Fate un esperimento: camminate immaginando un giovane jihadista alla ricerca di obiettivi. E’ l’esercizio che devono fare i responsabili della sicurezza, e non c’è da invidiarli. Provate: qualunque punto della libera vita parigina, sembrerebbe, una volta colpito, un bersaglio ideale. Accantoniamo la Tour Eiffel. Il Museo di Cluny è chiuso, ma basta il suo giardinetto dei bambini. I francesi hanno quel loro modo di rendere solenni le comunicazioni più ordinarie. «Questa area di gioco è messa degnamente a disposizione dei bambini. A ogni età il suo gioco. In tempo di gelo l’utilizzazione è strettamente proibita». L’ispettore jihadista mette una croce sulla sua mappa.
Poco più in là c’è un Salon de coiffeure, un parrucchiere per signora: il più sensibile degli obiettivi. La prossima facciata ha al primo piano un’elegante insegna primo-novecento che dice: Libreria Internazionale, e un neon sottostante che dice: HC Fitness Club. Due bersagli strategici in uno. Altri giardini, coppie, i famosi
enfants qui s’aiment e si abbracciano in piedi o seduti contro le porte della notte e del giorno: nel mirino.
Salto la Sorbona, perché non mi fanno entrare, «per la sicurezza dei professori», ma va da sé che è un obiettivo primario. È aperto il Pantheon, bisogna solo pazientare perché sistemano la telecamera all’ingresso. Continuano a scusarsi. Quale bersaglio più ghiotto del Pantheon? C’è una mostra, dedicata a quattro protagonisti della resistenza, due donne e due uomini, i ritratti sporgono dalla facciata.
Tira un gran vento oggi a Parigi. Dentro, sì e no una decina di visitatori. Il sopralluogo del jihadista ha qui una soggezione, se non altro per l’enormità della fabbrica. La cripta, coi suoi grandi morti, è massiccia come un rifugio atomico: altro che Ninive, altro che Palmira. Ripiegare provvisoriamente su obiettivi di dettaglio!
Il pendolo di Foucault, con la sua pretesa di mostrare senza sosta che la terra gira, non è forse un bersaglio trionfale? Reciderlo, farlo crollare al suolo, cancellare ogni moto e fermare il tempo sull’ora perpetua del califfato… Ma tutto, là dentro, chiama all’attentato glorioso. Voltaire, quello del boulevard del corteo per Charlie, quello del boulevard della strage di venerdì notte, è là, con la sua fisionomia aguzza e la vasta ombra proiettata sulla parete. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, Voltaire, Rousseau, e Victor Hugo. E Zola… Che scorta si darebbe oggi a Zola? Se si fosse informato, l’ispezionatore jihadista, si fermerebbe da Jean Jaurés, socialista, contrario alla guerra, assassinato il 31 luglio del 1914, e il giorno dopo cominciò la guerra mondiale. Jacques Brel intitolò una canzone così: “Perché quelli hanno ammazzato Jaurés?”.
La ricordarono già a gennaio, “Perché hanno ammazzato Charlie?” dice: “Erano consumati a quindici anni, finiti al momento di cominciare… Che vita hanno fatto i nostri nonni, fra l’assenzio e le messe cantate, quindici ore al giorno al guinzaglio ti fanno un viso di cenere… Perché hanno ucciso Jaurés?” C’è una certa comprensione: vale anche per la frustrazione di questi giovani assassini- suicidi fra Bataclan e Siria? Mah. È un po’ razzista pensare che nonostante tutto non sappiano quello che fanno: innumerevoli loro simili non lo fanno. L’autore del sopralluogo forse non sa ancora se si limiterà a passare le informazioni, o se sarà designato ad agire. Nel qual caso, forse, l’entusiasmo per la promozione paradisiaca è incrinato dal rammarico di non vedere le vittime della sua azione: quelle pagine di giornale fitte di fotografie di ragazze giovani, luminose, belle, come lui non avrebbe mai potuto permettersi. Ci si può permettere di ucciderle, e non saranno più di nessuno, e tanto meno di loro stesse. Eccolo, un bersaglio universale, le strade di Parigi ne pullulano. E quelle di Roma, e Berlino, e Madrid.