Al via il Mondo di mezzo show

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Mafia Capitale. Inizia oggi il mega processo a Carminati, Buzzi e altri 44 imputati tutti eccellenti. Oggi in aula ce ne saranno 22, gli altri in via di traduzione dalle carceri della penisola

È pas­sato quasi un anno esatto dallo scop­pio della bomba giu­di­zia­ria che ha tra­volto Roma e anche il suo sin­daco, rive­lando che il tasso di cor­ru­zione nella Capi­tale era ormai a livello orgia. Sta­mat­tina ini­zia un pro­cesso che ha già tutte le carat­te­ri­sti­che dello show: 78 cro­ni­sti, 18 diret­tori di testata, 80 accre­diti per foto­grafi e tele­ca­mere spe­dite dalle tv di mezzo mondo, 46 impu­tati, tutti eccel­lenti vuoi nel «mondo di sopra», quello della poli­tica e dell’amministrazione della città, vuoi in quello «di mezzo» come da poe­tica defi­ni­zione di Car­mi­nati Mas­simo, l’imputato numero 1: il mondo dove poli­tica, affari e malaf­fare si davano ben più che una mano.

Oggi in aula ce ne saranno 22, gli altri sono in via di tra­du­zione dalle car­ceri sparse nella peni­sola. Tre impu­tati, i prin­ci­pali, invece non ci saranno: Car­mi­nati, il pre­sunto boss, Sal­va­tore Buzzi, l’uomo d’oro della coo­pe­ra­tiva di pla­tino 29 giu­gno, quella che più di ogni altra faceva il pieno di appalti, Ric­cardo Bru­gia, uomo di mano di Car­mi­nati e Fabri­zio Testa, mana­ger assai vicino all’ex sin­daco Ale­manno, dovranno assi­stere alle udienze in video­con­fe­renza dalle car­ceri in cui dimo­rano, in regime di art. 41 bis. Le moti­va­zioni del divieto sfug­gono: Car­mi­nati si sa è temi­bile, ma che rie­sca a ammu­to­lire i testi­moni con un’occhiataccia pare un po’ troppo per­sino per lui.

Il Comune di Roma sarà parte civile, anche se a fir­mare l’atto di costi­tu­zione non è stato, come nei suoi sogni, l’ormai ex sin­daco Marino ma il pre­fetto Tronca. Fatta salva la sosti­tu­zione del mal­ca­pi­tato primo cit­ta­dino con il com­mis­sa­rio, la costi­tu­zione del Comune era ampia­mente pre­vi­sta, come un po’ tutto in que­sto maxi-processo che ha tutto di spet­ta­co­lare. Il punto inter­ro­ga­tivo dovrebbe riguar­dare non le con­danne, che almeno per gli impu­tati prin­ci­pali appa­iono a dir poco pro­ba­bi­lis­sime, ma la con­va­lida o meno del capo d’accusa: asso­cia­zione mafiosa, fat­ti­spe­cie mai con­te­stata prima per sto­rie o sto­riacce di cor­rut­tela e sul quale è lecito avan­zare dubbi.

Ma anche qui, in fondo, la suspence è limi­tata. Quando la Cas­sa­zione, nella scorsa pri­ma­vera, ha respinto i ricorsi degli impu­tati finiti nel car­cere duro come pre­sunti mafiosi, ha accre­di­tato come più non poteva la tesi della pro­cura di Roma. Due giorni fa, poi, si sono svolti i pro­cessi a carico dei quat­tro impu­tati che ave­vano scelto il rito abbre­viato. Tutti con­clusi con con­danne a 4 anni tranne che per Emi­lio Gam­muto: il gup Anna Cri­scuolo ha rico­no­sciuto a suo carico l’aggravante del metodo mafioso e la con­danna è lie­vi­tata sino a 5 anni e 4 mesi. Il nodo deter­mi­nante della mafio­sità o meno dei cor­rotti e cor­rut­tori capi­to­lini verrà pro­ba­bil­mente sciolto solo dal terzo grado di giu­di­zio, in Cassazione.

Le rispo­ste attese da que­sto maxi pro­cesso di fronte alla X sezione penale romana non riguar­dano però solo la sen­tenza, e atten­gono alla mafio­sità del «mondo di mezzo» non solo per pur non tra­scu­ra­bili que­stioni di garan­ti­smo, ma anche per la neces­sità di far luce su una vicenda che, nono­stante due ordi­nanze di rin­vio a giu­di­zio che con­tano migliaia di pagine e una mole di atti che riem­pi­rebbe una biblio­teca, è per molti versi ancora oscura. Per esem­pio: quando parte e quando decolla il sistema di cor­ru­zione sco­per­chiato meri­to­ria­mente dal pro­cu­ra­tore Pigna­tone? La coo­pe­ra­tiva 29 giu­gno, for­mata da ex dete­nuti e uffi­cial­mente in quota cen­tro­si­ni­stra, men­tre la sua con­tro­parte bianca era la cat­to­li­cis­sima Cascina, negli anni dell’amministrazione Rutelli si aggi­rava su un fat­tu­rato nor­male, di circa 600mila euro. Negli anni della giunta Vel­troni passa a qual­cosa come 7 milioni di euro, ed è dif­fi­cile pen­sare che fino all’arrivo di Car­mi­nati tutto fosse lim­pido. Senza Car­mi­nati, però, par­lare di mafia è impos­si­bile, essendo la sua nefa­sta pre­senza la pie­tra ango­lare dell’accusa più grave.

Lo stesso Car­mi­nati, quando entra in ballo e per mano di chi? Nelle inten­zioni della giunta Ale­manno la coo­pe­ra­tiva rossa doveva essere spaz­zata via. Fatti non parole: il ten­ta­tivo era in atto quando dai piani alti del Cam­pi­do­glio partì il con­tror­dine e alla guerra suben­trò il reci­pro­ca­mente pro­fi­cuo soda­li­zio. E’ solo a par­tire da quel momento che Car­mi­nati diventa l’ombra di Buzzi, secondo cui l’ingresso in società del ban­dito si deve al for­tuito incon­tro tra due ex com­pa­gni di deten­zione. Pos­si­bile: se si crede alle favole.



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