Ecco il quadrilatero del terrore che ha beffato i Servizi europei In Italia anche un terzo kamikaze

by CARLO BONINI GIULIANO FOSCHINI FABIO TONACCI, la Repubblica | 23 Novembre 2015 11:26

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 BRUXELLES. Nel giorno in cui il Belgio vive una lunga notte con un blitz antiterrorismo cominciato poco dopo le 21 nel cuore di Bruxelles alla caccia di «almeno 6» nuovi martiri pronti a colpire, e la Procura di Parigi diffonde l’immagine del terzo kamikaze morto allo Stade de France, l’inchiesta afferra una scomoda e definitiva verità. Che interpella Francia, Belgio, Italia e Grecia e l’incapacità di mettere a fattor comune informazioni cruciali di polizia e intelligence che avrebbero forse potuto rendere meno agevole l’orrore dell’Is.
Perché è in questo quadrilatero, appunto, che il Califfato ha pianificato il Venerdì 13 e perché si scopre ora – stando a quanto accreditano fonti dell’inchiesta a Parigi – anche Ismael Omar Mostefai, uno dei macellai del Bataclan, transitò in Italia. Nel settembre del 2013. Proveniente da Marsiglia e diretto in Siria via Grecia e Turchia.
 Con Mostefai, arrivano dunque a tre i transiti nel nostro Paese di uomini con un ruolo nelle stragi. Dal 31 luglio al 9 agosto scorso, il martire riluttante e ancora fuggitivo Salah Abdeslam e il basista e suo compagno di viaggio Ahmad Dahmani (arrestato sabato e tutt’ora detenuto in Turchia). Ora, appunto, Mostefai. I primi due, noti almeno dall’inizio del 2015 alla polizia e all’intelligence belga come islamisti radicali e, come tali, mai segnalati agli apparati antiterrorismo né dei Paesi dell’area Schengen, né della Turchia, cruciale frontiera meridionale con il Califfato. L’ultimo, Mostefai, come documentato da un’inchiesta giornalistica del francese Mediapart, identificato già nel 2009 come appartenente a un gruppo salafita in quel di Chartres e inspiegabilmente “perduto” dalla Dgsi (l’intelligence interna francese) proprio quando entrerà in Siria insieme a Samy Amimour, altro “martire” di cui la Francia e il mondo torneranno ad avere notizia solo la notte del 13 novembre. “Perduto”, mai ritrovato e, come per i belgi, anche lui mai segnalato da Parigi alle autorità europee.
Anche per questo, ora, con il cuore in gola, tra Parigi, Bruxelles, Roma e Atene si è messa in piedi una macchina che lavora notte e giorno per provare a capire almeno a posteriori quel che si sarebbe potuto scoprire prima, se solo le informazioni fossero circolate. Parigi ha così consegnato nei giorni scorsi alla nostra Antiterrorismo e alla nostra Intelligence una lista di 18 nomi di cittadini con passaporto europeo e origine araba (ignoti alle nostre banche dati, perché senza alcun precedente) incrociati dall’indagine sul Venerdì 13 chiedendo che vengano riscontrati eventuali passaggi o contatti di interesse investigativo nel nostro Paese. Come quelli di Salah Abdeslam, Ahmad Dahmani e, appunto, Ismael Omar Mostefai. E che di quei nomi venga soprattutto verificata una verosimile o possibile “proiezione” verso la Grecia.
Stando a quanto accertato dall’inchiesta, è ormai pacifico che l’Is avesse stabilito (e ragionevolmente conservi ancora) in Grecia il suo hub. Lo dimostrano il viaggio Bari-Patrasso-Bari di Salah Abdeslam e Ahmad Dahmani dall’1 al 5 agosto scorso. La presenza al porto del Pi- reo di Abdelhamid Abaaoud, il capo della cellula, il 6 di quello stesso mese. L’arrivo, il 3 ottobre, all’isola di Leros, su un barcone di profughi siriani non solo del sedicente Ahmad Mohammad (il kamikaze dello Stade de France di cui sarà ritrovato il passaporto accanto al cadavere). Ma, si scopre ora, anche dell’ultimo dei kamikaze dello Stade de France. Ufficialmente ancora da identificare, ma di cui fonti citate dalla Bbc,forniscono una possibile identità: M. Al Mahmod.
Che sia o meno questo il nome poco importa. Perché a dirci quel che conta sapere di quest’uomo è la sua foto segnaletica. Il ragazzo è ritratto infatti in una posa e con uno sfondo (un’inferriata verniciata di azzurro) identici a quelli immortalati dalla foto sui documenti rilasciati a Leros ad Ahmad Mohammad. Insomma, i due viaggiavano sullo stesso barcone e insieme dichiararono alle autorità greche il 3 ottobre di essere cittadini siriani e di aver smarrito i documenti per ottenerne di provvisori con cui entrare nello spazio di Schengen.
Nella scelta dell’Is di battezzare la Grecia come hub del terrore e sua retrovia logistica c’è dunque del metodo. Che, ancora una volta, le evidenze dell’inchiesta di Parigi documentano. La Grecia viene raggiunta lungo il corridoio italiano dai “regolari” del Califfato. Militanti con passaporto dell’Unione (francese, piuttosto che belga) che entrano nel nostro Paese da nord e via terra (è accertato da pagamenti con carta di credito a un distributore che, in agosto, Salah Abdeslam e Ahmad Dahmani sono transitati con un’auto belga in Lombardia, in provincia di Como), utilizzando poi il porto di Bari. Ma la Grecia viene anche raggiunta via mare dalla Turchia dagli “irregolari” che dovranno poi unirsi ai gruppi di fuoco in Europa risalendo la rotta balcanica. E’ in Grecia, infatti, che dichiarando lo smarrimento dei documenti potranno poi ottenere nuovi lasciapassare su cui figureranno identità fittizie che li renderanno “invisibili”. E’ accaduto con i due kamikaze dello Stade de France. E’ accaduto anche con Abdelhamid Abaaoud che avrebbe goduto di una falsa identità con cui muoversi in Grecia, nei Balcani e, forse (l’ipotesi è al momento oggetto di una verifica della nostra Antiterrorismo) anche in Italia.
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