanno fatto capire al governo che non valeva la pena sfidare le opposizioni per un’operazione militare di dubbia efficacia.
«La guerra aerea all’Is è già in crisi per mancanza di obiettivi», dice un generale dell’Aeronautica, «individuare altre obiettivi da “battere” è diventato un’impresa residuale: il gioco non vale la candela». Conferma la valutazione un altro ufficiale non più in servizio, il generale Vincenzo Camporini che è stato capo dell’Aeronautica e poi della Difesa: «Dal punto di vista tecnico quattro Tornado in più o in meno sono ininfluenti; dal punto di vista politico purtroppo ancora una volta è un comportamento a metà dell’Italia e le cose fatte a metà sono sempre fatte male».
Ma allora perché il Governo aveva deciso di incrementare la missione dei Tornado, preparandosi a sfidare Parlamento e parte dell’opinione pubblica? Una ricostruzione fatta con diverse fonti politiche e militari vede un’azione decisiva svolta dall’Aeronautica per vedersi riconosciuto un ruolo paritario con gli altri Paesi della coalizione guidata dagli Usa. «La nostra condizione è par- ticolare: noi con i nostri aerei partecipiamo di fatto alle operazioni sull’Iraq, voliamo, corriamo gli stessi pericoli, ma soltanto per fare fotografie: questo però ci tiene fuori dal processo decisionale, dal cuore della coalizione», dice un ufficiale.
Dal primo momento, quando nel 2014 il governo Renzi decise di partecipare alla coalizione anti- Is guidata dagli Usa, l’Aeronautica aveva fatto pressioni per essere inclusa a pieno titolo anche nelle “operazioni cinetiche” contro il califfato. Un’anomalia, questa del “partecipare a metà”, presente in molte altre missioni militari, tanto che un alto ufficiale aveva predetto alla ministra Pinotti: «Alla fine gli americani faranno pressioni, e noi dovremo cambiare idea come al solito».
Questa volta però è stato proprio il pressing dell’Aeronautica a far cambiare idea al vertice politico. In che modo? Suggerendo anche che fossero gli stessi responsabili politici americani a chiedere al governo Renzi di intervenire. «Ce lo siamo fatti chiedere », ammette una fonte informata di ogni passaggio: «Certo, la coalizione vorrebbe sempre più uomini e mezzi e le richieste arrivano di continuo, ma adesso siamo stati noi a far capire agli americani che sarebbe stato necessario un intervento politico». E un intervento c’è stato, se è vero che Barack Obama in persona avrebbe chiesto a Matteo Renzi di rimuovere i vincoli per l’utilizzo dei Tornado in Iraq. Per il momento però tutto torna alla casella di partenza.


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