Renzi deve lavorare su due binari nel confronto con la minoranza. Roma e la stabilità. Un primo assaggio della discussione o di una resa dei conti se le cose dovessero andare male si avrà oggi alla riunione dei gruppi parlamentari con il premier. Riunione annunciata da Renzi durante il viaggio in Sudamerica per mettere fine alle polemiche e non avere un percorso accidentato in aula. Qualche intreccio tra manovra e Roma sembra evidente. L’identikit di sinistra diventa necessario nel momento in cui a Largo del Nazareno viene dato per scontato che il candidato sindaco della nuova Cosa rossa sarà l’ex bersaniano e feroce critico della Finanziaria di Renzi, Stefano Fassina. Un osso per niente facile, già votatissimo alla parlamentarie del Pd nel 2012 proprio a Roma, sempre vicino alla causa dei lavoratori e dei sindacati nelle mille vertenze che li contrappongono alle aziende municipalizzate romane. Fassina quindi può togliere voti al Pd e inverare lo spettro più temuto da Renzi, ovvero che il partito non sia capace di portare il suo concorrente nemmeno al ballottaggio, superato dai grillini e da Alfio Marchini, probabile competitor per il centrodestra.
Il dream team dunque come test, come cartina di tornasole delle capacità dei suoi componenti di entrare «in sintonia con la città», il deficit che Renzi rimproverava a Marino. Sabella ha un tratto umano che è stato molto apprezzato da Matteo Orfini. E ha già fatto lo scudo umano durante Mafia capitale con il suo curriculum da magistrato anti-criminalità, di paladino della legalità. Argomenti buoni per contrastare l’avanzata del Movimento 5stelle. L’altra scommessa, più difficile perché poco conosciuta dall’opinione pubblica, è quella di Fuortes. Renzi lo vuole nella squadra a tutti i costi, sebbene alla Cultura si rischi un conflitto di interessi visto che il manager gestisce sia l’auditorium Parco della Musica sia il Teatro dell’Opera. Ma la norma potrebbe essere cucita addosso a Fuortes ed è possibile che alla fine lasci uno dei incarichi per non aver fianchi scoperti. Alle capacità di Fuortes è affidato il compito di dimostrare che la sua candidatura possa essere simile a quella di Giulio Carlo Argan, lo storico dell’arte che inaugurò le giunte di sinistra nella capitale. Argan ovviamente era più un intelletuale mentre Fuortes è in particolare un manager della cultura, con una serie di clamorosi successi alle spalle. L’Auditorium è uno dei pochi fiori all’occhiello della Capitale, il Costanzi è stato salvato dal disastro, è stato recuperato il rapporto con l’orchestra e oggi i conti sono in attivo. Ecco, sebbene meno visibile, l’attività di Fuortes richiama il ruolo svolto all’Expo da Giuseppe Sala, non a caso favorito per la corsa Pd a Milano.