La svolta degli Usa “Soldati in Siria” Scontro fra i grandi sul futuro di Assad

La svolta degli Usa “Soldati in Siria” Scontro fra i grandi sul futuro di Assad

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VIENNA . Nessuno parla di fallimento. Ma le scarne dichiarazioni dei protagonisti fanno capire che siamo ancora molto lontani da una soluzione per la guerra in Siria. Otto ore di fitti confronti e di dialoghi bilaterali tra i 17 ministri degli Esteri e i rappresentanti della Ue e dell’Onu hanno prodotto un solo risultato: la scelta deve essere politica. Per compierla bisogna coinvolgere tutti gli attori di un conflitto che ha prodotto in 4 anni 250mila morti e 11 milioni tra rifugiati e sfollati. Ma i termini della soluzione sono ancora vaghi: nel documento finale nessuno nomina il presidente Bashar al Assad, sul cui destino c’è ancora una contrapposizione durissima, mentre si parla di “elezioni” da tenere in futuro senza però specificare chi vi sarà ammesso.
I Grandi lasciano Vienna e si danno appuntamento tra due settimane per una nuova serie di colloqui ai quali saranno presenti anche i rappresentanti della galassia dei ribelli e esponenti del regime siriano. Russia e Usa hanno chiesto all’Onu di convocare al più presto l’opposizione e i rappresentanti del regime di Damasco per «approvare una nuova Costituzione e indire delle elezioni». Entrambi concordano sul fatto che la Siria «resti uno Stato secolare e unito». Si pensa ad una tregua delle armi di sei mesi. «Ma le strutture terroristiche», ha chiarito il ministro degli Esteri Lavrov, «saranno escluse».
Mosca ha fornito una lista di 38 gruppi che ritiene affidabili ad una trattativa; stessa cosa ha fatto Ryad. Washington la fornirà nei prossimi giorni. Ma spiazza l’attività diplomatica delle prossime ore con una mossa che punta a non lasciare campo libero alla Russia: spedirà nel nord della Siria una cinquantina di consiglieri con “compiti di addestramento”. Si avvera dunque l’incubo del “boots on the ground”, forze speciali per gestire e guidare i miliziani del quasi estinto Free syrian army (FSA). Mosca protesta e ricorda: «La lotta al terrorismo deve essere basata sul diritto internazionale».
Si è parlato a lungo del vero nodo che lega il futuro della Siria. Si sa che Usa, assieme a Turchia e Arabia Saudita, sostenuti da Francia, Inghilterra e adesso anche Italia, chiedono l’immediata uscita di scena di Assad; la Russia, appoggiata dall’Iran, pretende che il raìs di Damasco partecipi alle trattative di pace.
La strada per un dialogo è imboccata. Se avrà successo dipenderà molto da quello che accade sul terreno. Obama ci entra con gli scarponi delle sue forze speciali. Putin lo ha già fatto con i suoi missili e le sue bombe.


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