Expo, show di Renzi “Per l’area 1,5 miliardi” In salita la corsa di Sala

by redazione | 11 Novembre 2015 9:37

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MILANO. È un Matteo Renzi che rilancia, quello che si presenta a Milano con un messaggio a tutti coloro che criticano il governo — «In venti mesi abbiamo realizzato le riforme di cui si è parlato per venti anni» — e con un progetto che si chiama «Italia 2040» e che, dice, vuole essere «un’idea organica del futuro del Paese» per i prossimi 25 anni. Un piano che parte dai padiglioni di un’Expo che è stata «il simbolo di chi non si rassegna » e che adesso può continuare a tracciare la rotta. Con un centro di ricerca che lavori sulle tecnologie umane, dalla genomica ai big data applicati agli studi sul cancro, dalla sostenibilità ambientale alla nutrizione. Ma soprattutto con un investimento di 1,5 miliardi in dieci anni, partendo dalle prime risorse (50 milioni) assicurate in un decreto sul tavolo del Consiglio dei ministri di venerdì per l’ingresso del governo in Arexpo, la società che possiede i terreni.
Milano come la Silicon Valley, insomma, o come Boston e Berlino. Perché per il progetto per il post Expo, ha detto citando il capo di Apple Tim Cook con cui ha pranzato, deve essere «the best». E rispondendo alle polemiche (vedi il governatore Roberto Maroni) per il timore che la guida affidata all’Istituto italiano di tecnologia di Genova metta in ombra i centri milanesi o le idee di un campus universitario e di un polo di imprese high tech, insiste: il disegno del governo «è sinergico » con gli altri. Ma, è l’avvertimento, «non dobbiamo lasciare l’area Expo in mano ai campanili ». Conferma il ministro Maurizio Martina: «Sul post Expo il governo mette risorse e un grande lavoro di squadra».
Eppure sul palco del Piccolo teatro non c’è spazio solo per lo show con tanto di enciclopedia e walkman per rievocare come eravamo 25 anni fa. Nello stesso edificio che ospita gli uffici del commissario Expo Giuseppe Sala era impossibile non pensare alla candidatura a sindaco del manager. Al premier, bastano un paio di battute fulminanti per dire quello che, ufficialmente, non può dire. Nel lungo elenco di ringraziamenti (compresi «i magistrati di Milano che hanno avuto una grande sensibilità e attenzione istituzionale, nel rispetto rigoroso delle leggi»), tra i primi, ci mette “Beppe” Sala, «ma non dico altro, per ovvi motivi». È su quel nome che torna, guardandolo seduto in prima fila, consigliando la lettura del “Napoleone di Notting Hill” di Chesterton «a chi ha fatto il sindaco e a chi lo farà». Non poteva essere il giorno degli annunci, né quello delle investiture.
La linea di Renzi, fanno capire i suoi, qui a Milano, è quella di puntare ancora sul commissario Sala, «ma un passo alla volta, andando avanti con il percorso tracciato». Con Sala il premier ha parlato qualche minuto, ieri, dandosi appuntamento entro venti giorni per capire se ci sono quelle condizioni che il manager chiede. Il commissario non avrebbe messo in discussione — ancora una volta — le primarie. Ma con questo clima e con una coalizione in subbuglio che cerca in lui il nuovo Pisapia, lui non c’è. Sel, nella nuova formula Sinistra Italiana, sta decidendo tra mille dubbi se restare nella coalizione o uscire un secondo dopo un’eventuale candidatura Sala. Che — assicurano i suoi — non guarda all’Ncd, nonostante abbia incontrato Maurizio Lupi. C’è tempo fino a fine mese per sciogliere i nodi.
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