Dodici uomini due in fuga Dovevano attaccare anche Montmartre

Dodici uomini due in fuga Dovevano attaccare anche Montmartre

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PARIGI. L’inchiesta sui macellai del Venerdì 13 approda a qualche ragionevole certezza e svela un significativo retroscena.
LE CERTEZZE
La cellula responsabile della morte di 129 innocenti era composta da almeno una dozzina di uomini. Nove dei quali appartenenti al commando. Di questi sette sono morti, uno è in fuga e ne è stato reso noto ieri sera il nome. Abdeslam Salah, un ventinovenne francese nato in Belgio che ha affittato le due auto utilizzate per la mattanza (una Seat Leon e una Volkswagen Polo). Degli altri, di cui poco o nulla filtra dall’inchiesta, uno sarebbe l’artificiere che ha confezionato le cinture esplosive di Tatp (perossido di acetone) e bulloni con cui i terroristi morti negli attacchi si sono fatti saltare in aria. Anche lui ora braccato. E ancora: la cellula aveva la sua tana in Belgio, a Bruxelles, nel quartiere di Molenbeek, ma l’operazione è stata diretta da quadri dello Stato Islamico, con cui la cellula ha mantenuto i suoi contatti nelle settimane precedenti, attraverso le comunicazioni criptate assicurate dalla chat vocale di una consolle Playstation.
IL RETROSCENA
Tre settimane prima della mattanza, i Servizi francesi avevano ricevuto un’informazione che prefigurava l’orrore. In ottobre, subito dopo il suo arresto, un militante islamista aveva spiegato di essere stato incaricato di reclutare «dieci martiri» per compiere «dieci attentati simultanei» in Francia. Ma non aveva voluto essere più preciso su luogo e data.
TRE SQUADRE E DUE MACCHINE
Nella notte di venerdì, il commando è diviso in tre squadre di tre uomini ciascuna. La prima colpirà allo Stade de France. E ne fanno parte, oltre al sedicente “siriano” Ahmad Almohammad, anche Bilal Hadfi, un foreign fighter reduce dal fronte siriano. La seconda al “Bataclan”. La terza, nell’undicesimo e — si scopre ora — anche nel 18 arrondisment, a Montmartre (o almeno questo è il piano, perché nel diciottesimo, per qualche ragione, la morte non arriverà). La squadra che raggiunge il Bataclan viaggia su una Volkswagen Polo nera con targa belga che arriva in zona due ore prima della strage. Quella che colpirà in rue de la Fontaine ou Roi su una Seat Leon nera. Anch’essa con targa belga. I tre terroristi che seminano la morte nel teatro e che — secondo alcune testimonianze — poco prima dell’irruzione della polizia chiederanno di poter parlare con il gestore (forse perché credono che il locale sia ancora di proprietà di una nota famiglia ebrea) non ne usciranno vivi.
LA PLAYSTATION
Tra i morituri del Bataclan c’è un francese di 29 anni, Ismael Omar Mostefai, ragazzo della banlieue, di cui, nella notte di sabato, la polizia arresterà padre, fratello e altri quattro familiari. Nella sua casa, inopinatamente, la perquisizione troverà una traccia importante. Una consolle Playstation 4 attraverso la cui chat vocale Ismael ha tenuto i contatti crittati non solo con gli altri membri della cellula ma anche — come confermeranno fonti di intelligence americane al New York Times — con quadri dell’Is. La prova di un format che, per la prima volta, vede un coinvolgimento operativo della leadership del Califfato in operazioni in Europa.
I TRE FRATELLI
Della cellula, fanno parte anche tre fratelli. Tutti e tre di cittadinanza francese, ma residenti in Belgio, a Bruxelles, nel quartiere di Moleenbek. Uno è destinato a morire, gli altri due a sopravvivere. Ibrahim Salah, il più giovane, è nato il 22 gennaio del 1995, e salta in aria poco prima delle 22 di venerdì. Anche se non è ancora chiaro dove. Fonti giudiziarie lo indicano come l’uomo che, da solo, si fa esplodere in boulevard Voltaire. Fonti di polizia ampiamente riprese dai media francesi, lo collocano al contrario al “Bataclan”, accanto a Ismael. È un fatto che non esca vivo. Al contrario del terzo fratello.
L’UOMO DELLE MACCHINE
Abdeslam Salah è nato in Belgio il 15 settembre del 1989, in Belgio ha la residenza ed è l’uomo la cui foto segnaletica viene diffusa poco prima delle 20 di ieri dalla Procura di Parigi, che emette nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale. È lui infatti che, cinque giorni prima della strage, affitta a Bruxelles le due auto che il commando utilizzerà a Parigi. La Volkswagen e la Seat. Nere entrambe. Entrambe con targa belga. Nella prima, utilizzata dai 3 “martiri” del Bataclan, e abbandonata davanti al teatro, la polizia francese troverà le ricevute di un parcheggio in rue Brunfaut, a Molenbeek. Nella seconda, ritrovata nella notte di sabato in rue Edouard Vaillant, a Montreuil sous Bois, nella periferia di Parigi, verranno recuperati tre kalashnikov. Le armi che, tra le 21.20 e le 21.35 di venerdì notte hanno sparato due volte nell’undicesimo arrondisment, facendo 39 morti tra la clientela di due bistrot.
IN FUGA ALLA FRONTIERA
Il ritrovamento della Seat nera offre la prova che, dei nove uomini del commando, due dei tre a bordo della Seat (perché tre sono le armi ritrovate) sono certamente sopravvissuti. L’inchiesta, infatti, ipotizza che, mentre dalle 21.20 in avanti (l’ora x scelta per la simultaneità degli attacchi), la prima e la seconda squadra portano a termine l’ordine facendosi saltare in aria, a bordo della Seat accada l’imponderabile. È ragionevole ipotizzare che ci sia un ripensamento. E che uno dei tre a bordo, quello deciso a morire, abbandoni gli altri due al loro destino e si faccia saltare in boulevard Voltaire, che è del resto lungo il tragitto che unisce l’ultimo punto in cui la Seat viene immortalata dalle telecamere venerdì notte e il luogo in cui sarà abbandonata. Chi sono i due? È un fatto che, alle 9.20 di sabato, due belgi vengano intercettati da una pattuglia della polizia belga sulla autostrada A2 che da Parigi porta a Bruxelles, all’altezza di Cambrai. E’ un controllo di routine imposto dalla procedura scattata poche ore prima che dispone il rafforzamento dei controlli all’interno dell’area Schengen. I due belgi viaggiano su una Golf grigia insieme ad Abdeslam Salah. La polizia li lascia andare. Anche se, il controllo al terminale sulla banca dati di polizia lascia una traccia. Abdeslam ha infatti precedenti penali di poco conto. E quella traccia, intorno a mezzogiorno diventa decisiva. La Procura di Parigi chiede notizie. Ed è solo allora che comincia la caccia a Molbeek. In tempo per arrestare i due belgi. Troppo tardi per riacciuffare Abdeslam, sparito nel nulla, forse in Spagna, lasciando dietro di sé solo il terzo fratello, che verrà arrestato e interrogato.


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